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Divieti Brennero e coronavirus, allarme di Conftrasporto: «Mix letale, stop alle limitazioni»

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Le limitazioni ai tir imposte dall’Austria sul Brennero, combinate con gli effetti psicologici del coronavirus, rischiano di diventare la “tomba” di molte imprese italiane di trasporto su strada.  È l’allarme lanciato da Conftrasporto che parla, senza mezzi termini, di «autotrasporto all’angolo» e di «imprese a rischio chiusura».

«Da almeno 30 anni siamo ostaggio di Vienna, che viola il principio della libera circolazione delle persone e merci sancito dall’Ue – denuncia il vicepresidente di Conftrasporto, Paolo Uggè – A complicare le cose, con il suo carico da novanta, è arrivato il coronavirus, con ricadute pesantissime in tutta la filiera dei trasporti». 

Ecco perché la stessa Conftrasporto chiede l’immediato stop ai divieti settoriali imposti dall’Austria in assenza di una valida alternativa, che al momento appare ancora lontana, e l’intervento deciso dell’Europa per garantire la libera circolazione delle merci all’interno dell’UE

Una misura compensativa, da aggiungere e integrare con le altre che la Confederazione sta proponendo sui diversi tavoli organizzati in questi giorni presso il ministero e la Protezione. Le passiamo brevemente in rassegna.  

AUTOTRASPORTO – Secondo Conftrasporto-Confcommercio occorrerebbe sostenere anche le imprese di autotrasporto che operano al di fuori delle zone rosse, perché non riescono a lavorare o operano fra mille difficoltà, senza la certezza di poter raggiungere le zone di destinazione. Le proposte sono di allungare di almeno 4 mesi le domande per il superammortamentoe di prorogare da parte del Governo, con un decreto dirigenziale, i corsi obbligatori per il conseguimento e il rinnovo della patente per condurre camion (la cosiddetta CQC). Infine, andrebbero valutate in anticipo eventuali azioni per limitare possibili criticità sulla filiera per l’approvvigionamento del GNL (Gas Naturale Liquefatto), fortemente dipendente dalla Francia e dalla Spagna.

LOGISTICA – Tra le imprese più colpite della filiera dei trasporti ci sono poi quelle della logistica, soprattutto in Lombardia e Veneto. «Esistono siti di stoccaggio – spiega il segretario generale di Conftrasporto, Pasquale Russo – da cui dipende il funzionamento di tutta la filiera distributiva, che si trovano all’esterno delle zone rosse e che dovrebbero essere operativi. Ma in diversi casi i dipendenti risiedono nelle zone rosse, dalle quali non possono uscire per recarsi al lavoro. Stiamo parlando di centinaia di lavoratori. In quei depositi il tasso di assenteismo stimato è del 30-40%».

SISTEMA PORTUALE – Sul fronte marittimo infine i porti dell’Alto Adriatico, da Trieste a Venezia, già registrano un sensibile calo di arrivi dei container dalla Cina. Un’onda lunga che avrà effetti pesanti sul trasporto merci, toccando il punto peggiore nel mese di maggio. Inoltre, i porti italiani potrebbero essere sostituiti da quelli esteri, con un conseguente mancato incasso dei dazi. Considerato che questi ammontano a 13 miliardi di euro all’anno, se anche solo il 10% delle navi venisse ‘dirottato’ in scali diversi dai nostri la perdita sarebbe di 1 miliardo e 300 mila euro. Anche alla luce di queste considerazioni, Conftrasporto-Confcommercio chiede come prime misure una riduzione della tassa di ancoraggio e dei canoni di concessione.

QUESTIONE BRENNERO – Il problema, che coinvolge tre Paesi dell’UE (Italia, Germania e Austria), va risolto dall’Europa. Per Confcommercio-Conftrasporto le limitazioni dell’Austria ai Tir più inquinanti sono una misura comprensibile, ma, con il pretesto ambientale, vengono colpiti anche gli Euro 6 immatricolati prima del 31 agosto 2018 (ben 900 mila mezzi). Inoltre, un veicolo leggero Euro 6 inquina quanto due camion e mezzo della stessa categoria e il 72% del traffico in un giorno feriale è costituito appunto da veicoli leggeri.

