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La visione di Dario Albano, DG Vans Mercedes-Benz Italia. Il fondo etico del noleggio

Sbaglia chi acquista un veicolo elettrico in epoca di transizione tecnologica. Perché corre il rischio di dover gestire il problema della rivendita. Tanto meglio rimetterlo nelle mani della casa costruttrice che in tal senso ha un vero e proprio vincolo morale. È l’approccio cristallino espresso da Dario Albano in questa intervista, in cui non risparmia nemmeno il pay-per-use. «Perché – fa notare – un veicolo, anche se fermo, genera costi. E da qualche parte bisogna ribaltarli»

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Etico. Quando Dario Albano, direttore generale Vans di Mercedes-Benz Italia, parla dell’obbligo che ha una casa costruttrice di gestire la rivendita di un veicolo elettrico in una fase di transizione, tecnologicamente accelerata, lo definisce così: «etico». «Io stesso – puntualizza – quando parlo con i clienti li invito a non ricorrere a formule finanziarie che permettano di ritirare il mezzo. Perché è un errore, giacché la tecnologia è appena iniziata e quindi, ciclo di vita dopo ciclo di vita (vale a dire dopo circa 36-48 mesi), automaticamente subentra quella successiva. E gestire singolarmente un veicolo elettrico di proprietà, espressione di una generazione precedente, è più complesso rispetto all’endotermico. Conviene farlo fare alle case costruttrici».

E in che modo un costruttore potrebbe rendere profittevole una tale attività?
Faccio un esempio. Se un cliente acquista con un finanziamento un veicolo elettrico con 150 km di autonomia, si troverà dopo quattro anni ad assistere all’uscita di una nuova generazione, più evoluta a livello telematico e con un’autonomia di 400 km. Se singolarmente intendesse cercare qualcuno interessato a una macchina del genere farebbe molto fatica e, se anche lo trovasse, riuscirebbe a venderla a un valore basso. La casa, invece, può destinare questi veicoli usati a una tipologia di clienti che, magari, quattro anni prima non erano ancora interessati all’elettrico, ma adesso lo sono. Per la semplice ragione che lo pagherebbero un prezzo più basso rispetto a quello dei veicoli da 400 km, di cui peraltro possono non aver bisogno, perché ne percorrono in città 70-80. Quella macchina, quindi, risponde alle loro esigenze: è 100% elettrica e consente l’accesso ai centri cittadini senza sottostare a quei divieti che si troverebbero davanti se si orientassero su un mezzo endotermico. Per noi trovare questi clienti è più facile che per il singolo.

Quanto del vostro immatricolato prende la strada del noleggio?
Tantissimo, sopra al 50%, a maggior ragione se, accanto al noleggio inseriamo quella forma di leasing che assomiglia al noleggio e che di fatto lo è, visto i servizi che garantisce, ma dal punto di vista fiscale è più conveniente qualificarlo come leasing. Questo in generale. I veicoli elettrici immatricolati, invece, sono noleggiati nel 100% dei casi. E non soltanto per quanto detto in precedenza, ma anche perché il cliente dell’elettrico è più evoluto e, se dal punto di vista tecnologico si orienta in modo innovativo, anche dal punto di vista finanziario cerca formule più evolute.

Ma perché il noleggio attrae così tanto?
Perché con il noleggio un’azienda, a cui oggi serve avere sempre meno variabili e sempre più pianificazione, può contare su un costo fisso e sapere quanto spende e quanto rende ogni singolo veicolo. E forse, anche perché sa che questo costo non è superiore rispetto alla gestione di un veicolo di proprietà, gravato da oneri relativi ad assicurazione, bollo, manutenzione, cambio gomme, ecc. E poi, come detto, perché si solleva dalla rivendita dei mezzi, operazione che in ogni caso, anche oltre l’elettrico, se gestita in modo diretto porterebbe a perdere soldi a chi svolge un altro lavoro.

Anche voi siete attori di questo mercato?
Non direttamente come business unit Vans, ma tramite due captive interne al gruppo, una che si occupa di leasing e finanziamenti (Mercedes-Benz Financial Service) e l’altra concentrata sul noleggio (Mercedes-Benz Lease), esclusivamente di nostri prodotti. Poi c’è una collaborazione con Athlon, che è parte di una compagine societaria riferibile a Mercedes, ma è come se fosse esterna, tant’è che in portafoglio dispone di tutti i marchi e quindi viene trattata al pari di altre società di noleggio esterne.

