Esiste la schiavitù in Italia? Ufficialmente no, anzi è un reato punito dall’art. 600 del Codice penale con la reclusione da 8 a 20 anni. Ma certamente le situazioni di sfruttamento umano al limite della fattispecie non sono così rare, basti pensare al caporalato o ad altri episodi in cui il confine tra prestazione lavorativa sottopagata e stato di “servitore della gleba” è veramente sfumato.
Se le accuse venissero confermate, parebbe rientrare in questa drammatica tipologia la vicenda che ha coinvolto gli autotrasportatori che lavoravano per la Plozzer di Lodi Vecchio, azienda di primo piano nella logistica del freddo e dell’alimentare, con oltre 150 dipendenti. La situazione svelata dalle indagini della Guardia di Finanza e della Procura lodigiana, avviate dopo la denuncia di uno dei camionisti dell’impresa, sorpreso durante un controllo su strada in cui erano emerse irregolarità sul rapporto di lavoro, lascia stupefatti per la serie di nefandezze criminali perpetrate dalla proprietà.
I conducenti della Plozzer infatti sarebbero stati obbligati ad accettare condizioni di lavoro massacranti e costretti a stare sulla strada per giorni, senza mai poter riposare o tornare a casa, finendo per dormire poche ore in brandine di fortuna all’interno della ditta. A questo si dovrebbero aggiungere le ferie non pagate o addirittura negate; condizioni di vita e lavoro disumane (in precarie condizioni igieniche, in ambienti degradati e senza le visite mediche obbligatorie); minacce continue di licenziamento da parte degli “sgherri” dell’azienda o degli stessi titolari. Per allungare ancora più la lista dei presunti reati i titolari dell’azienda pare ricorressero anche all’evasione fiscale, quantificata in almeno 60 milioni di euro di fatture false emesse – scalando quote di mercato della Grande distribuzione nazionale e accumulando fondi neri per circa 20 milioni. Secondo gli inquirenti, la famiglia proprietaria dell’azienda avrebbe messo in piedi un sistema a piramide di società ombra per creare le false fatture e per il riciclaggio. Ma la truffa non si fermerebbe qui, visto che, stando sempre alle ricostruzioni degli inquirenti, pare fosse anche diffuso il ricorso a motrici obsolete per truccare più agevolmente i cronotachigrafi, a manutenzioni fasulle (anche se formalmente compiute da officine autorizzate compiacenti) e a contratti dei dipendenti che duravano al massimo tre mesi – ma anche solo 30 giorni – per poterli ricattare più facilmente. Non parliamo poi delle retribuzioni, inferiori a quelle stabilite dal contratto nazionale, mentre lo stipendio sarebbe stato ridotto per ogni giorno di assenza o di ferie.
Una vera e propria associazione a delinquere, dunque, caratterizzata dal fatto che a comandare sarebbe stata in pratica una sola famiglia, ovvero il titolare dell’impero logistico Roberto Plozzer, 62enne di Lecco, ma residente a Miradolo (ora ai domiciliari), l’ex moglie Paola Marchesini e le figlie Sara e Marta, tutte sottoposte a misure cautelari (obbligo della firma), insieme a una quarta persona di cui sono note solo le iniziali, P.G.R., di 41 anni. In totale le persone indagate sono 17 per i reati di associazione a delinquere, sfruttamento del lavoro, estorsione ed evasione fiscale.
In un contesto così agghiacciante i trasportatori sarebbero stati trattati come bestie da soma. Per paura di perdere il posto di lavoro, avrebbero accettato di viaggiare giorno e notte senza mai riposarsi, con turni disumani fino a 18-20 ore continue, utilizzando appunto cronotachigrafi analogici e inserendo più dischi per turno di guida, distruggendoli poi al termine del viaggio. Il tutto avrebbe comportato pesanti ripercussioni sulla sicurezza loro e degli altri utenti della strada. Lo dimostra il fatto che, stando alle statistiche, la ditta lodigiana avrebbe una media-incidenti molto superiore alle dirette concorrenti: 276 casi dal 2011 al 2018, di cui 14 con lesioni gravi. Uno dei camionisti-schiavi nell’ottobre scorso, stremato da turni estenuanti, aveva causato un incidente mortale sul lungolago di Lecco, uccidendo il 70enne insegnante di religione Mario Ronzoni.
