Ci sono voluti quasi 5 anni, ma alla fine i familiari di Guerino Berghella hanno avuto ragione. Berghella era un giovane autotrasportatore di 31 anni, precipitato il 16 febbraio 2010 col suo camion dal viadotto Brusciano, a poche centinaia di metri dal casello A14 di Ortona, mentre era di ritorno a casa da un viaggio di lavoro a Milano. Un volo terribile di oltre 30 m che non gli aveva lasciato scampo.
Se in sede penale il responsabile di Società Autostrade era stata prosciolto dall’accusa di omicidio colposo, nel processo civile la perizia tecnica disposta dal Tribunale ha invece dimostrato come la morte dell’autotrasportatore fosse stata causata dalla scarsa resistenza del guardrail. «La barriera non era sicura, non era collegata bene al muretto – ha spiegato l’avvocato della famiglia Berghella, Daniela Giancristofaro – e ha avuto l’effetto di un trampolino di lancio, anziché quello di contenere l’urto». Secondo la perizia il guardrail non avrebbe retto l’impatto dei 17 quintali del mezzo pesante, che procedeva a una velocità stimata di 70 chilometri orari. Si tratta di una delle primissime sentenze a pronunciarsi nel merito per simili vicende.
Autostrade aveva cercato di difendersi sostenendo un’ipotetica condotta colposa del camionista (il non rispetto delle ore di riposo, con probabile colpo di sonno), ma il giudice Francesco Turco ha stabilito che questo fatto non avrebbe potuto esimere comunque la Società dalla sua responsabilità, perché si tratta «di un’eventualità che proprio il guardrail deve prevenire».
Ora Autostrade dovrà versare 900 mila euro ai familiari di Guerino. Nel frattempo la società è stata costretta a eseguire lavori di rafforzamento dei guardrail non solo su quel tratto, dove sono avvenuti altri incidenti, ma su tutti i viadotti con guardrail simili a quello di Brusciano, nella speranza che simili tragedie non possano più accadere.