Che ci sia una qualche connessione tra la via della Seta e l’alta velocità? A pensarla affermativamente è Paolo Uggè, vicepresidente di Conftrasporto-Confcommercio.
Non solo, secondo Uggè ce ne sarebbero diverse. Ed è con questa ipotesi che si inserisce nella questione “TAV-no, TAV-sì”, sottolineando la possibile minaccia da parte della Cina verso l’economia del nostro Paese e, in generale, ai mercati europei: «Se si consente alla Cina una sorta di “invasione” e poi non si rafforzano le vie d’uscita dal Paese, non è difficile pensare alle conseguenze: i prodotti cinesi resteranno nel nostro mercato sostituendo il made in Italy. L’altra ipotesi è che sarà la stessa Cina a premere per la realizzazione della Tav. Non si dimentichi che siamo in presenza di un’azione a tenaglia che prevede “l’invasione” del continente europeo sia dal nord, sia attraverso l’hub cinese del Pireo, che potrebbe rafforzarsi per il possibile collegamento con una linea ferroviaria balcanica, che per i porti liguri, il tutto valutando l’ipotesi, non poi così remota, di un possibile passaggio al Polo Nord dove i ghiacci si stanno sciogliendo. La Tav è quindi funzionale a questi obiettivi».
Ma il monito di Uggè non riguarda solo la Tav. Il numero due di Conftrasporto-Confcommercio reputa che anche i porti possano essere un tassello di forte interesse per la Cina per espandere il suo mercato andando a scegliere le vie di accesso più convenienti per i mercati europei: «Le pressioni incrementeranno e se, per la superficialità della gran parte dei politici italiani, Pechino otterrà anche il controllo delle infrastrutture strategiche, in particolare di alcuni porti, per il ‘sistema Italia’ i tempi saranno ancor più bui».