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La manovra ritocca le accise: per Assotir l’autotrasporto spenderà circa 200 milioni di più

Il riallineamento delle accise previsto dalla nuova manovra finanziaria non toccherà i veicoli Euro V ed Euro VI sopra le 7,5 tonnellate, ma secondo Assotir resteranno comunque coinvolti un milione di mezzi. L’associazione stima per il settore un aggravio complessivo di oltre 200 milioni di euro e accusa il Governo di aver rotto le promesse sulla gradualità degli aumenti

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La misura sul riallineamento delle accise, contenuta nella manovra finanziaria appena uscita dal Consiglio dei Ministri e ora attesa all’esame del Parlamento, scatena la reazione polemica del mondo dell’autotrasporto. Secondo Assotir, l’intervento del Governo, volto a garantire circa 2 miliardi di nuove entrate, rischia di gravare in maniera pesante sulle imprese del settore, con un impatto stimato in oltre 200 milioni di euro solo per le aziende di trasporto merci su strada.

La norma, inserita nel capitolo fiscale della Finanziaria, prevede un riallineamento delle accise su gasolio e benzina, con un incremento del prezzo alla pompa del gasolio di 4,05 centesimi al litro a partire dal 1° gennaio 2026. Un aumento che, sulla carta, non dovrebbe colpire i mezzi più moderni: il Governo ha infatti previsto l’esclusione dei veicoli Euro V ed Euro VI con massa superiore a 7,5 tonnellate, circa 300.000 unità su un parco complessivo di quasi 1,3 milioni di veicoli industriali.

Tuttavia, i conti di Assotir raccontano una storia diversa. Secondo l’associazione, sarebbero oltre un milione i mezzi che non rientrano nelle esenzioni e che si troveranno a sostenere l’intero peso dell’operazione fiscale, generando un extra-gettito per l’erario di «diverse centinaia di milioni».

«Si tratta di un aumento che non solo supera di quasi tre volte quello applicato a marzo 2025, ma che soprattutto viola l’impegno assunto dallo stesso governo di procedere in modo graduale all’allineamento delle accise – commenta Anna Vita Manigrasso, presidente nazionale di Assotir. – L’esecutivo aveva promesso un percorso in quattro anni, ma con questa accelerazione violenta si completerà tutto in due».

La presidente sottolinea come la misura arrivi in un momento già critico per le imprese, che a inizio 2026 dovranno fronteggiare anche l’aumento dei pedaggi autostradali – a seguito della recente decisione della Consulta – e i nuovi oneri ETS sui noli dei traghetti, destinati a riflettersi sui costi di trasporto.

Sul piano politico, Assotir chiede un chiarimento netto. «Pensiamo sia necessario un confronto complessivo sulle scelte strategiche del governo verso l’autotrasporto – dichiara Claudio Donati, segretario generale dell’associazione. – Da un lato si parla di rilancio del settore, dall’altro si procede con interventi spot varati dai singoli ministeri, che finiscono per penalizzare soprattutto le piccole e medie imprese impegnate a investire in mezzi e personale qualificato».

Ma i toni della presidente Manigrasso diventano ancora più duri quando interpreta tutto attraverso il sistema “distorto” dell’intermediazione: «Da questi nuovi oneri sono esclusi tutti quei soggetti che, pur iscritti all’Albo, non hanno mezzi né autisti, ma operano tramite subvezione, scaricando sui vettori effettivi ogni costo aggiuntivo. Per loro gli aumenti di gasolio, pedaggi o ETS non esistono: a pagare saranno ancora una volta le aziende reali che muovono le merci. È un punto che, colpevolmente, sfugge al governo».

Il dibattito ora si sposta in Parlamento, dove le associazioni di categoria – comprese anche CNA Fita e Confartigianato Trasporti, che hanno già espresso il loro forte dissenso – intendono far sentire la propria voce per chiedere correzioni mirate al provvedimento. Ma il segnale politico è già chiaro: il settore, che vale oltre il 6% del PIL e garantisce la mobilità del 90% delle merci in Italia, si sente ancora una volta bersaglio fiscale di misure pensate senza una visione complessiva.

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