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CQC, la voce degli autisti: «Così non funziona!»

Si spende tanto, si impara poco. Un sondaggio condotto tra quasi duecento conducenti rivela che la formazione per il conseguimento della CQC rappresenti per la maggior parte qualcosa di «poco o per niente utile», nonostante l’investimento economico importante. La richiesta è unanime: più pratica e meno teoria non necessaria

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Per molti autisti, la CQC è il primo ostacolo da superare prima ancora di mettersi davvero al volante di un camion. Lo raccontano le quasi duecento risposte raccolte attraverso i nostri canali social: un campione che restituisce uno spaccato netto, fatto di costi rilevanti, di un percorso formativo percepito spesso come poco incisivo e di contenuti che non sempre rispecchiano ciò che poi si andrà realmente a fare sul lavoro.

Quanto costa davvero la CQC

Il primo dato che colpisce riguarda il costo. Un autista su due ha dichiarato di aver speso tra 2.000 e 4.000 euro per il conseguimento della CQC, mentre per quasi il 40% il costo è rimasto sotto i 2.000. C’è poi un 8% che ha superato i 4.000 euro e un 3% che ha oltrepassato i 6.000.

Una forbice ampia, che alimenta la sensazione di un investimento importante, spesso percepito come sproporzionato rispetto all’effettivo valore aggiunto del percorso formativo.

Utilità: luci e molte ombre

Quando si entra infatti nel merito dell’utilità della CQC, il quadro si fa più preciso. Alla domanda se il percorso contribuisca davvero a migliorare sicurezza e professionalità, nessuno ha risposto «sì, in modo concreto». Solo il 35% dei rispondenti ha risposto «solo in parte», contro il 65% di chi ha dichiarato «poco» o «per niente».

Un giudizio severo, che non sembra frutto di pregiudizio ma del confronto diretto tra ciò che viene insegnato e ciò che poi accade in strada. Alle domande a risposta aperta sulle parti più utili e meno utili del corso, gli autisti indicano con precisione ciò che funziona e ciò che resta distante dalla realtà del lavoro. Tra gli argomenti ritenuti davvero utili emergono «i documenti di viaggio», «l’impianto frenante», «il cronotachigrafo» e soprattutto «i tempi di guida», che Alberto F. definisce «l’unico vero argomento che si applica alla realtà così come si studia».

La grande assente: la pratica

Il vero nodo, però, è la pratica. Enzo B. sintetizza così una frustrazione molto diffusa: «Le pochissime, se non addirittura assenti , ore di pratica». Una mancanza che non è un dettaglio ma un punto centrale, tant’è che il 71% degli autisti , se potesse riformare la CQC, partirebbe proprio dai contenuti del corso, chiedendo più esercitazioni reali e meno teoria non necessaria.

Seguono la burocrazia – cioè semplificare iscrizioni, ricorsi ed esami – (12%), i costi, rendendo cioè il percorso più accessibile e sostenibile (12%), e infine la qualità dei formatori (5%). Dal sondaggio emerge quindi una richiesta chiara: una CQC più vicina alla realtà quoti diana del lavoro, più pratica e più snella per chi la strada la vive ogni giorno.

Questo articolo fa parte del numero di novembre/dicembre 2025 di Uomini e Trasporti: un numero che contiene un’ampia inchiesta sul percorso che conduce alla CQC: cosa serve davvero per diventare autisti professionisti, le contraddizioni del sistema europeo, le strategie «oltre confine» e molto altro…

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