Chiariamo subito un concetto: Interservice non è propriamente un’officina. O, per meglio dire, tra questa realtà trentina e una tradizionale struttura assistenziale corre la stessa differenza esistente, nel calcio, tra un giocatore di serie A e un frequentatore di un campo dell’oratorio. La diversità, cioè, è tutta nelle dimensioni. Anche se grandi – in natura, come in economia – non si nasce, ma si diventa.
E questa struttura, come ricorda Eduardo Maurelli, membro del board dell’omonimo Gruppo, «dopo essere nata a Trento nel 2011, inizialmente ha camminato in modo lento e tortuoso». Il perché lo spiega in modo trasparente: «Il nostro core business era il mercato dei ricambi e quindi un canale assistenziale serviva a completare l’offerta di prodotto, includendo i ricambi originali». Poi, però, le potenzialità di Interservice sono emerse progressivamente e sono diventate per il Gruppo Maurelli uno strumento con cui marcare la differenza rispetto ai concorrenti.
Da lì in poi la struttura ha iniziato a correre, anche se «a imprimerle una decisa accelerazione – prosegue Maurelli – «sono stati gli ingressi in azienda prima, nel 2017, di Fabio Marino, attualmente CEO della società, e poi, nel 2019, di Marco Campari, oggi Direttore Generale». La velocità di questa accelerazione emerge dai numeri: «Dal 2019 ad oggi – calcola Marino – i volumi sono più che triplicati: il fatturato, partito da 15 milioni, ha raggiunto nel 2024 i 47,5, mentre i dipendenti da 58 sono diventati 210».

La moltiplicazione delle sedi
Detta così sembra un piccolo miracolo. In realtà siamo davanti all’applicazione di una legge aritmetica. In Interservice, infatti, hanno individuato quattro fattori di moltiplicazione dell’attività e in qualche anno li hanno messi in colonna.
Il primo fattore è il territorio: se fino al 2019 l’unica sede era quella di Trento, oggi, con le aperture a Reggio Emilia, Novara, Milano, Bolzano e Parma (con una sede provvisoria) ce ne sono sei.
Elettrico e idrogeno, una parte del presente
Il secondo fattore riguarda la tipologia dei veicoli sottoposti ad assistenza. «Fino al 2019 – riprende il CEO – i truck e i veicoli leggeri assorbivano il 100% dell’attività. Oggi, invece, il 45% del fatturato proviene dai segmenti del bus e del ferroviario». Manca un 5% legato alla rigenerazione, ma ne parleremo oltre. Per ora concentriamoci sui bus perché questo segmento, oltre a essere quello dallo sviluppo più rapido, è anche stato in grado di imprimere all’attività di Interservice un’impronta fortemente innovativa, facendola accedere nell’universo delle alimentazioni green. Prova ne sia che attualmente, sottolinea Campari, «gestiamo 600 autobus elettrici e probabilmente questo numero rappresenta un primato continentale».
A renderlo possibile sono state le relazioni con tante società di trasporto pubblico del Centro-Nord, da Trentino Trasporti a Sasa Bolzano, da Seta (Modena, Reggio Emilia e Piacenza) a Tep (Parma), da Start Romagna ad ATB di Bergamo. Anche se le soddisfazioni principali arrivano da Milano e Bologna, perché se «la ATM – prosegue il Direttore – è il nostro principale cliente con più di 350 bus elettrici, la Tper è quello più all’avanguardia, perché i nostri servizi sono destinati a una flotta di 137 veicoli a idrogeno, la più grande d’Europa con questo tipo di alimentazione».

Nulla avviene per caso
Se oggi Interservice lavora con alimentazioni che i più giudicano come un futuro lontano, è perché a Trento, anche grazie alle sinergie garantite dal Gruppo Maurelli, hanno avuto la determinazione e un «pizzico di follia» – aggiunge Marino – per investire quando la domanda era inesistente.
«Abbiamo formato il personale ad assistere i mezzi elettrici – chiarisce l’amministratore – e acquistato per ogni sede 70-80 mila euro di attrezzature per la manutenzione di questa alimentazione quando il circolante non raggiungeva i 4 veicoli. Oggi possiamo dire di aver fatto bene».
I tre piani di clientela
Il terzo fattore di moltiplicazione riguarda la clientela. Anzi, sarebbe meglio dire «le clientele», visto che sono tante e diverse. Innanzitutto, c’è quella espressa dalle aziende di trasporto, che sempre più spesso sottoscrivono contratti di manutenzione e riparazione con le case costruttrici per cristallizzare le tariffe degli interventi assistenziali e così si fidelizzano alla rete della casa stessa. Tutti processi che Interservice riesce a intercettare avendo ottenuto decine di mandati da parte di costruttori di truck (Mercedes-Benz, MAN, DAF, Ford Trucks, Isuzu, Ford), di autobus (Solaris, Neoplan, Karsan, OMNIplus, Otokar, VanHool, MAN, Hübner), di mezzi ferroviari (Hübner). Per il futuro c’è la possibilità concreta di espandersi fuori dall’Italia sia nel mondo dei bus, sia in quello ferroviario.
La seconda tipologia di clientela è figlia del posizionamento territoriale della struttura. Il casello di Trento Nord, infatti, dista poche centinaia di metri dalla sede della mega-officina ed è a poco più di cento chilometri dal Brennero. Da qui, per anni, in Interservice hanno visto transitare migliaia di veicoli provenienti da altri Paesi. Poi un giorno hanno ben pensato di andare alla fonte – come spiega Maurelli – «per stringere relazioni dirette con le principali flotte in Europa e diventare l’officina di riferimento a livello continentale di realtà del calibro della lituana Girteka. Così, oggi, il 50% dei clienti truck è straniero. D’altra parte, queste flotte con migliaia di veicoli che si muovono attraverso diversi Stati chiedono assistenza dove trovano il servizio migliore, perché per loro fermarsi a Innsbruck, a Trento o a Verona, non cambia nulla».
Precisazione importante: in Interservice la qualità non si esprime soltanto tramite i servizi al veicolo, ma anche con quelli dedicati alla persona. Lo si capisce perché a Trento ci sono ampi spazi per gli autisti, dotati di docce, lavatrice, asciugatrice, mensa. In più tutti gli accettatori parlano tante lingue, comprese quelle dell’Est.

