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Alessio Sitran, Business Development and Istitutional Relations Manager di Continental VDO. Andate e condividete

Alessio Sitran lavora per un’azienda che progetta e sviluppi tachigrafi e quindi conosce tutti i segreti di questo strumento di controllo. A livello tecnologico, però, la conoscenza è soltanto una faccia della luna. L’altra si chiama «condivisione» e, per ottenere vantaggi e benefici, va necessariamente spalmata lungo l’intera filiera. A maggior ragione quando si parla di sicurezza

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Abbiamo archiviato da qualche mese l’introduzione del tachigrafo digitale intelligente e adesso dall’Unione europea arriva la notizia che le tre istituzioni comunitarie, in sede di trilogo, hanno approvato il nuovo pacchetto mobilità. Di queste due innovazioni incrociate – l’una tecnica, l’altra normativa – abbiamo parlato con Alessio Sitran, Manager di Continental VDO.

Dall’introduzione della normativa sui tempi di guida e di riposo sono trascorsi diversi decenni. Eppure, il suo livello di applicazione non è ancora totale, tanto che sono in parecchi a cercare in qualche modo di aggirarla. Come si giustifica tale fenomeno?
Molto dipende dalla complessità con cui convive l’intero autotrasporto. In sintesi, ci sono tre fondamentali evoluzioni che il settore si trova a gestire. La prima è relativa al mercato, perché se noi confrontiamo l’attuale con quello di 10 anni fa è evidente che per un verso è diventato unico e garantisce libera circolazione di beni e servizi, per un altro ha visto l’ingresso di attori che beneficiano di organizzazioni diverse e di costi ridotti. E tale presenza ha creato dinamiche non dico inique sul piano della concorrenza, ma di certo disallineate. Non a caso, a partire dal 2008, tante aziende italiane per rimanere sul mercato sono state costrette a trovare soluzioni alternative, comprese la delocalizzazione. La seconda riguarda il veicolo, che sta divenendo sempre di più una piattaforma in grado di fornire una ricca serie di dati. La terza, legata alla seconda, interessa proprio la gestione di questi dati, perché soltanto se viene condotta in modo intelligente può consentire all’azienda di autotrasporto di migliorare la qualità del servizio da offrire e di rimanere maggiormente competitiva sul mercato. Il problema è dell’intera filiera dell’autotrasporto, che non sempre ha preso coscienza o ha fatto proprie tali evoluzioni. Perché il guadagno marginale che si può avere dall’utilizzo di una tecnologia dipende anche dalla capacità di spalmarla consapevolmente lungo tutta la filiera.

D’accordo, però la normativa sui tempi di guida e lo strumento che ne controlla l’attuazione serve a incrementare la sicurezza. Neanche di questo c’è consapevolezza?
Anche la sicurezza è una responsabilità condivisa. Oggi i dati quantificano in circa il 6% il tasso di incidentalità del mondo del trasporto pesante. E personalmente sono arrivato a stimare il risparmio sociale ottenuto nel primo decennio (2004-2014) di applicazione della normativa in circa mille vite umane salvate e in due miliardi di euro risparmiati a livello europeo. Però anche qui per andare oltre è necessario che la sicurezza diventi un obiettivo di tutti e non soltanto dell’autotrasportatore.

Parliamo del nuovo tachigrafo: una delle innovazioni riguarda la possibilità di individuare la posizione del veicolo. Perché era importante disporre di questo dato?
Innanzi tutto, vorrei chiarire che il modulo di geolocalizzazione del tachigrafo intelligente non è di tipo track & tracking, non è un satellitare che segue il veicolo minuto per minuto per dire dove si trova. Nasce, invece, per un’esigenza tecnica e per assolvere a due funzioni del tachigrafo: una di regolazione dell’orologio interno, nel senso che ogni 12 ore il tachigrafo intelligente chiama il satellite e si fa dare l’ora esatta, l’orario UTC (tempo coordinato universale); l’altra riguarda il secondo segnale di movimento, la seconda fonte interrogata dal tachigrafo per capire se il dato proveniente dal sensore Kitas, che è la fonte primaria, sia corretto o meno. Il tachigrafo ha un suo algoritmo interno che calcola, tramite i dati forniti dal satellite, se distanza, velocità e tempo trascorsi siano coerenti con i dati forniti dal sensore Kitas collegato alla ruota fonica del cambio. Tale informazione viene raccolta a inizio e a fine turno e ogni tre ore cumulative di guida. Ovviamente, laddove questi dati siano ceduti ad applicativi terzi, entra in gioco il tema della privacy e quindi di un sistema di controllo e di monitoraggio che richiede l’assenso del conducente per poter essere gestito.

