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Artusi (Federauto T&V): «Un programma di incentivi continuati e rapidi»

Non sono arrivati la proroga dei termini per accedere agli incentivi già approvati (nonostante i ritardi nelle consegne per la carenza di materiali), il credito d’imposta per i beni strumentali e non è stato migliorato l’Ecobonus per i furgoni elettrici. Invece, occorrono «continuità e certezze»

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Il segnale più forte (con le parole «delusione» e «rammarico») è venuto dalla sezione di Federauto, l’associazione dei concessionari, che segue il mercato di Trucks&Van. Il vice presidente dell’organismo, Massimo Artusi, ha commentato la legge di Bilancio per il 2023 e il relativo decreto Milleproroghe affermando in sostanza che hanno ignorato i veicoli commerciali. A cosa si riferisce? «A tre circostanze», risponde, «la prima è la mancata proroga dei termini di tempo per accedere agli incentivi già approvati. A causa della mancanza di materie prime e semiconduttori causata dalla pandemia, produttori e concessionari sono costretti a ritardare le consegne dei veicoli: tagliare fuori dall’incentivo imprese che hanno già anticipato il 20% della spesa (per talune imprese già dal 2021), confidando nel sostegno dello Stato è un fatto molto antipatico e che non genera tranquillità e certezze. La seconda è il mancato rinnovo del credito d’imposta per i beni strumentali – soprattutto tradizionali (ma anche innovativi) – che negli ultimi anni hanno facilitato lo svecchiamento del parco dei veicoli commerciali (cruciale per il paese). L’unica misura di sostegno agli investimenti che è sopravvissuta è la Nuova Sabatini, che è di fatto un credito agevolato limitato alle imprese PMI, tagliando fuori così proprio le imprese più strutturate e più disposte a rinnovare i propri mezzi. La terza è che l’unico incentivo rinnovato per i veicoli commerciali – l’Ecobonus per i mezzi a trazione elettrica al di sotto delle 12 tonnellate impiegati nella logistica urbana e regionale – non è stato modificato e sono rimasti in vigore quei vincoli che ne hanno decretato il visibile fallimento, rappresentato da risorse non spese pari a 9 milioni sui 10 disponibili. Continuità e certezze sono i pilastri per una economia che deve crescere, che ha bisogno di crescere, senza strappi».

Sembra che il governo sia quanto meno distratto nei confronti di un settore importante come quello dellautotrasporto

Credo che l’esecutivo si sia trovato costretto a preparare la legge di Bilancio in brevissimo tempo e, dunque, non tutte le considerazioni sul nostro settore hanno potuto essere oggetto di confronto approfondito tra i vari ministeri: non dimentichiamo quanto conta il parere del MEF che ha la responsabilità di valutare le voci di spesa. L’intenzione del governo per quanto riguarda l’autotrasporto e il trasporto merci, comunque, diventerà chiara con i prossimi provvedimenti relativi al settore, nei quali ci auguriamo che possano essere recuperate le misure di cui abbiamo già segnalato la mancanza – e le sue conseguenze negative – ai competenti organi di governo. Mi riferisco – relativamente all’autotrasporto – alle risorse pari a 25 milioni di euro del Fondo Investimenti del 2022, di cui si sta attendendo ormai da molti mesi il decreto ministeriale di attuazione e ai 300 milioni destinati dalla legge di bilancio 2022 per la logistica (acquisto di mezzi pesanti a zero emissioni e infrastrutture di ricarica per i veicoli elettrici all’interno della rete stradale SNIT non a pedaggio). 

Nel campo dellautomotive c’è una diversa attenzione tra il comparto dellauto privata e quello dellautotrasporto merci. Sarà che delle prime ne circolano 40 milioni e di veicoli commerciali – tra leggeri e pesanti – ce ne sono in giro solo 4 milioni?

