La Guardia di Finanza di Salerno, su delega della Procura, ha eseguito un provvedimento del locale Tribunale del Riesame con cui si dispone il sequestro preventivo di 77 milioni di euro e di rettifica un altro provvedimento dello scorso dicembre che rigettava parzialmente la misura, contenendola a 34 milioni. E nello stesso tempo dispone l’arresto ai domiciliari nei confronti di un imprenditore di 63 anni a cui facevano capo le società coinvolte nella vicenda, attive nella prestazione di servizi di facchinaggio e di logistica.
Quali reati vengono contestati?
I reati contestati, in particolare, possono essere distinti in due gruppi. Perché quelli già accertati lo scorso dicembre riguardano reati tributari di dichiarazione infedele ai fini delle imposte sui redditi e iva, omessa dichiarazione e omesso versamento delle ritenute e dell’imposta sul valore aggiunto. A questi oggi vengono aggiunte le false fatturazioni che sarebbero intercorse tra la società del sessantatreenne e una serie di cooperative, che complessivamente sarebbero ammontate nell’arco temporale che va dal 2013 al 2019, in circa 175 milioni di euro. L’emissione di fatture emesse dalle cooperative e relative a prestazioni inesistenti servivano invece alla società di sollevarsi di obblighi fiscali sorti per rapporti commerciali con committenti, scaricandoli alle cooperative che emetteva fatture per prestazioni mai avvenute.
Ma come si svolgeva in pratica l’attività fraudolenta?
Stando alle ricostruzioni che emergono dalle indagini – condotte dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Salerno e dalla Compagnia di Battipaglia – le modalità utilizzate erano sostanzialmente due. In alcuni casi erano direttamente le cooperative a trattare con il committente e ad assumere l’incarico in prima persona, salvo poi fare ricorso a forza lavoro della società del sessantatreenne, sfruttando il ricorso a soggetti che da lì a poco avrebbero cessato l’attività senza assolvere gli obblighi previdenziali.
Nel secondo schema, invece, era la società principale ad aggiudicarsi un appalto di servizio, che poi onorava subappaltando il tutto alle cooperative, che utilizzavano direttamente la propria forza lavoro. E qui stava la trovata: sfruttare il costo di questo lavoro, di per sé non soggetto a tassazione Iva, per farlo risultare invece come una prestazione di servizi soggetta ad Iva.
Quindi, in un caso la società assumeva la veste di parte occulta dell’appalto stipulato tra cooperative e committente, nell’altro assumeva in prima persona l’incarico con il committente, salvo poi delegarlo alle cooperative in maniera fittizia.