A proposito di dati: quelli raccolti dalle pattuglie di controllo, laddove si appura che tutto sia regolare, che fine fanno?
Il modulo di lettura con veicolo in movimento, chiamato DSRC, permette alle forze di polizia di leggere 19 parametri tecnici relativi esclusivamente al funzionamento del tachigrafo. Quindi non consente la lettura dei dati del conducente, proprio perché i dati della carta autista sono considerati personali e quindi non possono essere letti e trasmessi. E soprattutto nessuna sanzione può essere applicata in maniera automatica o indiretta. A tale scopo il veicolo deve essere necessariamente fermato a bordo strada. La norma dice che l’analisi tramite DSRC serve a preselezionare, a dare all’autorità di controllo uno strumento di certezza per decidere se fermare o meno un veicolo. Anche perché – la cosa va sottolineata – se la polizia vede un bollino rosso su uno dei 19 parametri, non è detto che ci sia sicuramente l’infrazione. Il bollino è un avvertimento, ma per trovare riscontro l’autorità di controllo deve fermare il veicolo. E comunque il contenuto di questo warning – che, ripeto, riguarda un dato tecnico e non personale – è trattenuto per un massimo di tre ore e quindi necessariamente cancellato. In pratica, il tempo utile a capire la situazione, a decidere se fermare o meno il veicolo e a comprendere, in caso si opti per il fermo, cosa andare a verificare.

CONTROLLI IN MOVIMENTO SÌ, MA SENZA SANZIONI
Il modulo di lettura con veicolo in movimento (DSRC) permette alla polizia di leggere 19 parametri tecnici relativi esclusivamente al funzionamento del tachigrafo. Quindi non consente la lettura dei dati del conducente, proprio perché i dati della carta autista sono personali e quindi non possono essere letti e trasmessi. E soprattutto nessuna sanzione può essere applicata in maniera automatica o indiretta. A tale scopo il veicolo deve essere necessariamente fermato a bordo strada

Quindi, se nella valutazione di questi 19 parametri vengono fuori tutti bollini verdi…
… il trasportatore – come ama ripetere un collega – corre il rischio di non essere fermato. La qualcosa comporta due vantaggi: l’autorità ha un significativo miglioramento del rapporto costo-efficacia del controllo. Perché oggi un controllo richiede mediamente tra i 40 minuti e un’ora, tempo che l’azienda perde – se è in regola – perché il veicolo rimane fermo. In più, l’autorità di controllo ha il beneficio di poter intervenire in maniera certa, di effettuare controlli più massivi e più selettivi in quanto si può indirizzare verso quei mezzi che presentano spie indicatrici di una possibile infrazione. Ma in effetti l’azienda che ha deciso di rispettare scrupolosamente la normativa e di considerare tale approccio una modalità per farsi riconoscere e apprezzare sul mercato, avrà il vantaggio di vedere i suoi veicoli circolare senza essere fermati per controlli.

Le carte della precedente generazione sono compatibili con il nuovo strumento? E il nuovo tachigrafo con le vecchie carte?
Le carte sono tutte interoperabili, fatta eccezione delle carte officina, che per lavorare necessitano della carta di seconda generazione. Ciò vuole dire che se io ho una carta di prima generazione la posso utilizzare su un tachigrafo intelligente, se ne ho una di seconda la posso usare anche su un tachigrafo di prima. Di conseguenza un autista può tranquillamente attendere la naturale scadenza della carta senza doverla rinnovare. La sostituzione con una carta di seconda generazione avverrà al momento del rinnovo.