All’interno della rete esistono concessionarie che noleggiano per proprio conto?
C’è di tutto. C’è chi fa da broker per altre società di noleggio diverse dalle captive del gruppo e chi, invece, ha una propria società di noleggio. E l’interesse non deriva soltanto dal fatto di aver capito che è un business profittevole, ma perché si rendono conto che curare la manutenzione di un mezzo, coltivare una conoscenza sul suo ciclo di vita, genera un’opportunità sul fronte dell’usato. Infine, ci sono ex venditori di nostre concessionarie che fanno da broker a tutto campo: vanno dai clienti, richiedono loro quali esigenze hanno e, essendo ben consolidati, gli procurano i veicoli da dealer di qualsiasi marca. E questo meccanismo funziona soprattutto quando il cliente necessita di veicoli allestiti.

La formula del pay-per-use è un’evoluzione all’interno del noleggio?
Non credo sia molto strutturata nel mondo dei van. Di fatto dovrebbe servire a chi ha una flotta in parco e, in caso di picchi, ha bisogno di qualche veicolo in più, li prende per un po’ e poi li paga, oppure ne prende uno in maniera continuativa e ne paga in un secondo momento soltanto l’utilizzo reale. Ma quanto avviene è nebuloso, soprattutto sul fronte dei costi. Mi spiego: il pay-per-use tende a far risparmiare il cliente, perché quando non usa il veicolo non lo paga. Ma se lo usa con continuità non gli conviene più e allora tanto vale noleggiare a lungo termine. Certo, la flessibilità della formula reca vantaggio a chi utilizza il mezzo in modo estemporaneo oppure con picchi in alto e in basso. Ma i nostri clienti beneficiano tutti di continuità. Senza considerare che ci sono società di noleggio a breve termine, affacciate da tempo sul mondo dei van, che con tale offerta compensano l’estemporaneità del tipo di utilizzo. Forse sull’assicurazione funziona meglio, perché lì se il veicolo è fermo non può fare incidenti. Ma nel noleggio il veicolo presenta comunque dei costi, anche se rimane fermo. E da qualche parte vanno ribaltati.

Il noleggio, oltre che funzionale a dinamiche economiche, non potrebbe essere anche l’espressione di un’«era dell’accesso», in cui si relativizza la proprietà?
Sicuramente. E la si coglie anche dalla disaffezione verso la macchina. La mia generazione provava un senso di libertà nell’avere un’auto a 18-20 anni; per i ragazzi di oggi è una modalità di trasporto, al pari di un monopattino, di una bicicletta, di un aereo: l’importante è che conduca in tempi brevi e con costi equilibrati da un posto all’altro. Il senso di libertà non lo si cerca all’esterno, ma è intrinseco o almeno così viene presunto. E domani, quando ci sarà la guida autonoma il distacco dal mezzo sarà ancora maggiore, perché scomparirà anche un possibile legame con la guida e con le emozioni che un tempo riusciva a trasmettere.

La connettività fornisce più frecce all’arco dell’elettrico?
Li fornisce a tutti i veicoli. A tutti cioè consente un continuo collegamento della macchina con il mondo post vendita Mercedes-Benz, rappresentato dai dealer, sotto forma di un anticipo del momento in cui effettuare il tagliando, di check del veicolo effettuato per anticipare possibili problemi e permettere al cliente di fermare la macchina per tempo e recarsi presso una concessionaria, invece che rimanere in panne di notte. La sfida è di ritagliare sulle esigenze del cliente questo mondo di servizi collegato al veicolo. E lì che si va organizzando il post vendita per fasce orarie, la manutenzione direttamente presso il cliente, la fornitura di un veicolo sostitutivo durante il tagliando in modo da non interrompere il suo lavoro. In genere, tutte queste formule vengono riferite concettualmente al noleggio, anche se di fatto sono qualcosa di più. Esprimono la tendenza a garantire al cliente, indipendentemente dal fatto che sia o meno proprietario del veicolo, un programma personalizzato di mobilità tarato sulle sue esigenze specifiche.

