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Il petrolio ai minimi, ma il gasolio tiene: ecco perché

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Ormai siamo sotto i 40 dollari al barile per quanto riguarda il Brent e sui 37 dollari nelle quotazioni del WTI. In pratica negli ultimi 7 anni il petrolio non era mai stato così leggero. Per quale ragione? In realtà sono più di una. Innanzi tutto c’è la volontà dell’Arabia Saudita, il paese che vanta i costi estrattivi più bassi al mondo, a mettere fuori mercato i produttori di shale oil, il petrolio cioè ricavato da fonti alternative (bituminose, ecc.). A Riyad, infatti, riescono a guadagnare anche con i prezzi attuali, quando invece molte società estrattive mostrano la corda e anzi proprio Standard & Poor’s in queste ore sta ipotizzando per molte di queste aziende di rischio default, quantificando in 180 miliardi l’ammontare delle loro obbligazioni a rischio insolvenza.

Ma non è tutto. Perché per effetto dell’accordo sul nucleare, anche l’Iran, il quarto produttore mondiale, è pronto a incrementare la produzione, mentre il Venezuela non si può permettere di contenerla avendo un enorme debito pubblico con cui fare i conti. Insomma, proprio mentre la domanda mondiale di oro nero si va contenendo, l’offerta sale e di conseguenza il prezzo crolla. Per la precisione del 20% negli ultimi due mesi e del 65% dallo scorso anno. E il livello attuale dovrebbe rimanere più o meno stabile fino al prossimo giugno, quando ci sarà cioè il vertice dei paesi produttori raccolti nell’Opec.

Ma attenzione a non gongolare troppo. Per carità, la bolletta energetica del paese si andrà sicuramente a ridurre, forse scendendo sotto quota 24 miliardi, quando lo scorso anno sfioravamo i 25 e due anni fa andavamo oltre i 30 miliardi. Ma guai a pensare che le stesse percentuali con segno negativo si ritroveranno pure nel momento in cui si va a fare il pieno del veicolo. E le ragioni di questa doppia velocità seguita dal prezzo del petrolio e da quello dei carburanti ha molte sfaccettature. Innanzi tutto bisogna tener presente che da un barile di petrolio vengono estratti non soltanto carburanti, ma anche altri prodotti e che ognuno soggiace alle regole del proprio mercato di riferimento. Inoltre, a gravare sui carburanti c’è anche la componente fiscale, in Italia particolarmente elevata. Questo concetto lo si coglie appieno se si guarda alle diverse voci di costo che condizionano il prezzo del gasolio o quello della benzina. Così si scoprirà che il fattore “materia prima” pesa per appena il 22% del prezzo finale, mentre i costi industriali incidono per circa il 35-36%. E anche se in effetti negli ultimi mesi questi due elementi hanno subito una flessione, rimane sempre poco rispetto al grosso della spesa che viene assorbita per il 64% dal fisco. Il 22% riguarda l’Iva, il resto le varie accise che assorbono al momento attuale, con il prezzo alla pompa cioè di 1,340 euro, esattamente 0,617 euro al litro. Per carità, gli autotrasportatori riescono a recuperarne trimestralmente una parte, vale a dire 0,21418609 euro per litro di gasolio fatturato. Ma attenzione, perché la legge di stabilità in approvazione – sempre che le cose rimangano così, come è presumibile – prevede di escludere da questo rimborso i veicoli euro 1 ed euro 2. Quindi, se qualcuno ne avesse ancora in parco sarà meglio pensare a un acquisto.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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