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10 domande a… Marcello Bonifacio

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CARTA DI IDENTITÀ

NomeMarcello
CognomeBonifacio
Età24
Stato CivileCelibe
Punto di partenzaAltamura (Ba)
Anzianità di Servizio5 anni
Settore di attivitàcereali e farine
  • Cosa ti ha spinto verso questa professione?

Sono figlio d’arte. Mio padre fa il camionista e mi ha trasmesso questa passione. Tuttavia, non è stato un percorso semplice perché la mia famiglia era contraria. Mio padre stesso mi diceva: «Non voglio finanziarti una cosa che ti porterà ad avere una brutta vita».

  • Quindi è stata una scelta controcorrente?

Assolutamente sì. E lo dimostra il fatto che le patenti me le sono pagate di tasca mia, senza alcun sostegno economico oltre che emotivo, grazie al lavoretto da mulettista che svolgevo nel doposcuola presso un’azienda di autotrasporto. Cosa che mi ha permesso di mettere da parte qualche soldino.

  • Il momento in cui hai realizzato che questa era la tua strada?

A scuola. A un certo punto, dopo il quarto anno delle superiori, ho deciso di mollare tutto. I banchi non facevano per me e neanche la vita di ufficio mi attraeva. Quello che mi piace è complicarmi, scoprire cose nuove, mettermi alla prova. E fare il camionista è un lavoro che ogni giorni ti mette alla prova, ti fa misurare con le difficoltà. E questa cosa mi rende vivo.

  • Come si è evoluta la tua carriera da quel momento in poi?

Ho iniziato con il trasporto locale, dopodiché sono passato alla linea. È stato un continuo crescendo, fatto di duri sacrifici ma anche di soddisfazioni. Oggi lavoro per una ditta che copre tutto il territorio nazionale.

  • Cosa trasporti nello specifico?

Sfarinati vari. Parto dalla Puglia trasportando la semola di grano duro ai pastifici e alle grandi industrie di lavorazione del Nord. Al ritorno scendo con la farina di grano tenero per consegnarla ai forni e ai biscottifici locali. In pratica, uno scambio di farine.

  • Quali sono le criticità maggiori di questo lavoro?

Innanzitutto, l’inadeguatezza dei servizi. Mi riferisco in particolare alla mancanza di parcheggi nelle aree di sosta, agli stalli poco sicuri, ai bagni e alle docce improponibili. Ma anche il contesto infrastrutturale non aiuta. Ad esempio, la tratta adriatica Taranto-Bologna, che è quella su cui viaggio solitamente, è piena di cantieri e ciò ti porta a essere sempre in ritardo. Con conseguente aggravio di stress.

  • Come affronti queste pressioni?

All’inizio mi arrabbiavo, ma poi te ne fai una ragione e ti adatti. È amaro a dirsi ma è così.

  • Ti aspetti che in futuro ci saranno più giovani alla guida di un camion?

Mi auguro di sì, perché i numeri dicono che stanno diminuendo. E di ragazzi veramente appassionati è dura a trovarne. Così come mi auguro di vedere sempre più donne al volante. Ancora oggi ci sono molte difficoltà e i pregiudizi di genere continuano a rendere le cose più difficili per loro.

  • Oltre al camion, quali sono le tue passioni?

Mi piacciono i motori in generale, in particolare le moto. Sono anche un grande appassionato di raduni di camionisti. Quando posso partecipo volentieri a questi eventi perché ci si ritrova con ragazzi che provengono da tutta Italia. Si sta due o tre giorni insieme e ci si diverte. Un’altra passione è fare video. Quando sono in cabina mi registro con una telecamera e poi, a fine serata, faccio il montaggio e pubblico il tutto sui miei canali social (Instagram e TikTok).

  • Quindi sei anche un «content creator»?

In un certo senso sì. Mi piace pensare ai social come un grande strumento per fare rete, conoscere e unire ragazzi che condividono la stessa passione. Un po’ come si faceva un tempo con il baracchino.

Per leggere altre interviste ai protagonisti della strada, vai a «Voci on the road».

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