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Chi rifiuta il test antidroga commette reato

Secondo la Cassazione il conducente che respinge l’esame della sua presunta positività a sostanze stupefacenti incorre comunque nella violazione del comma 8 dell'articolo 187 CdS, se presenta sintomi sospetti - come arrossamento delle mucose nasali, mancanza di attenzione e occhi lucidi - che giustificherebbero l’accertamento sanitario

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La scorsa settimana ci eravamo occupati della guida in stato di ebbrezza e dell’alcoltest. Oggi rimaniamo in zona, esaminando una questione che riguarda l’assunzione di stupefacenti alla guida.

Una sentenza della Cassazione – Quarta sezione penale, depositata lo scorso 26 settembre, ha infatti stabilito che un guidatore che rifiuta un test antidroga – in presenza di certi indizi – commette automaticamente un reato, violando il comma 8 dell’articolo 187 del Codice della Strada.

IL FATTO

La vicenda nasce dal rifiuto di un automobilista siciliano di sottoporsi alle analisi di laboratorio per un test antidroga per verificare l’eventuale assunzione di sostanze stupefacenti, dopo essere stato fermato per un normale controllo a un posto di blocco. Il diniego aveva comportato la denuncia dello stesso e la condanna del tribunale locale il 21 settembre 2023. La sentenza era stata confermata dalla Corte di appello di Palermo il 26 settembre 2024.

L’imputato aveva obiettato che non sarebbe stato configurabile un suo rifiuto ai test, dato che non era stato invitato a sottoporsi ad accertamenti qualitativi non invasivi o a prove. In particolare – si spiegava nel ricorso presentato dai difensori – non risultava provato l’elemento soggettivo del reato, «perché nessun accertamento veniva eseguito sulla sigaretta rinvenuta nella disponibilità dell’imputato, né alcun elemento concreto conduceva a ritenere che lo stato sintomatico fosse generato dall’uso di stupefacenti».

LA DECISIONE

Secondo gli Ermellini invece «la motivazione della Corte d’appello appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e pertanto immune da vizi di legittimità». La Cassazione evidenzia come l’istruttoria di primo grado «abbia consentito di accertare che il guidatore presentava sintomi tali da far sospettare l’assunzione di sostanze stupefacenti, ovvero arrossamento delle mucose nasali, mancanza di attenzione ed occhi lucidi».

Questi segni inducevano il sospetto di una possibile assunzione di droga, il che legittimava l’invito all’imputato a sottoporsi all’accertamento sanitario mediante il prelievo di liquidi biologici presso una struttura sanitaria accreditata, invito al quale l’imputato opponeva netto rifiuto.

LE CONSEGUENZE

I giudici hanno dato così torto al ricorrente, dato che i sintomi visivi come appunto gli occhi lucidi, l’arrossamento delle mucose nasali e la scarsa attenzione giustificavano assolutamente la richiesta delle forze dell’ordine e quindi il suo rifiuto poteva essere interpretato come un’assunzione di colpevolezza.

Da notare poi che lo stesso ragionamento può applicarsi a chi rifiuta l’etilometro. Ma, a differenza della guida in stato di ebbrezza alcolica, la normativa non consente l’accertamento di guida sotto l’influenza di stupefacenti basandosi solo su rilievi sintomatici, come stato di euforia, depressione, delirio, eccessiva loquacità, pupille dilatate, anomala sudorazione o occhi lucidi. Tuttavia gli organi di polizia hanno la facoltà di valutare le circostanze che possono consigliare l’accompagnamento del conducente presso strutture sanitarie per verificare lo stato di alterazione. Circostanze che, in questo caso, sono risultate evidenti alla Suprema Corte.

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