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Reti d’impresa: nuove frontiere del trasporto

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Secondo un recente studio dell’Unrae, l’associazione dei costruttori di autoveicoli stranieri in Italia, in cinque anni di crisi (2008-2013) il nostro paese ha perso oltre 10 miliardi di introiti dal comparto del trasporto e 200 mila posti di lavoro. Conseguentemente le perdite hanno coinvolto anche altri settori: -60% le immatricolazioni di veicoli industriali, -25% le percorrenze chilometriche dei veicoli sopra le 3,5 ton, -33% di tonnellate di merci trasportate. Numeri che fanno comprendere come l’azienda Italia abbia perso competitività nei confronti dei concorrenti stranieri. 

Perdita di competitività ma non totalmente perdita di capacità produttiva in quanto parte di questi segni “meno” sono stati causati dalla fuoriuscita dall’Italia di circa 2 mila aziende di trasporti con oltre 26 mila veicoli. Si tratta delle cosiddette “esterovestizioni”, una pratica perigliosa percorsa da alcune aziende italiane per contrastare gli alti costi di esercizio, la pesante pressione fiscale, le difficoltà burocratiche e nel recuperare i crediti e i continui aggiornamenti normativi. Per superare queste inefficienze del mercato, esiste il contratto di “rete d’impresa”, un accordo agile e flessibile che permette di realizzare un’idea imprenditoriale comune senza vincoli di distretto, mantenendo in capo alle singole imprese in rete la propria autonomia aziendale.

E di reti d’impresa, viste in chiave internazionale, si è parlato in un recente convegno di TForma (programma formativo dedicato alle aziende di trasporto e logistica). Se compaiono i segni “più” davanti alle proiezioni economiche 2015-2016 e sul nostro PIL, persiste però la tendenza negativa del mondo del trasporto, nonostante stia rialzando la testa dopo un decennio di sofferenza. Secondo Paolo Volta, economista di trasporti e logistica il trasporto è «travolto oggi da due trombe d’aria: l’esterovestizione – con cui un’azienda indossa la ‘veste’ di un Paese amico dal punto di vista fiscale sfuggendo ad alcune regole di carattere societario, e cercando di beneficiare di un sistema positivo – e il distacco, la somministrazione di lavoro transazionale, entrambi considerati illegali». Per contrastare questi fenomeni è necessario intensificare i controlli e incrociare le banche dati.

Uno scenario inserito in un mercato in continua evoluzione dove il consumatore finale è sempre più volubile e il fattore tempo sempre più determinante. Tante le opportunità e le sfide da cogliere dove a vincere sarà chi saprà dare un servizio eccellente, nel rispetto dell’ambiente, con mezzi tecnologicamente avanzati e in rete. Il futuro è “in rete”, non solo come reti di impresa, ma anche come Reti TEN, per gestire al meglio i trasporti che attraversano l’Europa.

Di sfide e opportunità ha parlato anche Cinzia Franchini, presidente nazionale di CNA-Fita che ha sottolineato come «Gli incentivi dovrebbero servire a creare sviluppo nel nostro comparto e non solo a dare ossigeno. Ci vuole un minimo di coraggio per orientare queste risorse». Per la Franchini il salto di qualità consiste anche nell’«abbracciare la legalità», non solo in tema di distacco ed esterovestizione, ma anche contrastando il fenomeno delle infiltrazioni mafiose, che riguarda il 7-8% delle imprese di autotrasporto italiane. Un salto di qualità in cui è chiamata a contribuire anche l’Europa, realizzando una politica dei trasporti capace di uniformare le condizioni nelle quali le imprese si trovano a operare.

Inquadrato l’argomento dal punto di vista normativo, evidenziando al contempo le discrasie dell’esterovestizione è stato anche presentato un caso concreto di rete d’impresa, il progetto NEST Network, che nell’ambito dello shipping e della intermodalità un Contratto di Rete d’Imprese si propone come un “integratore di risorse”, capace di interpretare al meglio le esigenze della logistica di nuova generazione.

A concludere il convegno Franco Fenoglio, amministratore delegato Italscania, riprendendo lo studio Unrae, ha sottolineato come l’aspetto occupazionale sia uno di quelli che affligge maggiormente il settore, insieme al Total Cost of Ownership che, secondo l’azienda svedese deve essere superato dal Total Operating Economy, facendo attenzione quindi all’intero conto economico dell’azienda e considerando sia i costi che i ricavi. Anche per il manager torinese, il network e la rete sono uno strumento competitivo importante. Scania stessa utilizza questo mezzo per lavorare in gruppo con i propri importatori e dealer, aziende che hanno una propria autonomia imprenditoriale pur operando secondo una comune strategia in grado di seguire e soddisfare in ogni sua esigenza il cliente finale.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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