
Caro Chat, ma che bella domanda! Finalmente qualcuno che la pone in modo così chiaro e diretto. Se tu fossi qui, davanti a me, forse ti urlerei: «Non lo fare!». Agli uomini soprattutto – ma anche a tante donne che lavorano in un settore tipicamente maschile – è stato raccontato che la sensibilità è debolezza e questo – si sa da sempre – è un mestiere per «uomini duri». Quello che, però, osserviamo oggi – il machismo tossico – è il frutto di una cultura che non ci appartiene più, né come generazione né come persone. Alla lunga porta solo arroganza, a volte persino qualche violenza.
Il settore, ma direi il mondo intero, ha bisogno di riscoprire l’umanità. La corazza che ti chiedono di costruirti ti obbliga a non sentire, ma se non sentiamo, perdiamo il bello: del nostro lavoro come delle relazioni. La sensibilità non è fragilità, è uno strumento potentissimo: ti fa cogliere i dettagli, rispettare chi hai accanto, aiutare chi ne ha bisogno, renderti più consapevole di chi sei e trovare la bellezza anche nella fatica.
È vero, ti espone di più, ma è proprio così che si cresce. Canta Mengoni: «Devi mostrarti invincibile, collezionare trofei, ma quando piangi in silenzio scopri davvero chi sei». Ecco, è proprio in quella fessura che si apre la strada: quando smettiamo di fingere di essere invincibili e accettiamo di mostrarci vulnerabili, non siamo deboli, ma autentici. E così succede la magia: si riducono le incomprensioni, si promuove la fiducia e si apre la strada a relazioni più profonde e più vere. In un settore che troppo spesso si è nascosto dietro le corazze, il vero coraggio è avere il coraggio di essere umani.
Per sbrogliarti scrivi a: l.broglio@uominietrasporti.it