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Se il trasporto rifiuti cresce più del PIL

È sempre stato così: cresce l'economia e aumentano sia trasporti sia le vendite dei veicoli per questo settore. I rifiuti, però, fanno eccezione, perché moltiplicano i volumi in modo più accelerato rispetto all'andamento del PIL. E non caso negli ultimi anni sono diventati una fonte importante di sopravvivenza per tante aziende di autotrasporto. Ma basta questo a fare del trasporto rifiuti un settore più protetto di altri, un po' come quello del trasporto alimentare, in cui regna l'adagio: «Tanto alla fine si mangia»?

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In un anno l’Italia genera circa 194 milioni di tonnellate di rifiuti speciali. Sono tantissimi, di più “di quelli di prima”, ma meno “di quelli di dopo”. Nel senso cioè che questa montagna di scarti – che sulla bilancia pesa come il Duomo di Milano moltiplicato per 600 – aumenta inesorabilmente seguendo l’andamento crescente dei rifiuti speciali, sostenuto in particolare dall’edilizia e dalle demolizioni, che da sole coprono il 50% del tutto. Ma la cosa straordinaria è che a livello industriale gli scarti di lavorazione aumentano in maniera superiore al livello della produzione. Prova ne sia che a fronte di un PIL in crescita nel 2023 dello 0,7%, i rifiuti speciali sono aumentati dell’1,9%. E siccome tutti questi rifiuti vanno trasportati, ecco che quel trend che vuole il servizio di autotrasporto (e anche la vendita dei veicoli da trasporto) necessariamente agganciato all’economia reale, viene in parte relativizzato in questo comparto. Nel senso che potrebbe crescere di più rispetto al PIL o resistere quando questo frena.
Ma non è solo quantità: dei rifiuti speciali, infatti, cambia anche la destinazione. Perché a forza di incrementare il recupero e il riciclo, due attività orientate a superare il 70% dei volumi totali, i flussi di rifiuti diretti alle “tradizionali” discariche di smaltimento scendono a doppia cifra.
Questa edizione dei 100 Numeri gira tanto attorno a questi concetti. Innanzi tutto tramite un interessante video della serie Truckani Tech spieghiamo in pochi minuti il funzionamento del RENTRI, il nuovo sistema digitale per tracciare i rifiuti che ci aiuterà a comprendere ancora meglio come cambiano le rotte a cui dedichiamo un volume che presenteremo alla fiera Ecomondo di Rimini il 4 novembre alle ore 12.
Ma è illuminante anche l’intervista alla viceministra all’Ambiente, Vannia Gavia, in quanto aiuta a comprendere come, a fronte di questi stravolgimenti nelle produzioni e nei traffici, anche lo Stato orienta gli investimenti in modo diverso. Non a caso – spiega la viceministra – sono stati stanziati i primi 60 milioni di euro per potenziare proprio le bonifiche, i monitoraggi e le attività di controllo.
Daniele Gizzi, presidente dell’Albo nazionale Gestori Ambientali, fornisce in un’altra intervista il lato digitale della vicenda, illustrando come, tramite unl’app scaricabile gratuitamente, le imprese possano generare un QR code contenente tutti gli estremi della propria autorizzazione e gli enti di controllo, inquadrando il QR Code dalla stessa app o mettendo a fuoco le targhe di un veicolo, possano recuperare in tempo reale tutte le informazioni che lo riguardano. E non è fantascienza! Pensate che questo QR Code già oggi è utilizzato dal 37% delle imprese pari a un parco veicolare di circa il 60% dei mezzi registrati all’Albo. 
Ma se qualcuno per una qualche ragione non fosse interessato ai rifiuti, può consolarsi con alcuni numeri disarmanti sulla responsabilità condivisa, utili a scoprire come il coinvolgimento della committenza rispetto a infrazioni registrate su strada sia letteralmente irrisorio: nel 6% dei casi rispetto alle sanzioni per sovraccarico, nello 0,6% in quelle derivanti da violazione dei tempi di guida e di riposo. Sì, certo, qualche dubbio che il sistema disegnato dalla riforma del 2005 non funzionasse ce l’avevate. Però, vedere che il suo fallimento su questo punto è sancito da percentuali «zero virgola», fa comunque molto male.
L’ultimo numero che raccontiamo è stato raccolto dalla nostra serie podcast dedicata all’alimentazione degli autisti e intitolata «Un lavoro da fame». Ricorda che le logiche della compensazione non funzionano soltanto nel trasporto rifiuti (ciò che togli dalle discariche va a far accrescere le percentuali di riciclo), ma anche nel corpo umano. E siccome gli autisti dormono molto poconell’80% dei casi meno di 6 ore – nel corso della giornata, poi, devono compensare questa stanchezza fisica e mentale tramite il cibo. Sì, certo bene, anche su questo avevate percezione che accadesse. Ma ora sappiate che 38 autisti su 100 ammettono di mangiare di più quando sono stanchi. E conoscere aiuta a capire e magari a reagire.

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