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Affinita: «I porti italiani devono diventare imprese logistiche»

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Siamo un paese di navigatori, affacciato sul mare per circa settemila chilometri, ma non siamo ancora riusciti a sviluppare al riguardo una politica efficiente, che renda i porti un’autentica ricchezza e un volano di sviluppo del paese. Per quale ragione? Ha risposto molto bene Tommaso Affinita, amministratore delegato di RAM, intervenendo alla XVI Euromed Convention, appuntamento in calendario dal 4 al 7 ottobre a Palermo, voluto come ogni anno dal gruppo armatoriale Grimaldi. I porti italiani – ha spiegato Affinita – devono porsi come centri di sviluppo della logistica, allargando i propri orizzonti oltre le banchine e verso i retroporti, i treni e i corridoi nordeuropei e baltici. Insomma, trasformarsi da gestori del demanio a imprese in grado di coordinare il flusso di traffico che dal mare si incanala verso la terraferma.

Le ragioni dell’attuale incapacità in tal senso sono note. I porti italiani sono tanti, troppi e così anche quei 70 milioni frutto dell’1% di gettito garantito loro dalla riforma normativa, diventano una goccia nel mare. Anche per questo Affinita ha definito la riforma del governo un’occasione persa, positiva rispetto alla riduzione delle tempistiche necessarie per approvare i piani regolatori, ma incapace di imprimere un nuovo impulso al sistema.

E che la criticità dei porti risiedano proprio nella difficoltà a integrarsi con le infrastrutture terrestri lo dimostra pure l’esperienza del porto di Civitavecchia, raccontata dal presidente dell’Autorità Portuale, Pasqualino Monti, che puntando su un’intensificazione delle autostrade del mare, si è candidato a diventare lo scalo di riferimento per il mercato laziale e del centro Italia, dopo per aver risolto però le problematiche legate ai raccordi con le altre modalità di trasporto: «non si può pensare, come accade proprio a Civitavecchia – ha detto – di sviluppare le infrastrutture portuali, di avere a disposizione 5 milioni di metri quadrati retroportuali e di rimanere strozzati senza adeguati collegamenti stradali e ferroviari. È necessario un soggetto che possa mettere a sistema la rete infrastrutturale».

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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