Negli ultimi anni i picchi del mercato dei veicoli industriali sono spesso coincisi con l’introduzione di nuove generazioni di tachigrafi. E lo scorso giugno non ha fatto eccezione in tal senso. Cos’è che impedisce di stabilire un orizzonte oltre il quale generazioni troppo precedenti di tachigrafi debbano essere messe fuori mercato?
Non è facile. Si può supporre che a impedire un retrofitting, cioè la definizione di un lasso temporale entro cui il tachigrafo debba essere necessariamente cambiato, è il maggior costo che l’autotrasporto subirebbe se fosse chiamato a rinnovare il parco veicolare in maniera più intensa. D’altra parte, se oggi l’età media di questo parco viaggia molto oltre i 13 anni, con una percentuale di mezzi precedenti all’euro 3 supera il 50%, bisogna dedurne che il settore necessita di certo di un rinnovamento, ma anche di interventi sistematici e continuativi che lo aiutino in questa azione.

Lo strumento simbolico della disapplicazione del tachigrafo è sempre stato il magnete. Domani rispetto alla contraffazione esisteranno paletti più alti? Diremo addio alla calamita?
Dal punto di vista tecnico e crittografico è stato fatto un grande passo in avanti. E quindi con il nuovo tachigrafo, la sua manipolazione ha sbilanciato il rapporto costo-opportunità, nel senso che adesso tecnicamente è divenuta molto più difficile e quindi economicamente più onerosa. Oggi contraffare un tachigrafo intelligente richiede uno sforzo non da poco e richiede di intervenire sullo strumento in maniera molto più pesante rispetto a prima, quando effettivamente l’applicazione di un magnete costava poco e richiedeva un tempo scarso.

Arriviamo al nuovo pacchetto mobilità e alla nuova regolamentazione del cabotaggio: il periodo di raffreddamento di quattro giorni, da far trascorrere prima di poter tornare nuovamente in un paese, potrà mai essere registrato dal tachigrafo?
Il vantaggio apportato dalla seconda release del tachigrafo intelligente verterà innanzitutto sulla possibilità di riconoscere automaticamente il punto geografico relativo al passaggio di frontiera (che oggi avviene manualmente). L’informazione sarà registrata sia sulla memoria di massa del tachigrafo (quindi sul veicolo), sia sulla memoria della carta conducente. Ciò permetterà, pertanto, di fornire un elemento di certezza agli operatori di controllo sia rispetto all’arco temporale in cui le operazioni di cabotaggio sono eseguite, sia sul periodo di permanenza di un autista straniero distaccato.

Il pacchetto introduce l’utilizzo del tachigrafo anche a veicoli sotto le 3,5 tonnellate impegnati in trasporti internazionali. Perché era importante scendere di peso e in che ordine di grandezza può essere quantificato questo fenomeno?
Una stima precisa è difficile, sia perché Eurostat non ha serie storiche statistiche che dividano i veicoli alla soglia delle 3,5 tonnellate, sia perché in ogni caso occorrerebbe restringere il campo a quei veicoli che operano in attività di trasporto internazionale. Quello che si può dire, però, è che il problema è sentito e già in fase di consultazione del Pacchetto Mobilità, le risposte degli stakeholder sottolineavano la necessità di imporre anche al segmento sotto le 3.5 tonnellate il rispetto delle ore di guida e dei periodi di riposo. Questo sulla base dei maggiori tassi di incidentalità rilevati in rapporto a quelli dei veicoli pesanti e ai livelli di fatica sui turni di lavoro eseguiti.

