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Logistica, la ricerca della legalità

Sono anni che la logistica, e in particolare quella che si muove all’interno dei magazzini di distribuzione, vive in una terra di nessuno, interessata soltanto a comprimere i costi, sacrificando le tutele di chi lavora. Poi un giorno accade un fatto increscioso, un giovane autista con il proprio camion investe e uccide un sindacalista nel corso di una manifestazione, e all’improvviso tutti scoprono l’urgenza di regolare il settore. Ma all’atto pratico, secondo lei, da dove bisognerebbe partire?
Domenico F_Reggio Emilia

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Al di là degli eventi, anche tragici, verificatisi negli ultimi mesi, il tema del lavoro e della legalità nel sistema logistico merita una riflessione approfondita, anche per una serie di casi limite ai quali dovrebbero porre maggiore attenzione le autorità pubbliche chiamate a regolare e controllare il settore.

La richiesta dello stesso Presidente del Consiglio, di «far luce» sulle cause di certi episodi, fa il paio con la necessità di «mettere un faro sul settore» per tutelare anche le imprese regolari, evocata da uno dei principali sindacati dei lavoratori: occorre provvedere con sollecitudine, se si vuole evitare che prevalga il criterio del massimo ribasso del prezzo del servizio, in dispregio della sicurezza e delle regole sulla responsabilità condivisa fra vettore e committente.

Si tratta, infatti, di assicurare trasparenza e corretto esercizio della libertà di concorrenza, da un lato contrastando fenomeni di sfruttamento che talvolta sfiorano il caporalato e non rispettano le clausole – finanziarie e normative – del CCNL di categoria e, dall’altro, evitando luoghi comuni e generalizzazioni improprie, che penalizzano le imprese regolari, con particolare riguardo a quelle organizzate in forma consortile o cooperativa, che nascono proprio per ottimizzare e meglio distribuire il lavoro e i servizi logistici svolti.

Le recenti polemiche, che hanno visto su fronti contrapposti schieramenti associativi portatori di interessi economici, non avrebbero in realtà ragion d’essere, se fossero basate su onestà intellettuale piuttosto che su pensieri di retroguardia e di tutela delle proprie posizioni di vantaggio all’interno del sistema: non ha senso negare l’esistenza del problema, come non ha senso affermare che tutto il sistema logistico sia marcio.

Uscire da questa contrapposizione significa prima di tutto rinunciare a quelle posizioni, in favore di un serio e articolato confronto fra tutti gli stakeholders, dal committente/destinatario all’ultimo vettore/distributore (come del resto auspicato anche dal vertice di un’importante associazione di logistica), per arrivare alla sintesi e alla condivisione di alcuni parametri fondamentali in tema di sicurezza (stradale e sociale), di innovazione tecnologica, di digitalizzazione e di transizione energetica. Infatti, per essere realmente efficaci, i correttivi volti a superare, o quanto meno attenuare, fenomeni al limite della legalità vanno ricercati e individuati all’interno del sistema, con il concorso di tutti i soggetti coinvolti. E anche a livello politico, si parla ormai di ricostruzione condivisa del settore logistico, in quanto strategico per il Paese, puntando, fra l’altro, su formazione dei lavoratori e adeguati interventi sulle infrastrutture, ivi comprese le aree di sosta sicure.

Una buona base di partenza potrebbe essere l’attuazione del Regolamento (UE) 2020/1055 del 20 luglio 2020, per la parte relativa all’esercizio della professione di autotrasportatore che, nell’intento di contrastare le “società di comodo” rafforzando il requisito dello stabilimento nelle Stato ove le imprese svolgono la loro attività di trasporto, prevede che, per soddisfare tale requisito, l’impresa interessata disponga, tra l’altro, su base continuativa, di un numero di veicoli di cui sia stato autorizzato l’utilizzo in conformità della normativa dello Stato membro e di un numero di conducenti che hanno normalmente come base una sede di attività nello stesso Stato. In entrambi i casi, tale numero deve essere proporzionato al volume delle operazioni di trasporto effettuate dall’impresa.

Si tratta di una disposizione di notevole importanza per la verifica di regolarità delle imprese di autotrasporto, che potrebbe avere riflessi anche sull’attività di subvezione, ma che non sembra sia stata ancora presa in considerazione nel nostro Paese. Infatti, a quanto risulterebbe, al momento solo la Francia vi avrebbe dato concreta attuazione, fissando al 15% la proporzione richiesta dalla previsione regolamentare europea. Pertanto, aprire un tavolo di confronto su questo tema sarebbe certamente di grande utilità, anche per rispettare il termine del 21 febbraio 2022, dal quale decorre l’applicazione del Regolamento 2020/1055.

«Una buona base di partenza è dare attuazione del Regolamento (UE) 2020/1055 del 20 luglio 2020, nella parte prevede che, per soddisfare il requisito di stabilimento, l’impresa interessata disponga di un numero di veicoli e di un numero di conducenti proporzionato al volume delle operazioni di trasporto effettuate dall’impresa»

Clara Ricozzi
Clara Ricozzi
ex direttore di dipartimento c/o ministero Trasporti
Scrivete a Clara Ricozzi: ministerieco@uominietrasporti.it

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