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10 miliardi di euro: il regalo della nostra industria ai trasportatori stranieri

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Siamo dipendenti dai trasportatori stranieri. Una dipendenza nefasta, soprattutto perché costosa: pensate che per trasportare i propri prodotti la nostra economia “regala” a operatori stranieri una decina di miliardi. Come paese, cioè, riusciamo finalmente a registrare un surplus commerciale, ma poi per la nostra inefficienza nei trasporti almeno un quinto lo facciamo “evaporare”. I dati delle Nazioni Unite presentati la scorsa settimana a Roma dall’assemblea di Federagenti lo dicono senza mezzi termini: l’Italia regala gran parte del suo fatturato trasporti a operatori esteri. Nel 2005 esportava quasi 15 miliardi di euro di servizi di trasporto e ne importava 21,5 miliardi. Nel 2015 le esportazioni e quindi la capacità degli operatori italiani di penetrare altri mercati è calata a 14,5 miliardi, mentre le importazioni sono balzate a 24,3 miliardi. In mezzo “ballano” appunto quei 10 miliardi regalati.

Gli altri paesi si comportano in modo un po’ diverso. L’Olanda, per esempio, dispone di una bilancia commerciale dei trasporti che registra un attivo di 15 miliardi. La Germania, invece, a un’analisi superficiale sembrerebbe in una condizione simile alla nostra, con uno squilibrio analogo cioè nella bilancia-trasporti (circa 10 miliardi), ma in realtà la logistica tedesca riesce a creare un’occupazione nel settore che è la nostra moltiplicata per quattro.

Se questa è la situazione attuale, il futuro non appare certo roseo. Per la semplice ragione che, in particolare nel trasporto container, il commercio mondiale rallenta, mentre si assiste a una concentrazione degli operatori che spesso nasconde strategie dirigistiche dei governi.

I casi al riguardo non mancano. Il presidente di Federagenti, Gian Enzo Duci, ha menzionato, rispetto ai trasporti terrestri, il caso della Svizzera e di Alptransit o, rispetto ai trasporti marittimi, il caso della Cina che con la strategia One belt One road.

Per riuscire a reagire l’Italia non ha che una strada: presentarsi come sistema perché  un mercato che per l’ennesima volta – ha sottolineato Duci – propone opportunità irripetibili. Al riguardo il presidente di Federagenti ha citato uno studio MDS da cui emergono eccezionali opportunità per il Mediterraneo. I numeri parlano da soli. Una spedizione di un container via Trieste per il Far East che fino a pochi anni fa costava 158 dollari in più rispetto alla spedizione via Rotterdam, adesso, in base agli assetti e alle alleanze previsti per il 2017, Trieste sarebbe per la Baviera più conveniente di ben 380 dollari.

Ma per creare quella rete in grado di far competere la nostra portualità con i giganti cinesi e coreani del trasporto mondiale c’è bisogno di aggregazione . E a questo scopo – ha sottolineato il presidente di Conftrasporto e vicepresidente di Confcommercio Paolo Uggè, tra i relatori dell’assemblea – «la riforma dei porti può rappresentare un ottimo punto di partenza verso opportunità di crescita e competitività».

«Oggi dobbiamo confrontarci – ha spiegato Uggè – con tre grandi questioni: il raddoppio del canale di Suez, la Via della seta, che apre un capitolo anche sul trasporto ferroviario (in 15 giorni le merci arrivano dalla Cina all’Europa del Nord), e il Gottardo, che ci pone in una condizione di indispensabile intervento rapido sul fronte dell’intermodalità. Se non si fa presto, l’idea del Corridoio 24 rischia di vedere invertita l’originaria rotta».

Paolo Uggè, ha infine invocato un recupero del valore della politica dei trasporti, magari attraverso la ricostituzione della Consulta del trasporto e della logistica con il compito di effettuare operazioni di interconnessione tra le diverse realtà del settore.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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