L’intesa a metà dicembre nella riunione del «TRILOGO»

PACCHETTO MOBILITÀ, ACCORDO FATTO

Tre viaggi in una settimana e pausa di quattro giorni per il cabotaggio, ma anche retribuzioni del paese di transito e divieto di riposo in cabina. Ora il compromesso deve passare alle ratifiche di Consiglio e Parlamento, previste entro maggio, prima dell’entrata in vigore.
Il nome – Trilogo – evoca i riti magici e misteriosi di una messa nera medievale (come il pentacolo e il tetrabiblo), in realtà è solo il nome dell’organismo di mediazione nel quale siedono pariteticamente i tre soggetti istituzionali dell’Europa (Commissione, Parlamento e Consiglio dei ministri). Anche se qualche valenza stregonesca deve averla se, lo scorso 11 dicembre, è riuscita a trovare un’intesa sul primo Pacchetto mobilità dell’Unione europea, quello che divide maggiormente i 27 Paesi membri e che tocca più incisivamente l’autotrasporto.
Il Pacchetto, presentato nel 2017 dall’allora Commissaria ai Trasporti Violeta Bulc, era stato subito oggetto di forti contrasti fra i Paesi del Patto di Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia) favorevoli a una liberalizzazione totale del mercato in cui far pesare i loro costi più bassi (retribuzioni, contributi e fiscalità) e quelli della Road Alliance (Italia, Francia, Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Lussemburgo e Svezia, con l’aggiunta della Norvegia) decisi a contrastare forme di concorrenza troppo squilibrate. Tant’è che il presidente dell’Unione europea degli autotrasportatori (UETR), Julio Villaescusa, considerando positivamente l’accordo, lo ha definito «un compromesso equilibrato tra armonizzazione e liberalizzazione».
L’intesa raggiunta a dicembre riguarda, infatti, una serie di punti qualificanti per l’autotrasporto. A cominciare dal cabotaggio, per il quale resta confermata la limitazione a tre operazioni nell’arco di una settimana, al termine della quale però sarà obbligatoria una «pausa di raffreddamento» di quattro giorni prima di rientrare nello stesso Paese con lo stesso veicolo. Quello del cabotaggio – al quale i vettori dell’Est fanno ampio ricorso – era il punto più controverso, al punto che la soluzione individuata ha spaccato la Road Alliance, dalla quale è uscito il Belgio protestando che la «pausa di raffreddamento» favorirebbe i paesi più grandi come Francia e Germania.
Anche sui tempi di guida e di riposo resta di base la disposizione attuale (non più di novanta ore in due settimane consecutive), ma i conducenti internazionali potranno svolgere due periodi di riposo consecutivi fuori dal Paese di provenienza, ma dovranno prendere un riposo compensativo e rientrare in sede ogni quattro settimane. In più viene esplicitato il divieto di svolgere il riposo in cabina – uno dei maggiori punti di scontro fra i due schieramenti – che molti Paesi dell’Ovest avevano introdotto autonomamente come deterrente per il cabotaggio dei vettori dell’Est.
Sulla stessa linea la soluzione individuata per i distacchi internazionali. Per evitare che si trasformino in uno strumento di dumping sociale saranno applicate regole analoghe a quelle degli altri lavoratori (ma con deroghe per il transito e i bilaterali). In particolare la retribuzione dei conducenti dovrà essere quella del Paese nel quale svolgono il cabotaggio e i veicoli dovranno rientrare almeno una volta ogni otto settimane nel Paese di immatricolazione. Infine, per rendere più penetranti i controlli, entro il 2025 sarà obbligatorio il nuovo tachigrafo digitale per i veicoli pesanti ed entro l’anno successivo per quelli tra le 2,5 e le 3,5 ton.
Salvo sorprese, dunque, al più tardi entro maggio si avrà l’ok definitivo dell’Europa al Pacchetto, con l’approvazione prima del Consiglio e poi del Parlamento in seduta plenaria. Ma non tutto entrerà immediatamente in vigore. Le prime norme saranno quelle connesse all’accesso al mercato e alla professione e dunque cabotaggio e tempi di guida e di riposo, che essendo regolamenti comunitari avranno diretta applicazione dalla loro pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale europea. Anche il tachigrafo digitale rientra in questo ambito, ma è previsto un periodo di transizione per l’adeguamento dei veicoli alle nuove disposizioni. Il distacco degli autisti, invece, richiede una Direttiva comunitaria che, una volta varata, dovrà essere tradotta in norme nazionali prima di poter essere applicata.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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