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Import/export: il 38% delle merci viaggia su strada. Metalli, food e rifiuti sul podio dei prodotti esportati su gomma

I dati in un’analisi di SRM (Centro Studi collegato a Intesa Sanpaolo) al centro del webinar organizzato da ANITA per studiare l’impatto che le scelte geopolitiche stanno avendo sugli assetti del trasporto nazionale e internazionale. Il commercio marittimo rimane centrale, ma le supply chain sono destinate a modificarsi sulla scia dei dazi imposti (o annunciati) da Trump. Per l’Italia necessario “recuperare l’efficienza logistica per superare l’instabilità e guadagnare la leadership dei traffici nel Mediterraneo”

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Nel 2024 il 38% dell’import-export italiano ha viaggiato su gomma che rimane una modalità rilevante in particolare per i trasporti interni e per le merci dirette ai porti. Tra i 981,4 milioni di merci in uscita per l’export, ovvero di merci che hanno avuto origine in Italia, sono tre le categorie che impattano per il 74% del totale: minerali metalliferi e manufatti in metallo (362,7 mln tonn di merci), prodotti agricoli alimentari e bevande (209,1 mln tonn di merci), materie prime secondarie e rifiuti (153 mln tonn di merci). Tra le regioni che movimentano più merci, al primo posto con 217,9 mln di tonnellate compare la Lombardia, seguita dal Veneto (150,8 mln tonn di merci) e dall’Emilia Romagna (127,3 mln tonn di merci). Mentre tra le merci destinate all’Italia, quelle arrivate via strada sono 979,1 milioni di tonnellate, con le medesime regioni che si sono aggiudicate il podio per lo scarico: Lombardia (222,2 mln tonn di merci), Veneto (145,7 mln tonn di merci); Emilia-Romagna (125,2 mln tonn di merci). È quanto emerso dal webinar “Gli scenari dei trasporti e della logistica: analisi dei fenomeni recenti”, organizzato da Anita in collaborazione con con SRM – Centro Studi e Ricerche (collegato a Intesa Sanpaolo) per misurare l’impatto che le scelte geopolitiche, a partire dall’introduzione dei dazi statunitensi sul commercio, stanno avendo sugli assetti del trasporto internazionale e nazionale. L’analisi, presentata da Alessandro Panaro, Head of Maritime and Energy Department – SRM, ha anche indicato come, nonostante la sua espansione, il trasporto delle “merci su gomma mostra ancora ampi margini di sviluppo che possono essere conseguiti orientando le imprese a realizzare la propria transizione ecologica e digitale e guidando la committenza verso lo switch modale”. Basti pensare che in Italia, secondo le stime SRM, solo il 12-15% delle aziende manifatturiere si avvale del trasporto intermodale. Una serie di adeguamenti, che, combinati al potenziamento dell’offerta infrastrutturale nazionale, dalla rete stradale a quella ferroviaria, passando per i porti gli interporti e gli aeroporti, aiuterebbero a colmare il gap di efficienza logistica. 

Il traffico merci nel Mediterraneo destinato a crescere

L’analisi ha inoltre considerato anche lo sviluppo del commercio marittimo alla luce dell’instabilità geopolitica e alla paventata guerra commerciale conseguente ai dazi imposti dall’amministrazione di Trump. Secondo lo studio, nel contesto europeo, il bacino del Mediterraneo è quello destinato ad aumentare maggiormente i suoi volumi di traffico tra il 2023 e il 2028, segnando + 18% per i quadranti West Med e East Med, superando il tasso di espansione del Nord Europa. 

Un’indicazione che evidenzia il ruolo nevralgico dei porti dell’Europa Meridionale, suggerendo la necessità di investimenti in infrastrutture, logistica e digitalizzazione per intercettare questi flussi, anche in funzione delle opportunità sorte nell’area MENA e dell’Asia. 

Usa, prima partner marittimo dell’Italia

In questa cornice, gli Stati Uniti si collocano come primo importatore e secondo esportatore mondiale dopo la Cina, ma anche come primo partner marittimo dell’Italia. Tra gennaio e settembre del 2024, il 53% degli scambi di import-export tra Italia e USA si sono svolti via mare, per un controvalore di 35,8 miliardi di euro; il 42% via aereo, pari a 27,9 miliardi di euro; mentre il restante è imputato ad altre modalità di trasporto. In linea generale, il mercato più colpito dalle tariffe americane risulta essere quello cinese. Uno scenario che accompagna le due potenze verso un progressivo “allontanamento commerciale”. Per effetto dei dazi fra Stati Uniti e Cina, infatti, è stato cancellato il 42% dei viaggi di navi portacontainer attraverso il Pacifico e la movimentazione portuale prevista nel 2025 in America è in calo di oltre il 5%. Evidenze che hanno la forza di modificare l’assetto della supply chain globale, valorizzando l’approccio virtuoso del sistema portuale italiano che nel 2024 ha movimentato complessivamente 480,7 milioni di tonnellate di merci, con un incremento dello 0,7% rispetto all’anno precedente. Risultati capaci di riformare la missione dell’Italia e del suo trasporto marittimo nel contesto globale grazie alle caratteristiche multipurpose e alla forza nello Short Sea Shipping, il trasporto marittimo di corto raggio, che ha visto il Paese in cima al podio europeo e mediterraneo, rispettivamente con 305 milioni di tonnellate trasportate e 239 milioni di tonnellate transitate per i nodi portuali italiani. 

Supply chain in evoluzione

“Le trattative sui dazi troveranno un punto di svolta e, sin d’ora, le Istituzioni hanno il compito di preparare il terreno che consentirà alle imprese italiane di cogliere l’occasione di una supply chain globale confermata o rinnovata – ha affermato il Presidente di ANITA, Riccardo Morelli, introducendo l’iniziativa –. La posizione privilegiata nel Mediterraneo, il ruolo strategico e la resilienza dimostrata dalle imprese di autotrasporto e logistica che operano sul territorio nazionale ci suggeriscono che l’Italia ha davanti a sé l’opportunità di recuperare centralità nel processo di evoluzione delle rotte globali. In questo senso, le attività promosse dal Governo e ricomprese nell’orbita del Piano Mattei e del piano d’azione per l’export possono fare la differenza nell’aprire alle relazioni con i mercati extra-UE ad alto potenziale. Tuttavia la rilevanza del nostro Paese sarà direttamente proporzionale alla capacità dell’Esecutivo di sfruttare la naturale vocazione logistica italiana, creando le condizioni necessarie per colmare il gap di efficienza del sistema logistico, favorendo la digitalizzazione dell’intera catena e adeguando l’offerta infrastrutturale: dalla capacità dei porti, allo sviluppo della rete ferroviaria, passando per l’ampliamento dei terminali e la manutenzione del sistema viario e la cura dei valichi alpini. Un processo di trasformazione che porterà anche il comparto a beneficiare di una nuova stabilità”.

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