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Stangata all’orizzonte delle imprese di autotrasporto sulle autostrade del mare

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La fine del 2019 porta una bruttissima notizia alle aziende di autotrasporto che utilizzano l’intermodale marittimo.  Dal 1° gennaio 2020, infatti, i costi delle autostrade del mare aumenteranno di circa il 20-30% a seconda delle tratte.

L’IMO (International Maritime Organization) ha imposto nuove regole a livello mondiale per ridurre l’inquinamento marittimo. In particolare, il combustibile impiegato nelle navi (bunker) dovrà essere costituito da olio combustibile con livelli di zolfo pari allo 0,5%, mentre oggi questo valore è al 3,5%. Per adeguarsi i vettori marittimi dovranno perciò o installare uno scrubber – un dispositivo per la pulizia dei gas di scarico del motore navale principale, mediante pompaggio di acqua attraverso la ciminiera – o convertire la propria flotta al GNL (Gas Naturale Liquefatto). Entrambe queste alternative comportano investimenti ingenti e le compagnie marittime hanno di conseguenza  annunciato un aumento sul prezzo dei trasporti da e per Italia, Sicilia, Sardegna e Malta. Sia Grimaldi che Tirrenia hanno già inviato i nuovi listini 2020 ai propri clienti, ma c’è anche chi, come Grandi Navi Veloci, applicherà gli aumenti di tariffa fin dal prossimo 16 dicembre. Questi aumenti colpiranno non solo gli autotrasportatori, ma anche gli utenti finali, sia nell’acquisto dei beni di consumo sia nei pedaggi dei traghetti.

Ovviamente le reazioni assolutamente negative delle associazioni di autotrasporto non si sono fatte attendere: «Si tratta di un aumento che oscilla da 3 a 14 euro/metro lineare – ha precisato Claudio Donati, segretario nazionale di Assotir – Una mazzata giustificata dalla lotta all’inquinamento, peraltro doverosa, imposta da organismi sovranazionali. Ma gli investimenti degli armatori non possono essere pagati in toto dai trasportatori. C’è il serio rischio che molte aziende dell’autotrasporto possano chiudere, senza contare che una quota consistente di operatori tornerà a viaggiare su strada, vanificando così tutti gli sforzi fatti per spostare il traffico merci dalla gomma alla nave, con i relativi incentivi pubblici».

«Nel frattempo – continua Donati – l’Autorità garante della concorrenza e del mercato non dà segni di vita… Ma non siamo purtroppo meravigliati, se si riflette sul fatto che una parte… degli imprenditori dell’autotrasporto italiano ha deciso ‘liberamente’ di aderire a un’associazione in mano ad uno dei capi dell’armatoria italiana, omaggiata, peraltro, dall’intero arco politico nazionale».

Secondo Assotir, la situazione avrà gravi ripercussioni soprattutto su Catania e la Sicilia in generale, obbligata a far passare via mare il trasporto merci. «Sono diverse centinaia le imprese dell’autotrasporto siciliano che utilizzano le autostrade del mare – ha detto Santo Zuccaro, presidente provinciale di Assotir Catania – che da domani, su una tratta pagata fino a oggi 1.000 euro, dovranno pagarne 1.250. È la cosa più facile del mondo fare un investimento e farlo pagare ai clienti».

Nel frattempo Trasportounito minaccia di bloccare i porti siciliani: «Qualora non vi fossero immediati interventi in grado di attenuare i maggiori costi – si legge in una nota stampa – i mezzi dell’autotrasporto cesseranno di utilizzare le autostrade del mare e torneranno a risalire e ridiscendere la penisola via terra, con il contemporaneo blocco dei porti siciliani». 

«Si ripete ancora una volta – ha ribadito Maurizio Longo, segretario generale di Trasportounito – l’ennesima incapacità politica e istituzionale di verificare, pianificare e sostenere le imprese che, a fronte di una regolamentazione comunitaria che impone la riduzione delle emissioni inquinanti nei trasporti marittimi, devono subire non solo un pesante esborso finanziario, ma anche il fallimento delle politiche incentivanti (marebonus) sull’uso delle infrastrutture del mare. Le imprese di autotrasporto dovrebbero ribaltare il maggior costo sui corrispettivi dei servizi alla merce ma, in pratica, tenendo conto dell’assenza di tutele nell’ambito della libera contrattazione delle parti, saranno costrette a farsi carico dei maggiori costi, con ricadute finanziarie catastrofiche. Se la scelta è quella di tutelare l’ambiente, è giusto che tutti si facciano carico dei costi pro quota».

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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