Dopo il proscioglimento in primo grado pareva tutto risolto. Ma il ricorso in Corte di Cassazione da parte della procura di Sulmona ha riaperto la vicenda e il giudice dell’udienza preliminare Giorgio Di Benedetto ha deciso di rinviare tutti a giudizio.
Stiamo parlando dei vertici e di alcuni dipendenti addetti alla logistica della ditta di autotrasporti Di Nino di Pratola Peligna, accusati di aver minacciato i propri dipendenti di licenziamento, obbligandoli a turni massacranti di lavoro, con gravi ripercussioni sulla sicurezza stradale e sui lavoratori. A finire sotto processo saranno i fratelli Piero e Stefano Di Nino, titolari della ditta, e sette subalterni. L’accusa è quella di estorsione, falso e truffa ai danni dello Stato, favoreggiamento personale e voto di scambio.
I fatti: nell’aprile del 2014 alcuni autisti dell’azienda avevano denunciato il loro licenziamento, secondo loro non motivato e ingiusto. Gli autisti avevano accusato i loro superiori di averli mandati via perché avevano protestato contro l’utilizzo di cronotachigrafi manomessi su 20 veicoli dell’impresa che li costringevano a lavorare oltre i limiti consentiti . Dalle indagini condotte dalla Polizia stradale di Pratola Peligna emergeva che effettivamente gli apparecchi erano stati alterati con il trucco del magnete, aggirando le norme su tempi di guida e di riposo e mettendo così a repentaglio la sicurezza stradale e la salute dei lavoratori stessi. Altra contestazione quella di falso e truffa ai danni dello Stato, per avere indotto in errore gli organi della Polizia stradale al fine di eludere il pagamento di sanzioni amministrative prescritte dal codice della strada. Cinque autisti dovranno invece rispondere del reato di favoreggiamento personale. Infine accuse anche relativamente alle pressioni esercitate sul diritto di voto di alcuni dipendenti – attraverso anche i familiari – durante le elezioni provinciali del 2010.
La prima udienza del processo è fissata per il 4 ottobre 2016.
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I TITOLARI DELLA NINO SI DIFENDONO: «ACCUSATORI INAFFIDABILI»
La notizia del rinvio a giudizio dei vertici della Di Nino Trasporti di Pratola Peligna (Aq) e di altre sette maestranze ha suscitato parecchio scalpore. Al punto che i titolari della stessa società abruzzese hanno diffuso un comunicato in cui si dicono sereni e certi di poter «continuare a provare la nostra totale estraneità alle infamanti accuse mosse da personaggi il cui valore morale e la cui condotta anche penale è discutibile e degna di essere stigmatizzata».
Il comunicato riferisce che gli accusatori in realtà «sono stati animati da un unico spirito di rivalsa per essere stati tutti licenziati e per aver perso sia in primo che in secondo grado le vertenze di lavoro». In più, la nota della Di Nino aggiunge che a loro carico esistono già alcuni precedenti. Per la precisione si riferisce della condanna di uno degli accusatori, avvenuta due mesi fa da parte del Tribunale di Modena, «per essersi appropriato del carburante di proprietà della nostra Società vendendoselo a estranei di nazionalità estera». Per un altro – prosegue il comunicato – «pende dinanzi al Tribunale di Sulmona un processo per calunnia per averci falsamente accusato di fatti mai accaduti». Un terzo, èstato «rinviato a giudizio per averci minacciato».