«Tre infrazioni al prezzo di una» o, se preferite, «Il marcio sotto la coperta del coronavirus». Sembrano i titoli più appropriati per una vicenda che si è consumato due giorni fa lungo la tangenziale di Treviso e ha avuto come protagonista un autista sloveno fermato dagli agenti per verificare il rispetto delle disposizioni in vigore per frenare il contagio del Covid-19. Soltanto che a quel punto, una volta scaricati i dati dal tachigrafo, gli uomini della polizia stradale hanno capito in fretta che nelle registrazioni c’era qualcosa che non andava. E così hanno deciso di trasferire il camion presso un’officina specializzata per avere conferma dei sospetti che avevano. E in effetti dopo il controllo emergeva una evidente manomissione dello strumento di registrazione realizzato tramite un sofisticato sistema elettronico.
Ma questo era soltanto l’antipasto, perché andando avanti nelle verifiche gli agenti scoprivano che di sistema elettronico anomalo sul camion ce n’era anche un altro. Quello finalizzato a simulare la presenza di adblue nel serbatoio inviando appositi segnali in tal senso alla centralina che governa il veicolo, in modo tale che non contenga la potenza del motore. In pratica, in questo modo, senza l’azione ripulente dell’adblue, le emissioni inquinanti del veicolo tornavano a essere euro 0. Una classe ambientale, peraltro, che sarebbe incompatibile con un trasporto internazionale quale quello che il conducente sloveno stava movimentando.
Ma non è ancora finito. Perché dopo questo primo piatto molto caldo è arrivato anche un secondo pieno di gusto. Un classico, un evergreen che non tradisce mai: posizionato sulla pesa il camion, infatti, veniva riscontrato un carico superiore al consentito. Non sappiamo quanta merce in più portasse però comunque l’infrazione per sovraccarico veniva accertata.
E così, a fine pasto, arriviamo diretti al conto. Che francamente ci saremmo aspettati anche più salato. Perché considerando tutto (manomissione del tachigrafo, emulatore di adblue, sovraccarico) le portate erano state tante e abbondanti. E invece alla fine è stato anche “onesto“. Già soltanto l’antipasto, infatti, sarebbe stato sufficiente per sborsare qualche migliaio di euro, da addossare ad autista e all’azienda, verificando peraltro l’ipotesi del reato previsto dall’art. 437 del codice penale, quello di rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro. Invece, complessivamente la sanzione amministrativa si fermava a duemila euro, da pagare in solido tra conducente e azienda.
A questa spesa, poi, l’azienda di autotrasporto ha dovuto aggiungere il conto dell’officina relativo al lavoro necessario a “ripulire” di tutti gli strumenti di sofisticazione.
La polizia stradale ha sottolineato come la manomissione del tachigrafo sia un costume talmente radicato in alcuni trasportatori che non vi rinunciano nemmeno in questo «frangente in cui le strade risultano sicuramente più scorrevoli».