Non basta per rendere legittimo un accertamento il semplice scostamento tra quanto dichiarato e quanto indicato nelle medie del settore, ma servono anche prove ulteriori di altra natura. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza n. 15633/2014 precisando che seppure – come avveniva nel caso di specie – il reddito accertato era stato determinato al ribasso, in ogni caso la Commissione Tributaria della Campania non poteva giudicare fondato il rilievo dell’ufficio soltanto perché esisteva una difformità tra quanto dichiarato e i parametri indicati negli Studi di Settore. Di conseguenza l’accertamento andava annullato per vizio di motivazione. Tale motivazione – ha aggiunto la Cassazione – «non può esaurirsi nel mero rilievo dello scostamento dai parametri, ma deve essere integrata (anche sotto il profilo probatorio) con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio, solo così emergendo la gravità, precisione e concordanza attribuibile alla presunzione basata sui suddetti parametri e la giustificabilità di un onere della prova contraria (ma senza alcuna limitazione di mezzi e di contenuto) a carico del contribuente». Un ragionamento, tratto da una precedente sentenza della Suprema Corte (n. 27822/2013) che deve vale come principio generale «ogni qual volta la motivazione assuma una serie di dati comparativi esterni su cui misurare l’inattendibilità del dato della singola posizione del contribuente».
Cassazione: «Lo scostamento tra quanto dichiarato e gli Studi di Settore non legittima l’accertamento»
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