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Distacco lavoratori: un decreto contro il dumping sociale

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Con il decreto 136/2016 del 17 luglio 2016, entrato in vigore il 23 luglio scorso, l’Italia dà attuazione alla direttiva «Enforcement» (2014/67/UE) in materia di distacchi dei lavoratori e mette definitivamente in pensione il precedente D Lgs n.72/2000 che aveva recepito l’originaria direttiva 96/71/CE.
Tale direttiva prevede una serie di procedure per controllare l’applicazione della normativa europea sul distacco temporaneo di un lavoratore in uno Stato membro diverso da quello in cui lavora abitualmente.
L’attuale decreto si applica anche alle agenzie di somministrazione di lavoro stabilite in un altro Stato membro che distaccano lavoratori presso un’impresa utilizzatrice italiana.
Nel settore del trasporto su strada, il decreto afferma che le norme si applicano anche alle ipotesi di cabotaggio confermando che nel periodo di distacco, ai lavoratori distaccati si applicano le condizioni di lavoro e di occupazione vigenti nello Stato ospitante, con riferimento a:
1) periodi massimi di lavoro e periodi minimi di riposo;
2) durata minima delle ferie annuali retribuite;
3) trattamenti retributivi minimi, compresi quelli maggiorati per lavoro straordinario;
4) condizioni di cessione temporanea dei lavoratori;
5) tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;
6) provvedimenti di tutela per determinate categorie (gestanti, bambini e giovani);
7) parità di trattamento uomo/donna e altre norme in materia di non discriminazione.

L’art. 3 del decreto individua gli elementi ai fini dell’accertamento – da parte dell’Ispettorato nazionale del Lavoro – dell’autenticità del distacco, con riferimento sia all’impresa distaccante (che deve esercitare «effettivamente attività diverse rispetto a quelle di mera gestione o amministrazione del personale dipendente») sia alla situazione del lavoratore.
Ciò significa che non si considera autentico un distacco operato da quelle che, comunemente, vengono definite come “letter-box” ovvero società fantasma create al solo scopo di assumere lavoratori per distaccarli presso imprese di altri Paesi al fine di far fruttare all’impresa distaccataria i benefici del differente costo del lavoro nei diversi Paesi della UE.
La norma aggiunge inoltre che, qualora il distacco non risultasse autentico, il lavoratore verrà considerato a tutti gli effetti alle dipendenze del soggetto che ha utilizzato la prestazione. Il distacco non autentico è punito con sanzioni sia al distaccante sia all’utilizzatore: 50 euro per ogni lavoratore e per ogni giornata di occupazione, con un minimo di 5.000 euro.
L’art. 5 specifica che i lavoratori distaccati che prestano o hanno prestato attività lavorativa in Italia possono far valere in sede amministrativa e giudiziale i diritti derivanti dalle norme sulle condizioni di lavoro e di occupazione vigenti nello Stato ospitante.
La novità più rilevante è regolata dall’art. 10 con cui si obbliga l’agenzia di somministrazione, o l’impresa che distacca lavoratori in Italia a comunicare il distacco al ministero del Lavoro entro le ore 24:00 del giorno precedente l’inizio del distacco di e tutte le successive modifiche entro 5 giorni. Senza queste comunicazioni scattano sanzioni dai 150 ai 500 euro, per ogni lavoratore interessato.
Durante il distacco, e fino a 2 anni dalla sua cessazione, l’impresa distaccante – o l’agenzia interinale in caso di somministrazione – deve conservare, predisponendone copia in lingua italiana, di:
contratto di lavoro;
buste paga;
prospetti che indicano inizio, fine e durata dell’orario di lavoro;
– documentazione comprovante il pagamento delle retribuzioni;
– comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro;
– certificato sulla legislazione di sicurezza sociale applicabile.
L’inosservanza è punita con sanzioni dai 500 ai 3.000 euro per ogni lavoratore interessato.
Deve inoltre:
designare un referente domiciliato in Italia incaricato di inviare e ricevere atti e documenti. In difetto, la sede dell’impresa distaccante si considera il luogo dove ha sede legale o risiede il destinatario della prestazione di servizi. In caso di mancata designazione del referente la sanzione va dai 2.000 ai 6.000 euro.
designare, per il periodo di distacco, un referente con poteri di rappresentanza per tenere i rapporti con le parti sociali interessate a promuovere la negoziazione collettiva di secondo livello con obbligo di rendersi disponibile in caso di richiesta motivata delle parti sociali. Anche in questo caso la mancata designazione del referente comporta una sanzione che va dai 2.000 ai 6.000 euro.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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