Quattro mesi di reclusione con la condizionale: è questa la pena inflitta a un conducente scoperto mentre manometteva il tachigrafo del suo veicolo con una calamita. Il fatto risale al 24 luglio 2019 e la condanna, emessa dal Tribunale di Vasto e confermata dalla Corte d’Appello dell’Aquila, è stata recentemente ribadita anche dalla Corte di Cassazione, che ha respinto il ricorso.
La difesa, in particolare, sosteneva che la violazione rientrasse nell’ambito dell’articolo 179 del Codice della Strada, che prevede solo sanzioni amministrative, e che il conducente non fosse il diretto responsabile della manomissione. Ma per la Cassazione, quando l’alterazione è compiuta con dolo – ovvero con consapevolezza e intenzione – si entra nell’ambito dell’articolo 437 del Codice Penale: quello che punisce chi danneggia o rende inservibili dispositivi destinati alla prevenzione di infortuni sul lavoro. E il tachigrafo rientra proprio in questa categoria, poiché serve a garantire il rispetto dei tempi di guida e riposo, proteggendo la sicurezza dell’autista e degli altri utenti della strada. Quindi, anche se l’ordine parte dall’azienda, l’autista che esegue l’alterazione in modo consapevole risponde penalmente.