Come a ogni fine d’anno assistiamo alle schermaglie tra Italia ed Europa sui conti pubblici. Ma stavolta il contrasto non è soltanto sui numeri, quanto sul diverso approccio con cui viene affrontata la problematica della ridotta crescita del paese. Lo si è capito chiaramente da quanto ha sostenuto lo scorso 25 ottobre il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, intervenendo al Forum Internazionale di Conftrasporto a Cernobbio. Dopo aver snocciolato una serie di investimenti in opere pubbliche – dalla Milano-Brescia che sarà inaugurata a dicembre alla Brescia-Verona e alla Verona-Padova, i cui lavori partiranno entro la fine dell’anno, dall’alta velocità sulla Napoli-Bari a quella in Sicilia, che comportano in entrambi i casi un investimento superiore ai quattro miliardi, dalle connessioni ferroviarie all’aggiornamento tecnologico necessario a consentire sui corridoi di viaggiare con convogli lunghi 750 metri – Delrio ha sottolineato che si tratta di lavori che dimostrano che l’Italia crede ai corridoi europei e a cui «l’Europa dovrebbe guardare in maniera privilegiata, vedere cioè questi investimenti sui grandi corridoi europei fuori dal patto di Stabilità».
Ma quando gli è stato ricordato che l’Italia è sotto osservazione perché cresce meno degli altri paesi europei, il ministro ha detto senza mezzi termini che «saremmo la prima manifattura d’Europa se avessimo un sistema logistica come la Germania» e, ha aggiunto che «il nostro paese cresce meno anche a causa degli scarsi investimenti sostenuti: la riduzione degli investimenti di 110 miliardi tra il 2007 e il 2014 è stata proprio una delle cause della mancata crescita. L’austerity sugli investimenti non è stata la cura giusta per la crescita italiana».