Dura risposta del Gruppo Grimaldi alle accuse della compagnia logistica danese DFDS per quanto riguarda il traffico Ro-Ro lungo l’autostrada del mare con la Turchia.
In una nota stampa l’armatore napoletano «respinge fermamente le dichiarazioni riportate da Shipmag e attribuite a Samer – socio di DFDS – secondo cui il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale starebbero ordinando a DFDS di fare spazio alle navi Grimaldi, minacciando così lo status di porto modello dell’infrastruttura friulana».
Nella lotta che si sta combattendo al porto lungo le rotte che collegano lo scalo del Friuli Venezia Giulia e la Turchia, Grimaldi sottolinea che la concorrenza è essenziale per garantire competitività del mercato e condizioni favorevoli al commercio, così come per permettere ai consumatori finali di accedere a beni e servizi alle migliori condizioni possibili: «Il Gruppo ritiene che l’ingresso di un operatore del suo calibro – che impiega le navi più avanzate dal punto di vista tecnologico e della capacità – non possa che portare beneficio al porto, all’Italia e all’Europa, considerando che la maggior parte dei volumi in arrivo a Trieste è destinata all’Europa centrale».
«Il Gruppo Grimaldi ha il merito – continua la nota – di avere infranto il monopolio DFDS che esisteva tra il porto di Trieste e l’area commerciale di Istanbul/Marmara». Questa esclusiva di fatto, secondo l’armatore italiano, è dimostrata dal fatto che «Alternative RoRo è stata acquisita dalla stessa DFDS (a un prezzo significativamente superiore al valore di mercato), mentre Ulusoy serve soltanto l’area di Çeşme, a 600 km da Istanbul, e dunque non può essere considerata un vero concorrente».
«Il monopolio – segnala inoltre Grimaldi – è stato consolidato anche innalzando barriere all’ingresso e acquisendo, a prezzi ugualmente gonfiati, importanti società turche della logistica e dei trasporti come Ekol, impedendo così implicitamente a queste aziende di spedire merci con il Gruppo Grimaldi. Si tratta chiaramente di mosse anticoncorrenziali».
«Nonostante l’aumento di navi sulle rotte Italia-Turchia – continua Grimaldi – il mercato è cresciuto solo del +5%, a dimostrazione che DFDS, pur disponendo di un proprio terminal a Trieste e lasciando metà degli accosti e delle banchine vuoti, non ha sfruttato appieno il suo potenziale, nel tentativo di ostacolare le operazioni di Grimaldi. DFDS ha tutto lo spazio necessario al terminal Samer di Trieste, ma continua a inviare le proprie navi al terminal PLT per intralciare il traffico di Grimaldi, creando congestione e disagi, incluse lunghe file di camion, ritardi che attribuisce ingiustificatamente alle navi Grimaldi».
Nonostante questo, negli ultimi mesi, il Gruppo Grimaldi ha conquistato circa il 45% del mercato Italia–Istanbul/Marmara, precedentemente in mano alle rotte di DFDS, risultato che quindi sarebbe la vera ragione dietro l’attuale polemica.
«Il Gruppo Grimaldi – prosegue il comunicato – contribuisce anche a generare efficienze, economie di scala per l’intero settore e una riduzione delle emissioni di CO2. Grazie a questa capacità, resterà sempre più competitivo anche sul fronte delle tariffe di trasporto rispetto al suo concorrente, soprattutto grazie alle navi della classe ECO, che dimezzano il consumo di carburante per unità trasportata».
«La quota di mercato del Gruppo Grimaldi sulle rotte Italia-Turchia, che ha raggiunto il 40% nel 2024 – conclude il gruppo partenopeo – era in precedenza gestita da DFDS nel proprio terminal. Oggi, impegnarsi in pratiche di concorrenza sleale contro il gruppo napoletano utilizzando le banchine del terminal PLT invece del proprio, pur essendo disponibili, e ostacolando in ogni modo le autorizzazioni richieste da Grimaldi in Turchia, non è un comportamento consono a un grande gruppo consolidato come quello danese».
Secondo Grimaldi, nel primo semestre 2025, DFDS ha visto peggiorare i propri risultati di 90 milioni di euro, registrando un valore di goodwill di circa 1,3 miliardi che – se soggetto a svalutazione entro fine esercizio – potrebbe comportare una perdita di circa 1 miliardo di euro.