L’Austria ha poi esteso le limitazioni anche a molte tipologie di merci. Dal 1° gennaio 2020, infatti, i divieti riguardano categorie di prodotti che vanno ad aggiungersi a quelle già ‘colpite’, con danni agli scambi import-export da e per l’Italia. Le nuove merci ‘vietate’ sono: carta e cartone; prodotti a base d’oli minerali fluidi; cemento, calce e gesso; tubi e profilati cavi; cereali. In precedenza, era stata proibita una vasta serie di merci compresi rifiuti, pietre, terre, materiali di risulta/detriti, legname in tronchi, sughero, minerali ferrosi e non ferrosi, marmo, piastrelle. Sono esclusi da tutti i divieti – guarda caso – i mezzi che hanno origine e destinazione in Austria.

Conftrasporto sottolinea che la questione è fondamentale. L’asse del Brennero è il principale valico alpino per volumi di merci in transito (oltre 40 milioni di tonnellate nel 2018) ed è percorso da 4,5 milioni di autocarri all’anno che non hanno come origine né destinazione l’Austria. Chiudendo le porte alla libera circolazione, per ogni ora di ritardo nell’attraversamento del valico, la nostra economia paga già più di 370 milioni di euro su base annua. Per i maggiori tempi di percorrenza legati al passaggio su rotaia, il danno per il sistema economico italiano è stimato in 100 milioni di euro all’anno. Secondo un sondaggio di Unioncamere, inoltre, l’11% delle aziende produttive afferma di aver ricevuto offerte per la fornitura di servizi di trasporto da parte di imprese tirolesi e austriache, forti del fatto di non essere soggette ai limiti dei divieti settoriali. “Come vogliamo chiamarlo questo genere di concorrenza?”, chiede ironicamente Uggè.

L’alternativa ferroviaria al momento non esiste, perché sarà operativa solo fra 10 anni, con il completamento del tunnel. Allo stato attuale, lungo la linea ferroviaria del Brennero alcune tratte raggiungono livelli di saturazione oraria dell’85% e giornaliera dell’80%, con un carico di circa 130 treni su 160 di capacità commerciale. Ammesso di voler e poter impiegare tutte le tracce disponibili per transiti di treni merci con portata media di 30 mezzi, si potrebbero, al massimo, togliere dalle strade 900 camion ogni giorno, pari a circa 300 mila mezzi all’anno. Inoltre la linea ferroviaria non possiede gli standard necessari per essere competitiva: le pendenze raggiungono il 26‰, contro il necessario 12‰, che la nuova linea garantirà. La stazione Brennero si trova a 1.371 metri di altitudine ed è il punto più alto della rete ferroviaria italiana e austriaca. Da ciò ne deriva la limitazione della velocità in alcune tratte a 60 Km/h (contro uno standard ritenuto necessario per la competitività di almeno 100 Km/h) e la necessità di adottare la trazione con doppio o triplo locomotore.

C’è poi la questione dei tempi di trasbordo sull’autostrada viaggiante (RoLa) e le esigenze di investimenti in materiale rotabile e spazi nei terminal per ospitare i traffici incrementali. Attualmente la stima è di un aumento dei tempi di attraversamento di 4 ore rispetto al traffico stradale. I servizi RoLa devono essere ampliati in maniera massiccia nel tentativo di trasferire più traffico dalla strada alla ferrovia lungo il corridoio del Brennero. Secondo i piani concordati dei funzionari ÖBB, la capacità verrebbe aumentata dagli attuali 200 mila a 450 mila camion all’anno entro il 2021. Il punto è che però già oggi l’offerta di RoLa supera la domanda: nel 2019 sono transitati 151.000 Tir sulla tratta Wörgl- Brennersee, a fronte di un’offerta superiore del 30%.

In ogni caso, se tutti i 300 mila ulteriori posti disponibili fossero utilizzati, per la dilatazione dei tempi e i conseguenti extracosti il danno per l’autotrasporto sarebbe di circa 44 milioni di euro all’anno, cui si aggiungerebbero circa 51 milioni di euro per il resto del sistema economico. D’altra parte, il trasporto ferroviario è notoriamente più efficace sulle medie e lunghe percorrenze: concentrare gli sforzi su una tratta di soli 90 km appare decisamente inefficiente e non risponde alla definizione di trasporto combinato, che prevede tratti alternativi alla strada di almeno 100 km in linea d’aria (Direttiva 92/106/CEE). 

 

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