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Il divorzio non consensuale tra vettore e committente

Cosa succede se un committente, dopo anni di rapporto consolidato, decide all’improvviso di ridurmi drasticamente i viaggi? Capisco che ognuno è libero di cambiare i propri fornitori, però se un vettore effettua le stesse tratte per più di dieci anni, credo gli sia dovuta per lo meno una preventiva comunicazione scritta. Chiarisco che il «divorzio commerciale» di cui parlo risale all’ottobre 2019. Con il Covid-19, quindi, non c’entra niente.
Giovanni P_Salerno

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Il rapporto tra cliente e fornitore di servizi di trasporto è spesso caratterizzato da fidelizzazione. Tuttavia, al di là delle aspettative, non è detto che sia per sempre. Anche se, rispetto alla condotta descritta nel quesito, costante giurisprudenza sostiene che il diritto al recesso debba essere esercitato osservando i principi di correttezza e buona fede contrattuale (artt. 1175 e 1375 c.c.). La Cassazione parla, in tal senso, di «buona fede oggettiva», cioè della reciproca lealtà di condotta che deve accompagnare il contratto – dalla formazione all’esecuzione, fino alla cessazione – nell’ottica di un bilanciamento di interessi contrapposti. Laddove, in un caso specifico, la violazione di lealtà sia tale da costituire di per sé un inadempimento, allora potrebbe anche sorgere un obbligo di risarcire i danni procurati al fornitore “lasciato” (da ultimo Cass. civ. Sez. III, Sent., 18.09.2009, n. 20106 o anche S.U. 15.11.2007 n. 23726).

La necessità di rispettare tali criteri esiste anche quando sia pattuita la facoltà per una delle parti di esercitare il recesso ad nutum, cioè all’improvviso. Per esempio, si è ritenuto illegittimo, pur se contrattualmente previsto, il recesso del contraente totalmente svincolato da una giusta causa (Cass. 9321/2000). Secondo la Cassazione le parti possono prevedere un’ipotesi di recesso senza giusta causa, ma tale recesso diventa illegittimo se assume connotati imprevisti e arbitrari, tali da contrastare con la ragionevole aspettativa di chi, in base ai comportamenti usualmente tenuti e alla normalità commerciale dei rapporti, abbia confidato di proseguire il rapporto. Tutto ciò vale a maggior ragione quando il rapporto contrattuale ha durata indeterminata e si protrae per anni, magari con volumi e fatturato crescenti e con conseguente obbligo del vettore di approntare adeguate risorse di personale, spazi e mezzi per svolgere i servizi richiesti. In tali casi, la parte che intende recedere dal rapporto deve formalizzare la decisione con congruo preavviso, da individuare in base alla durata pregressa e alla rilevanza del rapporto. Nel quesito sottoposto, quindi, si ritiene che il committente avrebbe dovuto comunicare la propria intenzione di cessare la collaborazione garantendo un preavviso di durata proporzionale alla durata del rapporto commerciale bruscamente interrotto.

Alla luce di tali circostanze, a meno che il contratto stipulato in forma scritta non contempli tutele specifiche, il committente è sicuramente in condizione di conoscere i gravi danni che l’improvvisa cessazione del rapporto, senza preavviso, possa causare all’operatore prescelto fino ad allora in via pressoché esclusiva; la progressiva crescita del fatturato, infatti, può suscitare nell’operatore il legittimo affidamento nella continuazione del rapporto anche negli anni a venire e, in ogni caso, fa sorgere in capo al cliente il dovere di rispettare i criteri di buona fede e leale collaborazione, nell’ipotesi in cui decida di interrompere il rapporto. Sorge, così, il diritto (non codificato) del “congruo preavviso”, con cui l’operatore è messo in condizione di riorganizzare la propria attività, convertendo magari i viaggi in altre tratte (nel caso del vettore) o adattando gli spazi dei magazzini in base alle mutate esigenze o recedendo da contratti di locazione dei magazzini stessi (nel caso dell’operatore logistico).

Il committente avrebbe dovuto comunicare la propria intenzione di cessare la collaborazione garantendo un preavviso di durata proporzionale alla durata del rapporto commerciale bruscamente interrotto     

Il Covid-19, però, cambia la prospettiva e gli equilibri contrattuali vacillano a causa di eventi che possono costituire cause di forza maggiore e quindi escludere ipotesi di responsabilità (l’art. 91 del DL18/2020 Cura Italia, convertito in L. n. 27/2020, prevede che il rispetto delle misure di contenimento sia valutato ai sensi degli artt. 1218 e 1223 c.c., ai fini dell’esclusione della responsabilità del debitore). Pertanto, ogni richiesta risarcitoria, nella fase attuale, potrebbe risultare molto ridimensionata, ma solo se strettamente connessa (pure temporalmente) alla pandemia. Anche se ciò non legittima comunque distorsioni interpretative a uso e consumo di chi assuma condotte contrarie ai principi di correttezza.

Barbara Michini
Barbara Michini
Avvocato specializzato in trasporti
Scrivete a Barbara Michini: legalmente@uominietrasporti.it

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