Durante l’indagine, denominata “Operazione Spartaco”, i Finanzieri hanno acquisito molte testimonianze da parte di autisti che si erano licenziati e ha raccolto numerose intercettazioni telefoniche e ambientali.
Alcune di queste, contenute in un video diffuso dalla Finanza, riportano frasi che lasciano sbalorditi e amareggiati nel rivelare il marciume all’interno dell’azienda. “Non mi lavo da 48 ore – spiega uno degli autisti anziani, di 75 anni, ad un collega – e da giugno non scendo dal camion, mi sto arrugginendo qua…”, mentre un altro conducente dice di stare male: “Mi stavo addormentando sul volante… non voglio ammazzarmi o ammazzare altra gente». Ma se ci si ribellava si veniva licenziati o addirittura minacciati di conseguenze peggiori. In un’altra intercettazione una delle figlie del proprietario suggerisce per esempio a due fedeli ‘caporali’ di dare una lezione a colleghi che avevano mostrato insofferenza verso i ritmi di lavoro: “Io se fossi in voi andrei ad ammazzarli… ammazzarli di botte”. Parole che non lasciano dubbi di interpretazione, come la terrificante risposta: “Non lo puoi fare… Questo se lo trovi da qualche parte al buio puoi farlo, altrimenti no”.
L’indagine è nata nel 2019, come accennato sopra, dopo il controllo di un autoarticolato della Plozzer da parte delle Fiamme gialle di Lodi. Il cronotachigrafo era stato truccato e l’autotrasportatore si era sfogato con i militari, raccontando le pesanti situazioni di lavoro, accuse poi confermate dalle testimonianze di altri ex autisti che avevano trovato il coraggio di andarsene, e da mesi di intercettazioni telefoniche.
Su richiesta degli inquirenti, il gip di Lodi Francesco Sirchia ha infine disposto il sequestro di beni mobili e immobili della famiglia per 20 milioni di euro, tra cui un centinaio di motrici e rimorchi, quattro appartamenti (uno nelle Marche e tre in Lombardia), auto di lusso e auto d’epoca. In casa di Plozzer sono stati trovati anche 15mila euro in contanti. L’azienda verrà per il momento affidata a un commissario straordinario,nominato dal tribunale di Lodi.
Sulla tremenda vicenda il vicepresidente di Conftrasporto-Confcommercio, Paolo Uggè, ha parlato di episodio “impressionante e gravissimo”, svelando un ulteriore particolare e cioè che i camionisti erano costretti a pagare il loro datore di lavoro (fino a 300 euro al mese) per poter dormire in cabina.
“La Procura di Lodi ha squarciato il velo sulla concorrenza sleale in atto nel nostro Paese da molto, troppo tempo, e contro la quale poco o nulla si sta facendo – ha aggiunto Uggè – Da anni Conftrasporto chiede controlli severi: ci sono tante di quelle imprese che praticano il dumping sociale che ormai si potrebbe parlare di un segreto di Pulcinella. Attraverso lo sfruttamento degli autisti e l’allungamento dei tempi di pagamento, queste realtà, che impiegano perlopiù lavoratori stranieri sottopagati, alterano il mercato penalizzando le aziende che, invece, operano nel rispetto della legge”. Uggè ha concluso auspicando che il ministero dei Trasporti si decida finalmente a emanare i costi minimi di riferimento per le attività di autotrasporto, perché “i controlli e le inchieste sono importanti, ma la prevenzione è indispensabile”.