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Arabia Saudita, sempre più donne alla guida. Parla Rosanna Rampin, prima italiana a formare future istruttrici di guida saudite

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Era il 2017 quando in Arabia Saudita veniva concesso per la prima volta alle donne di guidare un’auto. Da allora, 174 mila saudite hanno preso la patente e le cose hanno continuato ad evolversi. Nel giugno 2018 un ordine del re Mohammed bin Salman ha stabilito che le donne possono guidare anche mezzi a due ruote e veicoli pesanti e dallo scorso gennaio è concesso loro prendere la licenza per guidare i taxi. Una rivoluzione che è stata accolta favorevolmente dalle donne saudite, la cui partecipazione al mondo del lavoro è salita dal 19% al 33% in soli cinque anni e che oggi hanno voglia di guidare più che mai. Sì, perché mettersi al volante significa non solo trovare nuove opportunità professionali, ma anche affermare la propria libertà.

28 mila aspiranti macchiniste

Un’altra notizia incoraggiante arriva proprio in questi giorni da Renfe KSA, la filiale saudita di Renfe Operadora, che ha recentemente lanciato l’annuncio per l’assunzione di 30 macchiniste per il collegamento ad alta velocità Haramain (HHR) che collega le due città sante della Mecca e Medina. All’annuncio hanno risposto oltre 28 mila donne, pronte a entrare nella storia del Paese come le prime a svolgere questa professione.
Una forte volontà, quelle delle donne saudite, confermata anche da Rosanna Rampin, proprietaria dell’Autoscuola Brianza di Casatenovo e, anche lei, titolare di un primato non indifferente. Rosanna, dopo essere stata una delle più giovani istruttrici di guida in Italia (a 19 anni era già insegnante di teoria e dal 2001 è passata alla pratica) è infatti la prima – e al momento unica – italiana a essersi occupata della formazione delle donne che desiderano diventare istruttrici di guida in Arabia Saudita. «Le donne saudite hanno tanta voglia di fare e di iniziare nuove esperienze di vita e professionali – racconta Rosanna, appena rientrata da un’esperienza di tre mesi nel Paese grazie al progetto Saudi Vision 2030 – Sono solo due anni che le donne possono diventare istruttrici e questa rappresenta per loro una nuova opportunità, è il lavoro che oggi tutte vogliono fare».
Insieme a un team composto da altre tre professioniste provenienti da diversi Paesi, Rosanna ha fatto tappa a Damman, Medina e Al-Ahsa dove ha contribuito a formare oltre 60 future istruttrici di guida. «C’era un grande entusiasmo a imparare cose nuove, aprirsi a nuove possibilità. Al volante in Arabia le donne sono più attente, prudenti e responsabili e nel lungo periodo sono certa che questo porterà ad altri grandi vantaggi, come la riduzione degli incidenti, causati prevalentemente proprio dall’alta velocità e dall’imprudenza degli autisti alla guida di auto spesso molto più grosse e potenti di quelle che siamo abituati a vedere sulle nostre strade». Ma non è tutto. «Dal momento che per la cultura araba le donne possono insegnare solo ad altre donne, ciò significa che si creerà un vero e proprio circolo virtuoso, per cui sempre più donne saranno capaci di guidare e di intraprendere la professione di istruttrice di guida». 

Sul fronte dell’autotrasporto c’è ancora molta cautela

«Forse è ancora prematuro parlare di donne al volante di mezzi pesanti in Arabia» spiega Rosanna. Di fatto, le donne possono mettersi alla guida di questi mezzi, «ma al momento l’apertura alla presenza femminile nel settore dell’autotrasporto ancora non c’è. Al contrario, c’è molta richiesta di motorizzazione, come avvenuto anche da noi negli anni ’60. Da poco, per esempio, le donne possono guidare anche i taxi, a patto che trasportino solo passeggere dello stesso sesso. L’autotrasporto, invece, è una professione che porta inevitabilmente ad avere a che fare con gli uomini». Chissà però che in futuro qualcosa possa cambiare.

Intanto il progetto Vision 2030 non si ferma e altre donne continueranno a essere formate per intraprendere la professione di istruttrici di guida. «Le richieste per partecipare sono tantissime e so che è stata fatta una selezione piuttosto rigida, in cui le donne hanno dovuto affrontare diversi test, tra cui uno di conoscenza della lingua inglese». Ma l’avventura di Rosanna potrebbe non essersi conclusa qui: «È stata l’esperienza più bella della mia vita che mi ha insegnato tanto, sia sotto il profilo umano che professionale. Sono pronta a ripartire e continuare la mia attività di formazione, magari tra qualche mese, anche in altri Paesi».

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