L’elettrico è l’espressione di una transizione ancora priva di mercato: è possibile che i costi necessari al suo sviluppo siano stati in parte trasferiti sui prezzi dei veicoli endotermici?
Il prezzo dell’endotermico, in tutto l’automotive, dalle vetture fino ai truck, è aumentato per altri fattori. C’è stato un altissimo livello inflattivo, un raddoppio dei costi della logistica, condizionamenti geopolitici e, non da ultimo, una diversa valutazione del prezzo netto, vale a dire la differenza tra il prezzo di listino e lo sconto disponibile a farsi. Questo sconto negli ultimi anni è diminuito perché, in presenza di una domanda superiore all’offerta, generata da ritardi produttivi, da mancanza di componentistica e dagli altri fattori ricordati, il mercato è diventato push piuttosto che pull e le regole le hanno fatte le Case costruttrici perché i clienti avevano bisogno di veicoli che i concessionari non avevano.Poi è vero che in questa fase l’elettrico sia meno profittevole dell’endotermico. Però siamo in una fase di evoluzione. In Italia, per esempio, stanno entrando gli incentivi e sembrano in grado di imprimere una forte spinta alle immatricolazioni, contrariamente a quanto avvenuto in passato, quando la stessa misura appariva piuttosto un disincentivo, visto che mancava sempre un pezzo per poterlo ottenere. Prova ne sia che i soldi non sono stati spesi.

Queste dinamiche di prezzo sono già alle spalle?
Sicuramente i tempi di consegna oggi sono più ragionevoli e anche il livello di prezzi inizia a essere rivisto. È sulla base di questa maggiore disponibilità di prodotto e dall’analisi positiva del mercato italiano che noi pianifichiamo una crescita importante rispetto all’anno scorso.

Abbiamo fatto riferimento più volte alle transizioni. Spesso quelle tecnologiche fanno male soprattutto a chi, produttore leader in una stagione, fatica ad adattarsi ai cambiamenti in corso in quella successiva. Penso al passaggio dalla tv a tubo catodico a quella digitale…
Sono d’accordo, ma Mercedes-Benz non fatica ad adattarsi. Anzi è pioneristica. Prova ne sia che sta rivedendo il modello distributivo e passerà, in circa un anno e mezzo, dall’attuale gestione, a una in cui tutti diventeranno agenti. Siamo i primi ad attuare una rivoluzione di questo tipo, che costituisce un’occasione essenziale per le case costruttrici per entrare in rapporto diretto con il cliente. Questo è il futuro ed è possibile oggi perché la tecnologia offre gli strumenti necessari. Poi l’agente giocherà comunque un ruolo fondamentale, quello del contatto umano e del dialogo one-to-one. Ma non si può contare solo su quello e chi ragiona su altri fronti credo sarà premiato.

È vero che i van più grandi stanno aggredendo gli altri segmenti?
È vero che il segmento dei large van, quello dello Sprinter, è cresciuto, così come è diminuito quello degli small, attestato fino a qualche anno fa al 50% e ora contenuto intorno al 35%. Dietro a questo maggior favore verso i veicoli più grandi ci sono tanti fattori, compreso l’aumento del commercio elettronico e la necessità di organizzare una distribuzione capillare di tanti pacchi di diverse dimensioni fino all’acquirente finale. E riuscire a condensare tutto in una missione, sfruttando i maggiori spazi a disposizione di un veicolo large, evita di effettuarne una seconda e rende tutto più profittevole.

Lo sharing ha senso come alternativa al noleggio?
Non vedo una grande spinta. Anche se, analizzando le dinamiche di accesso nei centri cittadini, mi sto convincendo che lo sharing possa fornire una mano importante sia nel campo del trasporto merci che in quello persone. Penso in particolare allo spazio che si potrebbe creare, proprio ai fini dell’accesso in aree urbane, tra autobus e taxi, in quanto lo sharing potrebbe garantire condivisione e capillarità nel raggiungimento di singole destinazioni.

Daniele Di Ubaldo
Daniele Di Ubaldo
Direttore responsabile di Uomini e Trasporti

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