Il braccio assistenziale dei costruttori
La terza tipologia di clientela ha il volto di quelle case costruttrici che, avendo toccato con mano la capacità di Interservice di gestire l’intera macchina organizzativa che sta dietro a una realtà assistenziale, bussano alla sua porta quando riscontrano l’esigenza di colmare una lacuna all’interno della propria rete o di presidiare maggiormente un’area.
«Nel corso degli anni – spiega Marino – abbiamo intessuto relazioni importanti con diverse case madri. MAN, per esempio, ci ha chiesto di sviluppare per suo conto la rete di officine e insieme abbiamo concordato l’apertura di una filiale a Parma e di una a Genova. E un’operazione analoga l’abbiamo messa in atto in passato con Mercedes-Benz Truck a Novara».
Il crescendo della rigenerazione
Il quarto fattore di moltiplicazione riguarda lo sviluppo di business alternativi, in grado di diversificare l’offerta di ricambi sfruttando i canali manutentivi. L’ultima scommessa si chiama «rigenerazione» ed «è un’attività messa in piedi nella sede di Trento – spiega Maurelli – investendo circa 800 mila euro per creare un’isola robotica in cui ridare nuova vita a cambi e a pinze per freni (queste seconde confezionati a marchio GAM). Il vantaggio deriva dal fatto che il robot può lavorare 24 ore su 24 e farsi carico di circa il 90% del processo rigenerativo di una pinza, comprese quelle lavorazioni che prima erano effettuate manualmente. Così, gli operatori, sollevati dai lavori più logoranti , possono concentrarsi sulle rifiniture del prodotto, lasciando al braccio robotico tutto ciò che concerne la verniciatura, la sabbiatura, il lavaggio, lo stoccaggio».
L’attività, partita un paio di anni fa con un ritmo di neanche 1.000 pinze all’anno, già nel 2024 ha toccato quota 5.000. L’obiettivo è di raddoppiare questo numero entro il 2026, di allargare il perimetro della revisione dei cambi contemplando anche quelli automatici, di intensificare l’attività di revisione dei motori, concentrata a Reggio Emilia nel settore ferroviario e di tentare di rigenerare anche la componentistica legata al mondo dell’elettrico, come le batterie o gli accumulatori.

Il calendario del futuro
Fin dove si spingerà l’effetto moltiplicatore di tutti questi fattori è difficile dirlo. In Interservice, intanto, si pongono obiettivi e, guardando ai prossimi quattro anni – ci confida il CEO – «vogliamo arrivare a dieci officine, partendo con quella di Parma nel quarto trimestre 2025, proseguendo con quella di Genova verso fine 2025 e aprendo una nuova realtà a Bologna entro il 2026. In questo modo prevediamo che il fatturato arrivi a 80 milioni, mentre i dipendenti dovrebbero diventare 300». Sulla carta, stando ai lamenti provenienti dal mercato, proprio quest’ultimo obiettivo potrebbe rivelarsi impegnativo.
Ma in Interservice registrano segnali in controtendenza: «Al momento attuale – ci confida Campari – non facciamo molta fatica a trovare personale. A Bologna, per esempio, prima ancora di iniziare l’attività avevamo già assunto cinque tecnici. Ma in generale ci arrivano tante candidature: due sono arrivate anche stamattina». Il segreto di questa anti ciclicità sta tutto nel metodo. «Facciamo tantissimo per fare in modo che i dipendenti stiano bene sul posto di lavoro – spiega Marino – così da suscitare in loro un attaccamento all’azienda. Gli orari sono eloquenti: da noi il lavoro dura otto ore; alle 5 del pomeriggio la giornata è terminata. In questo modo mettiamo le persone in condizione di trovare un migliore equilibrio tra tempo lavorativo e tempo privato, esigenza emersa con forza dopo la stagione del Covid, in particolare tra i giovani. E i nostri dipendenti sono molto giovani: l’età media è al di sotto dei 40 anni, ma tende a scendere con i nuovi arrivi. A Reggio Emilia non si va oltre i 32-33 anni».
E che il benessere dei dipendenti migliori l’attività lavorativa, rendendola più efficiente, lo dimostrano i fatti. «A Trento, nei primi anni di attività – ricorda Maurelli – l’officina lavorava su due turni, spesso si tirava fino a mezzanotte, eppure perdevamo un sacco di soldi. Oggi chiudiamo alle cinque e ne guadagniamo». Meglio non si poteva dire.