La scorsa settimana vi avevamo dato la notizia di un autista di 56 anni che, nei pressi di Pontecurone, era finito fuori strada sulla A21 e un carico di tronchi di pioppo lo aveva schiacciato e ucciso. Ieri pomeriggio, al casello di Tortona della A7, ad appena nove chilometri da Pontecurone, è morto un altro autotrasportatore. Stavolta si tratta di un autotrasportatore artigiano, “padroncino” come si usa dire, che aveva il semirimorchio carico di bottiglie di spumante. Aveva 47 anni e si chiamava Vito Antonio Contento. Di nome e di fatto, verrebbe da dire. Perché tanto si stressava sul lavoro, tanto si rilassava nella vita dilettandosi in cucina e mettendosi al volante, per puro piacere di guida, di auto da rally. Purtroppo, però, ieri pomeriggio tra le 17 e le 17.30, mentre stava uscendo dal casello di Tortona, per ragioni non meglio chiarite Vito Antonio ha perso il controllo del suo veicolo ed è finito fuori strada ribaltadosi su un lato. La cabina, ancora una volta, invece di proteggere l’autista è diventata un ammasso di lamiere taglienti. Così quando i vigili del fuoco con notevole tempestività sono arrivati sul posto hanno estratto in fretta dalla cabina il corpo di Vito Antonio, ma purtroppo era già senza vita.
Di solito, quando si scrivono queste notizie ci si interroga sulle cause che l’hanno determinato. Ma cambiamo per un attimo prospettiva. Quanta gente al volante di un camion muore sulle strade italiane? Per questi avvenimenti qual è la definizione corretta: incidente stradale o incidente sul lavoro? Perché le due situazioni sono completamente diverse: fin quando si ragiona della morte di un uomo che sta lavorando come di un evento determinato dalla strada, è normale che si faccia fatica a capire quanto quell’uomo sia usurato dalla sua occupazione.
Concetti che dovrebbe avere molto chiari chi soltanto ipotizza di far guidare un veicolo pesante fino ai 67 anni.