Che ci sia maggiore attenzione all’auto privata è vero, ma non credo dipenda solo dal numero dei veicoli circolanti, quanto a quello delle persone che li possiedono. Al di là di questa considerazione l’intento è – e deve essere – prioritariamente di svecchiare il parco per ridurre l’inquinamento e avere mezzi più sicuri sulle nostre strade. Oggi l’attenzione è stata spostata sui climalteranti ma la questione degli inquinanti resta e va parimenti affrontata. Per questo, ripeto, l’eliminazione di mezzi obsoleti deve essere una assoluta priorità.

Resta il fatto che lincentivazione per il rinnovo dei veicoli commerciali – leggeri e pesanti – sia ancora confusa per non dire caotica. Non sarebbe più utile, comodo e comprensibile, unificare gli incentivi per renderli più accessibili?

Unificare tutto non credo che sia possibile: non si possono far confluire in un’unica voce gli incentivi nazionali e quelli locali, così come appare complesso unificare i fondi per il Conto Terzi con quelli per il Conto Proprio. Ma certamente sarebbe bene programmare l’intervento centrale in maniera chiara, con competenze istituzionali e operative uniformi per i prossimi anni, con flussi finanziari continui e una rapida erogazione dei rimborsi. Sarebbe il modo migliore per consentire alle imprese di affrontare la transizione programmando gli investimenti nel tempo. Uno degli elementi che ancor oggi frenano il ricambio dei mezzi è l’incertezza del futuro. Perché un imprenditore dovrebbe sborsare – con un supporto pubblico esitante e tardivo – decine di migliaia di euro per acquistare veicoli ai quali magari dopo pochi anni sarà impedito di circolare o verranno imposte pesanti limitazioni?

Lei si riferisce al fatto che la transizione alla mobilità green, secondo le scadenze previste (o che potrebbero essere previste) dai regolamenti UE sulla CO2 sono troppo ravvicinate e troppo vincolanti, soprattutto per i veicoli pesanti?

La sostenibilità è, ovviamente, un obiettivo irrinunciabile e condiviso. Il problema sono i tempi e i modi per raggiungere tale obiettivo. La trazione elettrica presenta ancora tante problematiche (a cominciare dalla neutralità della sua produzione e dall’impatto dei suoi equipaggiamenti) e chiederne l’introduzione a breve e a qualunque prezzo è solo un atteggiamento ideologico. Se ne può prevedere una graduale introduzione, in tempi medi, nella logistica urbana, ma con un forte sostegno pubblico che tenga anche conto della diffusione di questa tipologia di veicoli nel conto proprio, che rappresenta un comparto non sempre economicamente florido. Per il conto terzi, dove prevalgono i veicoli più pesanti, le emissioni zero sono un obiettivo tecnologicamente ancora assai lontano. Più praticabili sembrano i carburanti a bassissimo impatto ambientale e 100% carbon neutral, come i biofuel e il biometano (questa filiera inciderebbe positivamente anche sulla politica energetica nazionale), che sono prodotti nella logica dell’economia circolare e si appoggiano a reti di distribuzione già esistenti e dunque meriterebbero di essere incentivati se si vuole davvero abbattere i livelli di CO2. Al riguardo andrebbero modificati i parametri dei CAM (criteri ambientali minimi) premiando in maniera radicalmente maggiore questo tipo di alimentazioni. Del resto, gli stesi organismi di vertice dell’Unione europea – Parlamento, Consiglio e Commissione – lo scorso ottobre hanno raggiunto un accordo sui limiti alle emissioni delle autovetture e dei veicoli commerciali leggeri che entro il 2030 dovranno ridurre le emissioni di CO2 rispettivamente del 55% e del 50% rispetto ai livelli del 2021. Per ora non ci sono accordi sui mezzi pesanti, ma nel 2026 scatterà una clausola di revisione per valutare la situazione anche alla luce degli ultimi sviluppi della tecnologia. Sarebbe una buona occasione per ragionare – almeno per i pesanti – su carburanti meno impattanti che garantiscano – a bassissimo costo ambientale – la transizione alle ancora lontane emissioni zero. 

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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