Sarà perché il mondo cambia e anche tanto velocemente, sarà perché la tecnologia imbeve ogni professione di contenuti continuamente differenti, sarà pure perché l’inverno demografico restringe la platea di chi si offre per lavorare, la quale poi viene ulteriormente assottigliata dalla fuga all’estero di tanti giovani, ma un dato è ormai certo: siamo un paese in cui si fa fatica a trovare lavoratori. E questo fenomeno, tangibile in tanti settori e in tanti paesi, nella logistica offre la sua più plastica rappresentazione. Lo certificano diversi osservatori e tutti senza mezzi termini sia in termini di quantificazione del problema, sia rispetto alle conseguenze che determina.
Cosa provoca la mancanza di personale
Partiamo, con l’aiuto dell’Osservatorio Contract Logistic del Politecnico di Milano, a valutare le ripercussioni del fenomeno, vale a dire a quantificare quanto fa male. Qui i dati non lasciamo scampo: i fornitori di servizi logistici che in questo momento operano in condizioni di sottodimensionamento arriva in Europa al 75% del totale, causando un incremento dei costi del personale (nel senso che costringe a pagare di più i profili più carenti), una riduzione della produttività e un considerevole freno alla crescita aziendale.
Le figure professionali di cui hanno bisogno da qui a fine agosto trasporto e logistica
Ma a quanto ammonta questa carenza? Andiamo a quantificarla rispetto all’Italia scendendo drasticamente sul pratico, vale a dire calcolando, con l’aiuto del Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e dal ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di quante persone ha bisogno in questo momento – da qui alla fine di agosto – il settore del trasporto merci e della logistica. Il dato complessivo parla di 99.400 nuove assunzioni programmate, con una discreta varietà di figure professionali richieste: dai magazzinieri addetti alla movimentazione delle merci (14.470 posizioni) agli autisti di veicoli industriali (14.360), fino ai profili più qualificati come gli addetti alla gestione della logistica di magazzino (1.670), i responsabili dell’organizzazione trasporti (230) e i responsabili dei sistemi logistici e di distribuzione (180 posizioni).
Ma il problema principale, appunto, è quello di riuscire a trovare risorse: cosa determina tale difficoltà? In genere le ragioni sono due: la difficoltà oggettiva a reperire persone e la mancanza delle competenze richieste laddove invece si dovessero candidare. Rispetto agli autisti di camion, per esempio, vale a dire una professione che implica sacrificio e dove sono difficilmente reperibili il 55,5% dei profili, è la mancanza di candidati a farla da padrona (39,6%), seguita da preparazione inadeguata (11,1%). Rispetto invece a figure di qualifica superiore, il problema principale nel 36,4% dei casi è la mancanza di competenze adeguate o di esperienza pregressa, affiancata dall’impossibilità di reperimento per il 32,8% dei profili.
Professioni in evoluzione e professioni inedite
A questa situazione statica, riferita come detto alla domanda di lavoro in vista dell’estate, si possono aggiungere altri dati dell’Osservatorio Contract Logistic, riferiti nel corso dell’assemblea FAI del 13 giugno scorso. Il direttore Damiano Frosi, infatti, proiettando la visione su un piano più allargato, ha spiegato come il mutato ruolo dei fornitori logistici, i repentini cambiamenti di contesto e il correlato incremento delle complessità da gestire hanno fatto per un verso evolvere ruoli e competenze richieste dalle aziende, per un altro hanno letteralmente inventato nuove figure professionali. Appartengono alle professioni in fase evolutiva, per esempio, il planner trasporti, il responsabile di magazzino, l’ingegnere logistico o il direttore IT, giacché a queste figure vengono richieste competenze molto diverse rispetto al passato. In particolare diventano sempre più apprezzate le capacità legata all’analisi dei dati, ritenuta essenziale per il 58% delle aziende intervistate, alla costruzione ottimizzata dei viaggi (51%), alla gestione dei sistemi informatici (40) e al reperimento di fondi (24%).
Sono invece completamente inedite e sono quasi tutte legate alla diffusione del paradigma 4.0, le figure professionali come i big data analyst, gli innovation manager, gli esperti di cybersicurezza o gli specialisti AI, che in maniera progressiva vengono richiesti anche nella logistica.
Il lavoro nel confronto con l’intelligenza artificiale
Molto illuminante, pure, rispetto all’evoluzione della domanda di lavoro, il tipo di approccio con cui le aziende del settore si confrontano con l’intelligenza artificiale. Perché in generale è sempre più diffusa la consapevolezza rispetto alla necessità di lavorare sulle competenze interne all’azienda per abilitare l’introduzione e l’utilizzo efficace di soluzioni a questo livello. La maniera per declinare questo passaggio è duplice, nel senso che per un verso viene letto come la necessità di aprire le porte dell’azienda a giovani, affinché forniscano un aiuto decisivo nella comprensione della tecnologia, per un altro viene interpretato come un bisogno formativo accresciuto delle persone, considerando inconsistente il valore dell’AI se difetta del supporto dell’intelligenza umana.
L’Italia sta male, ma gli altri paesi stanno peggio
Da ultimo, a parziale consolazione della situazione italiana, l’Osservatorio Contract Logistic ricorda come in realtà la problematica è europea e che anzi il nostro paese paradossalmente registra lacune inferiori in termini di reperimento del personale. Prova ne sia che se in Europa la carenza complessiva di persone da impiegare nella logistica ammonta a 1,1 milioni, in Italia ne mancano in modo strutturale circa 60 mila. Tutti gli altri principali attori logistici hanno problemi maggiori: a parte la Francia attestata grosso modo al nostro livello (65 mila), la Spagna ci doppia con 120 mila posizioni da riempire, la Polonia arriva a 160 mila, la Germania a 170 mila e il Regno Unito addirittura ci triplica con 180 mila.