Veicoli - logistica - professione

HomeDopolavoroLa tesi di LauraPromessa: Natale con i tuoi

Promessa: Natale con i tuoi

Si contano sulle dita di una mano gli autisti che hanno avuto il privilegio di assistere alla recita natalizia dei propri figli. E sono pochi anche quelli che sono riusciti a essere presenti quando i piccoli pargoli soffiavano sulla torta di compleanno. Addirittura, qualcuno era in trasferta pure quando sono nati. Ma questi sacrifici, che portano a cancellare ogni traccia personale dalla propria vita per lasciare sedimentare soltanto il lavoro, prima o poi chiedono il conto

-

Ventuno dicembre, ore 18.
Il traffico sulla SR88, la strada che dovrebbe portarmi a casa, è bloccato a causa di un incidente avvenuto poche centinaia di metri davanti a me.
Cose che capitano a chi lavora muovendosi su congestionati rotoli d’asfalto. Ma quella sera era diverso, perché quella sera avrei dovuto assistere alla recita di mio figlio.
Avevo pianificato tutto al minimo dettaglio, incastrato anche il lavaggio per avere il camion lucido – come da tradizione – per il giorno di Natale, in modo da riuscire a vedere mio figlio indossare i panni del protagonista. In realtà, il ruolo che gli era stato affidato era quello di Giuseppe, che della vicenda evangelica non è propriamente il motore narrativo, ma garantisce comunque un posto centrale sul palco.

Serve, a questo punto, una doverosa premessa: mio figlio odia, anzi detesta profondamente chiunque lo fissi mentre è impegnato in qualcosa di imbarazzante, come spesso diventano le recite dell’asilo. Così, quando si trova investito da questo fastidioso sentimento, reagisce nell’unico modo conosciuto da un bambino di cinque anni: piange e scappa via. Non in Egitto, ma comunque scompare.
L’anno scorso, per esempio, si trasformò da pecorella del gregge in pecorella smarrita in un battito di ciglia. Ragion per cui quest’anno ero già preparata a redigere una lettera di scuse indirizzata all’istituzione scolastica per averli lasciati – in una scuola paritaria – orfani di Giuseppe.
Ecco quindi il perché era così tanto importante che io fossi presente alla recita: perché alla bisogna ero pronta a trasformarmi da semplice genitore, in esponente di prima linea della squadra chiamata a contrastare l’eventuale fuga di mio figlio. 

Passo l’incidente dopo essermi trasformata in un ufficio logistico di tutto rispetto e aver vagliato ogni possibile ipotesi aggira-incidente. Dal passaggio da parte di mia madre (scartato per il suo perenne ritardo), all’idea di un’inversione di marcia sui dicembrini campi polesani. Insomma, tutte pessime idee. Poi alla fine, l’illuminazione geniale: l’intermodalità.
Così, abbandono la modalità stradale, nel senso che parcheggio al volo in un piccolissimo centro commerciale e proseguo con la modalità «piedi», che faccio muovere a rotta di collo per portarmi in ora utile verso il teatro della città.
Praticamente corro, sempre più veloce. E mentre mi muovo sento il ritmo del battito cardiaco che pulsa più forte di un V8 a pieno carico. Ma a quel punto non mi concentro tanto sull’andatura delle mie gambe, quanto sulle preghiere che vorrei fossero esaudite. Nell’ordine sono di:
– arrivare a destinazione prima che la recita sia terminata;
– entrare nella sala e vedere mio figlio ancora lì, sul palco, almeno per qualche altro istante;
– incrociare il suo sguardo ed essere certa che da lassù lui abbia visto la sua mamma, giunta in tempo per vederlo recitare.

Poi le preghiere svaniscono e, come per incanto, mi sento addosso quel solito peso di un’intera categoria. Mi osservo cioè dall’esterno e penso a tutti quei colleghi autisti che non hanno nemmeno la possibilità di arrivare in ritardo alla recita dei propri figli.
Non so cosa mi stia accadendo, ma ho come la sensazione che il tempo si stia quasi fermando. È un’emozione così pesante da indurmi a tirare il fiato per provare un po’ di leggerezza. O forse è la conseguenza della troppa corsa e del fatto che mio cuore sta procedendo spedito verso qualcosa di simile a un infarto.
È una vertigine strana: vedo me stessa dall’esterno e mi rendo conto guardandomi che, nonostante io ami profondamente sia questo settore sia il mio lavoro e malgrado abbia provato una parte delle esperienze dolorose che molti colleghi sopportano da anni, io sono comunque una privilegiata.

Il lavoro di autista soffre della totale assenza di momenti come questo. Anzi, spesso è vittima di una rassegnazione talmente cronica da riuscire anche a cancellare la tentazione di provare a viverli quei momenti, a tentare di organizzarsi per essere presente ai compleanni, alle recite o addirittura alle nascite dei propri figli. Insomma, in tutti quei frangenti decisivi per la propria sfera personale.
Tutto questo rende il lavoro di autista estremamente sacrificante, seppure viene poi sopportato con onore, in nome di una fervida passione. A un certo punto, però, la passione lascia il posto alla disillusione e ti ritrovi a soppesare quanto di personale ci sia in una vita di completa devozione al lavoro. D’altra parte, noi siamo il frutto delle nostre esperienze, dei momenti utili a tracciare le linee di contorno da riempire poi con i nostri ricordi; siamo ciò che le persone ricordano di noi e, quindi, esistiamo in funzione della nostra presenza.
Ecco perché questo lavoro sarebbe decisamente più appetibile se fosse organizzato in modo tale da permettere agli autisti di essere presenti nella vita dei propri cari (anche correndo, anche in ritardo, ma di esserci); di poter godere del sorriso dei propri figli e delle loro vocine («Allora sei venuto») senza dover ricorrere a regali per colmare i vuoti lasciati in giro; di vivere a pieno i piccoli momenti personali e di farne tesoro, di avere la possibilità di riempire di colore quei disegni che, un po’ come un album per bambini, hanno soltanto i contorni tracciati.
Vorrei, per tutti i miei colleghi, che l’autotrasporto – almeno ogni tanto – si permettesse il lusso (ma sarebbe meglio dire: garantisse il diritto) di lasciare che il camion rientri vuoto, ma permettesse al proprio autista di caricare l’amore necessario per vivere.
A proposito, la recita è andata bene.

close-link