Semmai un qualche disperato volesse intraprendere oggi un’attività di autotrasportatore, prima che riesca a iniziare sarebbe già giunto il tempo della pensione. È un po’ la conseguenza del trasferimento della gestione degli Albi locali dell’autotrasporto dalle province agli Uffici della Motorizzazione. Un trasferimento quasi obbligato (visto che l’ente locale intermedio tra regione e comune sarebbe destinato a scomparire) e anche opportuno (semmai dovesse alleggerire le finanze dello Stato), ma per ora, a causa soprattutto delle carenze di personale e di risorse, si sta dimostrando disgraziato.
Torniamo a bomba: fino a un anno fa, premettendo che l’Italia non è tutta uguale, per accedere alla professione erano sufficienti circa tre settimane, massimo un mese. Adesso – denuncia Claudio Donati, segretario nazionale di Assotir – la situazione è decisamente peggiorata. «A Milano, ci sono 2.800 pratiche in arretrato. Per l’iscrizione all’Albo si attendono anche 4 mesi».
Ma questa situazione sembra essere comune a tutta la Lombardia, che tradizionalmente si vanta di essere quella burocraticamente più celere. E non osiamo immaginare di quanto accade altrove.
Adriano Bruneri, responsabile CNA-Fita Lombardia, conferma che anche nelle altre province lombarde accade lo stesso e che oggi “per iniziare l’attività di autotrasportatore di merci in conto terzi, pur con l’encomiabile sforzo del poco personale esistente nelle MCTC, servono mediamente dai 3 ai 4 mesi”.
Il problema secondo Bruneri riguarda la completa trasformazione della geografia istituzionale, che rischia di rendere alcuni settori ingovernabili. Mai come in questa fase, ricorda, “stiamo assistendo a un vortice di prese di posizioni, dichiarazioni e iniziative in merito alle paventate e ormai quasi certe fusioni, incorporazioni, unificazioni di Enti e Istituzioni che, nell’ottica della spending review, necessariamente vanno razionalizzate”.
Oltre all’accorpamento delle province, c’è quello delle Prefetture e poi quello delle Camere di Commercio. Insomma, alla fine l’obiettivo della razionalizzazione secondo Bruneri è sicuramente condivisibile, ma bisogna “liberare le attività economiche dalla burocrazia”. Altrimenti, il rischio è quello di “minare la fiducia dei cittadini nello Stato”.