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Costi minimi: ecco come la Commissione UE «consiglia» alla Corte di pronunciarsi

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I costi minimi attendono… Attendono che in Italia la Corte Costituzionale li giudichi compatibili con i principi della nostra Costituzione. Ma prima ancora attendono che la Corte di Giustizia UE li valuti compatibili con la normativa comunitaria.
Per la precisione gli interrogativi con cui il TAR del Lazio ha rimesso alla Corte UE la valutazione dell’art. 83 bis della legge 133/2008 si indirizzano a tre aspetti: la compatibilità tra costi minimi e libertà di concorrenza; il possibile sacrificio di questo e di altri principi comunitari sull’altare del generale interesse collettivo alla sicurezza stradale; la legittimità di affidare la quantificazione di tali costi minimi ad accordi di settore o piuttosto a organismi rappresentativi di operatori privati.
Nello studiare la causa, la Corte di Giustizia del Lussemburgo ha chiesto un parere alla Commissione europea. E questo parere è stato dato già nello scorso agosto, anche se soltanto oggi viene diffuso pubblicamente (con motivazioni oscure).
Prima ancora di vedere cosa in concreto abbia scritto la Commissione, bisogna tener presente che il parere, rilasciato nella scorsa estate, è stato richiesto diversi mesi prima. E che quindi la situazione di fatto che la Commissione aveva in considerazione allora, è nel frattempo mutata. Prova ne sia che nel parere la Commissione fa riferimento a un organo – l’Osservatorio – che è stato abolito un anno prima del parere della stessa Commissione, vale a dire nell’agosto 2012.
Ma veniamo al contenuto. In pratica la Commissione consiglia alla Corte di Giustizia una possibile doppia risposta ai quesiti avanzati dal TAR del Lazio.
La prima risposta è che un ente come l’Osservatorio può stabilire la quantificazione dei costi minimi, ma è necessario che esistano a livello normativo dei criteri dettagliati, che diano certezza che vettori e committenti (vale a dire chi siede all’interno dell’Osservatorio) mirino a perseguire interessi pubblici e non propri.
La seconda risposta, alternativa alla prima, constata che effetticamente la normativa comunitaria in linea di principio sarebbe incompatibile con la fissazione di una tariffa minima per il corrispettivo delle attività di autotrasporto di merci per conto di terzi. Ma questo principio contempla una possibile eccezione laddove si constati che la fissazione dei costi sia proporzionata rispetto al perseguimento di ragioni di interesse generale come può essere la sicurezza stradale e la qualità dei servizi.
In pratica la Commissione sembra dire che i costi minimi sulla carta potrebbero essere contrari alla concorrenza, ma che in realtà possono costituire un’eccezione laddove sono giustificati da una superiore esigenza pubblica, qual è appunto quella di garantire la sicurezza sulla strada e la legalità nel trasporto. Questo interesse superiore va però garantito anche a livello procedurale e quindi la definizione dei costi minimi non può essere rimessa a un organo animato da interessi privati, ma soltanto a un organismo con finalità pubbliche.

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