Oggi affrontiamo lo spinoso tema dell’omicidio stradale e, in particolare, di quando il sinistro viene causato da una distrazione del conducente legata all’utilizzo del cellulare. Dal punto di vista legale ci si collega al fondamentale principio di colpevolezza sancito dall’art. 27 della Costituzione. In sintesi, il delitto colposo si caratterizza per la sussistenza di tre elementi: la prevedibilità dell’evento, la non volontà nel verificarsi della vicenda e il nesso di causalità che deve sussistere tra colpa ed evento.
La colpa si verifica quando un soggetto viola una regola di cautela e può essere di due tipi: generica, ovvero l’inadempienza a regole non scritte (imprudenza, negligenza, imperizia), o specifica, ovvero la violazione di norme scritte (leggi, regolamenti, ecc.).
IL FATTO
Fatta questa doverosa premessa, veniamo al caso specifico. Una recente pronuncia della Cassazione Penale (sentenza n. 12256/2025) ha riguardato un omicidio stradale causato dalla distrazione del conducente dovuta all’uso di WhatsApp durante la guida.
L’autotrasportatore, mentre guidava, mandava messaggi WhatsApp alla fidanzata e finiva così per perdere il controllo del mezzo, andando ad invadere la corsia d’emergenza e colpendo un’auto ferma in sosta sulla stessa. I passeggeri dell’auto nell’urto subivano gravi lesioni e, purtroppo, dopo tre mesi sono morti a causa delle ferite riportate.
In primo grado l’imputato viene dunque condannato per omicidio stradale (art. 589-bis c.p.) a titolo di colpa specifica. Infatti – spiegava il Tribunale – non si era trattata di semplice imprudenza alla guida per non aver osservato la segnaletica stradale, ma del fatto che il guidatore «aveva invaso la corsia di emergenza e, a forza dell’urto con la vettura ferma in tale corsia, aveva provocato la lesione sfociata dopo tre mesi in morte di due persone».
LA DECISIONE
Ricorrendo in Cassazione, la difesa aveva sostenuto che si trattasse invece solo di colpa generica. L’autista avrebbe cioè tenuto un comportamento imprudente alla guida, ma non si sarebbe macchiato di una colpa più grave – e quindi punita in modo molto maggiore – come è appunto quella specifica.
Questa tesi è stata però respinta dalla Suprema Corte, che ha confermato la colpa specifica. Infatti – commenta la Cassazione – l’imputato innanzitutto ha violato le norme del Codice della Strada (invadendo la corsia d’emergenza). Poi l’uso del cellulare ha costituito un’inosservanza a regole scritte specifiche sulla sicurezza stradale. Infine esiste senza ombra di dubbio un nesso causale tra la condotta (distrazione) e l’evento (morte dei passeggeri), ulteriormente confermato dai messaggi WhatsApp inviati poco prima dell’incidente. Pertanto sono presenti tutti quegli elementi che configurano non solo una colpa, ma una colpa specifica, ovvero una responsabilità penale per la violazione di una norma cautelare scritta, come quelle contenute appunto nel CdS. Colpa più grave e chiaramente dimostrabile di quella generica.
LE CONSEGUENZE
Nel caso descritto, insomma, l’autista ha violato norme precise (il divieto di usare il cellulare alla guida, l’invasione della corsia d’emergenza), per cui non si tratta solo di incoscienza, ma di inosservanza di obblighi precisi previsti dalla legge.
Si rafforza in conclusione l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’uso del cellulare durante la guida può integrare una colpa specifica e rendere perciò l’automobilista penalmente responsabile per omicidio stradale, se da tale distrazione deriva un incidente mortale. Viene poi esaltato il concetto dell’agente modello, ossia l’obbligo di agire con la diligenza che ci si aspetta da un guidatore mediamente prudente e attento.