I numeri sono chiari: la logistica ha bisogno di personale, ma in molti casi non ne riesce proprio a trovare, mentre in altri chi si candida per lavorare non dispone delle competenze richieste dal mercato. Il problema, secondo Massimo Campailla, avvocato e docente di diritto della Navigazione e dei Trasporti all’Università di Trieste, ha una duplice radice: «Per un verso – ci spiega – c’è il problema di reperire nuove risorse, in molti casi determinato dal fatto che il settore del trasporto merci e della logistica non è visto dai giovani con occhi positivi o comunque lo percepiscono poco vicino alle loro aspettative, orientate maggiormente verso ciò che appare green o tecnologico. Per altro verso, l’evoluzione continua del mondo produttivo e, di conseguenza, di quello dei servizi crea difficoltà anche a chi dispone già di un’esperienza professionale e necessita di aggiornare le proprie competenze in funzione di profili più qualificati. Due situazioni distinte a cui intende fornire un sostegno il Corso di alta formazione in Logistics Management promosso da settembre dall’Università di Trieste con il sostegno di Federtrasporti».

Partiamo dalla forma: perché un Corso di alta formazione e non un Master?
Perché il corso di Alta Formazione lascia più liberi, in quanto consente da una parte di rivolgersi a giovani appena laureati, interessati a un approfondimento culturale adeguato ai tempi, e dall’altra di ammettere anche chi non è laureato, ma dispone di un’esperienza professionale che necessita di essere implementata.
È un caso che questo corso nasca all’Università di Trieste?
Trieste ha un DNA profondamente segnato dal porto e quindi dalla logistica e dai trasporti. E questo elemento identitario lascia traccia anche nel mondo accademico, al cui interno si raggruppano docenti con competenze diverse, ma tutte focalizzate sui trasporti. Nel senso che l’Università dispone di giuristi dei trasporti, di economisti dei trasporti, di geografi dei trasporti, di ingegneri dei trasporti. E proprio questi vari approcci rendono possibile costruire un pacchetto formativo caratterizzato da trasversalità di insegnamenti e di visioni.
Cosa potrebbe rendere attrattivo un corso di questo tipo anche agli occhi dei giovani?
Il corso sarà gestito dal dipartimento di economia e da quello di giurisprudenza e presenterà due moduli distinti ma con lezioni integrate, in modo da riuscire a inquadrare i vari fenomeni trasportistici con ottica trasversale. Ritengo che proprio nella trasversalità possano emergere gli aspetti di maggior interesse per i giovani. Ipotizziamo, per esempio, di dover affrontare il trasporto multimodale. Quando lo si valuterà dal punto di vista giuridico, si fornirà un inquadramento rispetto alle peculiarità dei contratti con cui regolare questa tipologia di trasporto, mettendo a fuoco le criticità a cui dovrà prestare attenzione chi sarà chiamato a gestirla. Ma subito dopo ci sarà una lezione di carattere economico con cui spiegare in che modo questa modalità di trasporto può essere conveniente, come se ne costruisce la tariffa, come si mettono d’accordo nel contesto di un trasferimento di merci l’efficienza con la sostenibilità e l’impatto ambientale. È proprio la trasversalità, quindi, a consentire di trattare temi su cui i giovani mostrano maggiore sensibilità.
Quindi è previsto un approccio didattico molto pratico?
L’idea è quella di costruire la trattazione soprattutto su casi pratici. D’altra parte, questo è l’altro aspetto che differenza il master dal Corso di alta formazione: il primo fornisce contenuti più alti, ma anche estremamente teorici; il secondo, invece, viene tagliato in modo molto operativo. Anche rispetto ad argomenti giuridici, come per esempio il contratto di trasporto, l’aspetto pratico emerge dai suggerimenti che si possono fornire in aula, spiegando in che modo stipularlo, quali elementi deve contenere per evitare di incorrere nella violazione dell’articolo 6 della 286/2005, ma anche come va diversamente negoziato a seconda che ci si trovi dalla parte del committente o da quella del vettore.
In questo modo si recupera anche quel legame con il mercato che spesso il mondo accademico perde di vista?
In realtà il corso ha cercato di rimuovere alla radice questo rischio, coinvolgendo come partner un soggetto privato come il Gruppo Federtrasporti, utile proprio per poter affiancare all’esposizione accademica le testimonianze dirette degli operatori. Da questo punto di vista, quindi, è un’ulteriore garanzia di praticità.
Chi è già impiegato nel settore e cerca un approfondimento delle competenze non ha interessi occupazionali. Per i giovani, invece, avete pensato a come costruire ponti con l’offerta di lavoro?
Assolutamente sì: abbiamo stretto rapporti con diverse aziende che apriranno le loro porte per accogliere tirocini formativi al termine del corso. Anche se vorremmo indirizzare verso questi percorsi soltanto gli studenti maggiormente motivati e proprio per cogliere questo aspetto saranno monitorati durante il corso e anche tramite una prova finale. In ogni caso chi supererà questa prova riceverà un attestato di alta formazione in Logistics Management, rilasciato dall’Università degli Studi di Trieste, da poter spendere sul mercato.
Il corso si svolge a Trieste per la prima volta, ma ha già avuto precedenti in contesti diversi e seguendo modalità operative differenti. Quali prospettive occupazionali ha garantito?
In oltre il 60% dei casi il tirocinio formativo si è trasformato in un contratto di lavoro a tempo determinato o indeterminato.
Un’ultima domanda: l’Italia è un paese sorretto da un export rilevante e per di più crescente, che sta aumentando ulteriormente la domanda di lavoro nella logistica. Il Corso ha guardato anche a questo trend?
Una parte del Corso, posta a cavallo fra il commercio internazionale e il trasporto, avrà per oggetto gli incoterms, vale a dire le condizioni di vendita nelle compravendite internazionali. È un focus preciso rispetto a un argomento che include uno dei problemi storici dell’industria italiana, vale a dire il ricorso predominante alla vendita ex work, ritenuta un fattore di indebolimento del nostro sistema logistico. Perché è chiaro che se io vendo franco fabbrica a un tedesco, sarà poi questi a organizzare l’intero ciclo di trasporto tramite un suo operatore logistico. Se invece vendessi con un incoterms che allarga la responsabilità del venditore fino alla consegna delle merci al compratore, avrei maggiore controllo del mio mercato, potrei garantire qualità più elevata, migliore conservazione del prodotto e quindi un trasporto maggiormente tarato sulle caratteristiche dei beni esportati. Senza considerare che avrò anche una maggiore tutela delle mie responsabilità, perché non è vero che vendere franco fabbrica significhi necessariamente liberarsi da ogni incombenza. E proprio per approfondire queste eventuali responsabilità, ma anche per internazionalizzare il percorso formativo, abbiamo concepito all’interno del Corso un modulo di diritto doganale. Anche in questo caso stiamo cercando di garantire un approccio pratico stipulando una convenzione con l’Agenzia delle Dogane per avere in aula delle testimonianze di chi opera sul campo per effettuare controlli.