I dazi? Saranno una sciagura in grado di far perdere traffici e posti di lavoro, ma, prima di fasciarsi la testa a prescindere, vanno calcolati i rischi e analizzate possibile alternative, basandosi esclusivamente sui numeri. Il presidente di Confetra, Carlo De Ruvo, mostra un volto calcolatore e soprattutto analitico. Sul fatto che i dazi possano far male non ha dubbi: «Dalle nostre analisi l’export verso gli Usa registrerà un calo del 16% (National Board of Trade Sweden), il PIL una riduzione dello 0,2% e un calo occupazionale di 57mila unità (Istat su studio Svimez)». Numeri che non lasciano scampo e che trovano una giustificazione nel fatto che l’Italia sostiene buona parte della sua economia tramite l’export: «Circa il 30% del nostro PIL è dovuto all’export. Di questo, l’11% è diretto verso gli USA pari a circa 64,8 mld di euro con un saldo di 38,9 mld di euro. Per intenderci, quindi, la quota del nostro PIL dovuta all’export verso gli USA è pari a circa il 3%».
E quindi dobbiamo stracciarci le vesti e attendere che il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, cambi idea? Niente affatto. La criticità, secondo De Ruvo, è soltanto un lato della Luna; l’altro – aggiunge – «può essere fonte di nuove opportunità grazie all’apertura di nuovi mercati di sbocco».
Ma chi potrebbe aggredire questi mercati, vale a dire quali aziende? Per rispondere De Ruvo va a verificare chi ci sia dietro al nostro export. E così facendo ricorda innanzi tutto che «il tessuto imprenditoriale italiano, caratterizzato da piccole e medie imprese, si relaziona con diversi mercati». A livello continentale, soltanto «l’11% dell’export va negli USA, il restante 89% si muove verso resto del mondo (il 66% in Europa, il 13% in Asia e il restante tra Africa e Americhe)». E tutto questo, quindi, dovrebbe confortare. E altrettanta consolazione potrebbe derivare del fatto che – sottolinea De Ruvo – «le imprese vulnerabili all’export (dati Istat) sono poco più di 23.000 (lo 0,5 per cento del totale)», mentre quelle vulnerabili alla domanda statunitense sono quasi 3.300 (lo 0,07 per cento del totale)».
A partire dal 1° maggio negli USA cade l’esenzione de minimis per le spedizioni fino a 800 dollari provenienti da Cina e Hong Kong.
Carlo De Ruvo, presidente Confetra
A far data dal 2 maggio, le spedizioni al di sotto degli 800 dollari saranno dunque soggette a dazi pari al 30% del loro valore
oppure a 25 dollari per articolo, importo che salirà a 50 dollari dopo il 1° giugno
E le imprese ferite dalle turbolenze in export verso gli Stati Uniti su quali altri mercati dovrebbero puntare? Il presidente di Confetra risponde guardando in particolare ai paesi emergenti a più alto potenziale, quelli riportati nel Piano d’Azione per l’export italiano del MAECI. Vi compaiono – ricorda – «Turchia, Emirati Arabi Uniti, Messico, Arabia Saudita, Brasile, India, Algeria, Sudafrica, Paesi ASEAN, Vietnam, Indonesia, Filippine, Balcani occidentali, Serbia e Asia Centrale».
Soppesate le imprese, individuati i mercati, mancano da mettere a fuoco i mercati di sbocco in senso merceologico in cui andare a inserirsi. E rispetto a questo aspetto De Ruvo mostra generico ottimismo, nel senso che non parla di uno specifico settore, ma ricorda che, stando a uno studio UNCTAD, «dagli anni ‘90 l’Italia è stato il Paese al mondo con il più basso grado di concentrazione dei prodotti esportati». La stessa fonte sottolinea come la forza dell’Italia è quella di saper presidiare circa 3.000 nicchie a livello mondiale grazie al dinamismo e all’intraprendenza di un grande numero di PMI». E questo dati secondo il presidente vanno letti in un solo modo: «Nessun’altra economia come l’Italia esporta così tanti prodotti diversi con altrettanto successo».
Prospettata un’alternativa concreta, De Ruvo ricorda pure che ci sono minacce molto prossime da prendere in considerazione. Il riferimento qui è al fatto che, a partire dal 1° maggio negli USA cade l’esenzione de minimis per le spedizioni fino a 800 dollari provenienti da Cina e Hong Kong. A far data dal 2 maggio, le spedizioni al di sotto degli 800 dollari saranno dunque soggette a dazi pari al 30% del loro valore oppure a 25 dollari per articolo, importo che salirà a 50 dollari dopo il 1° giugno. L’Europa da parte sua vuole togliere l’esenzione da dazi per le spedizioni fino a 150 Euro». E parliamo di volumi considerevoli visto che gli Stati Uniti ricevono 1,4 miliardi di pacchi all’anno e la UE 1,1 miliardi. Insomma, piccoli pacchi, ma grande grande sfida.