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10 domande a… Luca Varetto

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CARTA DI IDENTITÀ

Nome Luca
Cognome Varetto
Età 44
Punto di partenza Mortara (PV)
Anzianità di Servizio 18 anni
Settore di attività Trasporto intermodale
  • Il tuo primo incontro col camion?

È stato casuale. Durante il servizio militare mi assegnarono l’incarico di autista e così presi le patenti. All’epoca non avevo la più pallida idea di cosa fosse un camion. Poi però ci presi gusto. Finita la leva, cominciai a lavorare per una cooperativa di trasporto, poi l’abbandonai temporaneamente per tentare altre strade, nuovi mestieri, ma alla fine mi resi conto che il richiamo del camion era troppo forte. Oggi sono proprietario di un’azienda monoveicolare.

  • Come mai la scelta di diventare padroncino?

Mi sento molto più libero. Mi piace organizzarmi il lavoro da solo, senza condizionamenti esterni.

  • Qual è il tuo perimetro di attività?

Mi occupo di trasporto intermodale di vario tipo (tank container e cisterne). Solitamente parto dall’interporto di Mortara, oppure da Busto Arsizio, e giro per tutta Europa.

  • Una caratteristica del tuo lavoro?

L’essere altamente specializzato. Perché non si tratta solo di guidare, ma anche di intendertene, ad esempio, di come si lava una cisterna, di avere a che fare con raccordi, tubi, pompe di pressione e quant’altro. Insomma, devi saper fare un po’ di tutto.

  • Una cosa che non sopporti?

I raccordi per connettere le cisterne ai serbatoi di scarico. Ne esistono a centinaia e sono tutti diversi gli uni dagli altri. Dovrebbero creare uno standard comunitario. Oltretutto costano, sono ingombranti, pesano svariati chili e bisogna ingegnarsi portandosene dietro un quantitativo considerevole per ogni viaggio. E non è detto che sia sufficiente. Perché può capitare di presentarti allo stabilimento di destinazione e trovarti a farti carico di tutto.

  • Ti è mai capitato di trovarti in una situazione di questo tipo?

Sì, una volta in Francia. Serviva un tipo di raccordo che non avevo mai visto in tutta la mia vita. E io non ce l’avevo. Sai cosa ho fatto? Sono dovuto uscire dallo stabilimento, andare in un negozio di ferramenta e farmelo costruire ad hoc.

  • Una cosa assurda, insomma…

Decisamente. Anche perché tutto ciò si traduce in perdita di tempo e quindi di guadagno.

  • Se dovessi descrivere l’autotrasporto con un solo aggettivo, quale useresti?

Tormentato. Perché è veramente un settore pieno di imprevisti, incognite e sofferenze, soprattutto dal punto di vista dei servizi. Penso per esempio alla carenza di aree di sosta, oppure ai bagni molto spesso sporchi o malfunzionanti. O almeno in Italia è così. All’estero, penso alla Francia, già le cose vanno meglio.

  • E oltre al camion, cosa ti piace?

Ho fatto politica per diversi anni, almeno fino a quando ho deciso di dedicarmi alla mia attuale attività a tempo pieno. In verità ho poco tempo libero per coltivare hobby e passioni. La mia vita è qui sul camion.

  • In questo numero si parla di passaggio generazionale. Se un domani ti trovassi alle prese con un cambio di testimone, come lo gestiresti?

Insegnando a mio figlio che se vuole fare questo lavoro, deve sentirlo nell’anima. Perché alla fine il camion diventa la tua casa, la tua missione di vita, il tuo tutto. Bisogna saper convivere con il fatto che non puoi pensare di vedere giorno e sera le persone a cui vuoi bene. È il camion il perno attorno a cui ruota tutto.

Per leggere altre interviste ai protagonisti della strada, vai a «Voci on the road».

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