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EDITORIALE | Pane e dignità, il prezzo di un autista

Sono anni che raccontiamo della mancanza di autisti. Ma d’altra parte avremmo dovuto sapere che, a causa della contrazione demografica, saremmo divenuti meno, più anziani e con ampie lacune occupazionali. Invece, solo con colpevole ritardo sono partite timide azioni per avvicinare i giovani alla professione. Per di più non hanno funzionato. Personalmente, da queste pagine, ho fatto rilevare come fosse necessario, dopo gli anni di corsa al ribasso indotta dall’apertura del mercato all’Est e dal ricorso ai meno costosi conducenti distaccati, valorizzare questa impegnativa professione pagandola in modo adeguato.

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Sono anni che raccontiamo della mancanza di autisti. Ma d’altra parte avremmo dovuto sapere che, a causa della contrazione demografica, saremmo divenuti meno, più anziani e con ampie lacune occupazionali. Invece, solo con colpevole ritardo sono partite timide azioni per avvicinare i giovani alla professione. Per di più non hanno funzionato. Personalmente, da queste pagine, ho fatto rilevare come fosse necessario, dopo gli anni di corsa al ribasso indotta dall’apertura del mercato all’Est e dal ricorso ai meno costosi conducenti distaccati, valorizzare questa impegnativa professione pagandola in modo adeguato. Per due ragioni: dal punto di vista umano, perché un autista, se impegnato nel lungo raggio, mette a disposizione dell’azienda buona parte del proprio tempo, sacrificando affetti e interessi; dal punto di vista economico, perché è naturale che se la domanda di una professione rimane insoddisfatta, chi la offre acquista valore superiore. Il presidente di una grande azienda giuliana mi rispose che sarebbe stato necessario, piuttosto, tagliare il cuneo fiscale, perché altrimenti le aziende nazionali sarebbero divenute meno concorrenziali. Sarà, ma in mancanza di una risposta politica in tal senso (fatico a considerare tale gli 80 euro), la situazione si aggrava. Perché se invece di parlare di autisti dipendenti, considerassimo tutti coloro che lavorano guidando, dovremmo calcolare pure i padroncini. E se di costoro negli ultimi dieci anni hanno abbandonato la professione in circa 10 mila, è certo che, seppure qualcuno ha trovato modalità alternative per reinserirsi nel mercato, il numero di camion carichi ma privi dell’uomo al volante è aumentato.

L’aspetto umano di un autista, inoltre, è deficitario sul piano del rispetto altrui. Non soltanto dell’opinione pubblica che, sempre di più, è indotta a pensare che un clic su un mouse faccia materializzare in poche ore un oggetto senza nemmeno dover pagare il trasporto (che quindi, nella sua interezza, perde valore), ma anche di coloro che lungo la catena logistica interagiscono con i conducenti senza preoccuparsi della loro dignità, arrivando persino a vietargli l’utilizzo del bagno di un magazzino – l’ho visto con i miei occhi – malgrado siano da ore in attesa.

Pane e dignità: è questo il prezzo con cui pagare un autista. Ne ero convinto ieri. Lo sono a maggior ragione oggi, dopo aver ricevuto questa lettera. Leggetela e fatemi sapere se siete d’accordo.

Buongiorno, mi chiamo Alessandro e svolgo, o meglio svolgevo, il lavoro di autista. La non messa in condizione di lavorare tra disponenti traffico maleducati e incompetenti, l’aumento dello stress e la stretta sulle regole mi hanno fatto per anni e anni pensare. Passione, dedizione, sacrificio: ma ne vale la pena? Dopo aver lavorato negli ultimi anni in quella che reputerei una tra le migliori aziende in Italia, che paga gli autisti secondo un accordo con sindacati e associazioni di categoria a chilometro e gli straordinari forfettari, mi sono risposto: no, non ne vale più la pena.

Nel corso delle ultime vacanze ho fatto due conti: tralasciando il miracolo italico per cui «più lavori e meno guadagni», senza entrare troppo nei dettagli, con pause infrasettimanali e lavorando sabati, domeniche e festivi, con partenze notturne e trasferte, arrivavo a fatica a 2.400 euro per una media di 340 ore di impegno (attenzione: impegno!) al mese.

Per fare l’autista, il contabile, il magazziniere, il manutentore. Con responsabilità civili e penali. E per di più dovendomi pagare la patente nel tempo libero. In pratica paghi per lavorare. Per cosa? Poco più di 7 euro/ora. Poi senti le aziende piangine, le stesse che con le stesse associazioni di categoria di cui sopra hanno per anni delocalizzato o svenduto i viaggi, lamentarsi che ora non trovano autisti. Io dico: basta. Vi auguro telefoni squillanti, agende piene e piazzali strapieni, ma di mezzi fermi. Io scendo.

Quello che mi scarica guadagna di più. Allora, vado a fare il magazziniere mulettista: 8 euro/ora, indennità notte 50 cent/ora e indennità cella 50 cent/ora. Straordinari retribuiti, orari stabiliti, scatti garantiti. 9 euro/ora per fare meno ore e guadagnare uguale, se non di più. Ma soprattutto vivo.

Fate pure tutte le interviste, gli annunci, i proclami che volete. Avete solo due strade per trattenere i giovani su questo lavoro: portargli rispetto come persone durante il mese e pagarli in maniera adeguata a fine mese.

Cordiali saluti

Daniele Di Ubaldo
Daniele Di Ubaldo
Direttore responsabile di Uomini e Trasporti

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