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Il parere del legale: «L’incasso dei contributi Sistri? Un ingiustificato arricchimento»

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Vi abbiamo già raccontato le ragioni logiche e in parte emotive che ci hanno indotto come Uomini e Trasporti a promuovere un’azione collettiva per far recuperare alle imprese di autotrasporto i contributi Sistri pagati per gli anni 2010 e 2011 ed eventualmente per chiedere il risarcimento delle spese sostenute per adeguarsi a quanto prescriveva il sistema di tracciabilità. Ma in termini giuridici su cosa si fondano queste azioni? Su quali presupposti fanno leva? E perché i costi legali possono essere meno onerosi per le aziende rispetto a un’azione solitaria? Tutte domande che abbiamo girato allavvocato Massimo Campailla, legale dello Studio Zunarelli, che porterà l’azione nelle aule dei tribunali.

Su quali basi giuridiche si fondano le eventuali azioni giudiziali con cui tutelare gli interessi dei danneggiati dal Sistri? 
Si possono ipotizzare due distinti profili di responsabilità della pubblica amministrazione (PA) in relazione al periodo in cui, pur essendo il Sistri inattivo, gli operatori sono stati costretti a sostenere costi considerevoli per rispettare gli adempimenti previsti dalla legge.
L’ipotesi più agevolmente percorribile è senz’altro quella di limitarsi ad agire per ottenere la condanna della PA al rimborso in favore degli operatori dei contributi annuali versati nel 2010 e nel 2011. Tali somme sono state versate senza che il Sistri fosse in alcun modo operativo e, pertanto, si potrebbe sostenere che il loro incasso costituisca un ingiustificato arricchimento della PA.
Si potrebbe, inoltre, chiedere il risarcimento di tutti i danni subiti dagli operatori, quali per esempio quelli connessi ai costi di formazione del personale, ai costi di carattere organizzativo, ai costi di acquisto delle dotazioni tecnologiche necessarie (dispositivi usb, schede sim, installazione delle black box), ai costi connessi ai giorni di fermo tecnico dei mezzi, ecc. La responsabilità dell’amministrazione verrebbe in questo caso ricondotta alla violazione dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento garantiti dall’art. 97 della Costituzione. La percorribilità di tale seconda tipologia di richiesta risarcitoria andrebbe comunque valutata caso per caso in relazione alla tipologia di costi sostenuta dalle singole aziende.

Esistono già in materia delle sentenze?
Sì. In particolare, il Giudice di Pace di Roma, con sentenza emessa in data 18.10.2013, ha condannato il ministero dell’Ambiente al risarcimento dei danni nei confronti di una società di autotrasporti, sottolineando in particolar modo proprio l’aspetto relativo all’indebito versamento dei contributi annuali nel periodo di totale inattività del Sistri.

Quali potrebbero essere i costi di una azione legale?
Nelle  azioni finalizzate a ottenere il rimborso del solo versamento dei contributi, la posizione dei singoli operatori si differenzierebbe esclusivamente in relazione all’importo di quanto versati “a vuoto”, il che consente di ipotizzare costi legali delle singole azioni molto ridotti, soprattutto nel caso in cui il numero di aderenti all’azione fosse particolarmente elevato. In particolare, a un più elevato numero di operatori intenzionati a promuovere tale tipo di azione corrisponderebbe un minor costo a carico di ciascun aderente all’iniziativa, arrivando anche a poche centinaia di euro pro-capite. In tale prospettiva, quindi, anche gli operatori che hanno versato contributi modesti potrebbero avere interesse a “coalizzarsi” per far valere i propri diritti riducendo drasticamente i costi dell’azione legale.
Per le azioni finalizzate al risarcimento integrale del danno sarebbe necessaria, come dicevo, una valutazione della posizione del singolo operatore, con conseguente valutazione caso per caso della fattibilità e dei costi dell’eventuale azione.

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Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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