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L’aggregazione secondo Federtrasporti: i vantaggi di ieri, le opportunità di domani

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Ci sono imprese grandi e imprese piccole. Ma esiste pure un terzo modello, ideato, testato e adattato da Federtrasporti nel corso di quarant’anni. «E il fatto che a distanza di un lasso di tempo così lungo siamo ancora attivi – ha commentato Emilio Pietrelli, il presidente del Gruppo che aggrega 60 imprese di autotrasporto e logistica sparse lungo la penisola – è la dimostrazione lampante che quel modello ha funzionato». Ma di quale modello si tratta? E soprattutto in che modo ha contribuito ad affrontare le criticità storiche dell’autotrasporto?
Per rispondere a queste e altre domande il Gruppo Federtrasporti ha organizzato sabato 3 dicembre a Bologna un Convegno dal titolo: «Trasporto merci al Bivio. Le strade della ripresa».Lo stesso Pietrelli ha chiarito che «Federtrasporti non è il frutto di una fusione, ma un’aggregazione che ha avuto un doppio vantaggio: innanzi tutto ha costituito l’interfaccia con cui tante piccole e medie imprese hanno potuto rapportarsi con la grande committenza; inoltre, ha salvaguardato le caratteristiche positive dell’impresa artigiana, il cui bagaglio di esperienza e di elasticità continua a costituire il motore operativo di Federtrasporti, quello che si mette in moto quando bisogna attuare i contratti siglati dal Gruppo». In questo modo Federtrasporti non ha soltanto minimizzato la polverizzazione delle imprese. Come ha ricordato ancora il suo presidente, «è anche riuscita a ridurre i ritorni a vuoto creando antenne commerciali sul territorio, capaci di moltiplicare le opportunità; ha prodotto economie di scala sfruttate negli acquisti collettivi e quindi funzionali al contenimento dei costi di esercizio; ha intrapreso un percorso da operatore logistico, dotandosi di magazzini propri (per circa 50.000 mq) e conservando al trasporto, tra tutti gli anelli della catena logistica, il più elevato margine possibile; ha incoraggiato una cultura dell’aggregazione e del dialogo, essenziale per fare uscire gli autotrasportatori dall’isolazionismo e per favorirne la crescita professionale; ha investito in formazione e in sicurezza, riuscendo a ridurre di 1.500 sinistri l’anno l’incidentalità dei suoi veicoli».
Proprio a quest’ultimo progetto si è mostrato interessato Alessandro Ricci, presidente dell’Unione Interporti Riuniti, invitando Federtrasporti a stabilire un’alleanza con gli interporti finalizzata a incrementare percorsi formativi all’interno di tali strutture.
Mario Besi, presidente del Centro Studi Upaf, si è concentrato invece innanzi tutto sul valore del consorzio, definendolo «un percorso di civiltà, in grado di trasformare un’attività in parte residuale come il trasporto, a cui si dedicava chi non aveva altre carte da giocare, a un settore portante dell’economia. Ma poi ha anche sottolineato la crescita esponenziale di un consorzio di secondo grado come Federtrasporti, in quanto al semplice momento organizzativo, finalizzato cioè ad accrescere la competitività delle aziende medio-piccole, assomma anche un più sofisticato momento espansivo dell’attività, visto che aggiunge all’attività di trasporto anche tutte quelle legate alla logistica.
Guardando invece in prospettiva, Besi ha descritto la rete dei tanti consorzi esistenti come una sorta di complessa infrastruttura, nata e sviluppata grazie a capitali privati, ma che un domani potrebbe avere utilità pubbliche, in quanto dietro ogni singolo consorzio si trovano punti di carico, piazzali, spazi per la distribuzione e la logistica in grado di generare valore per l’intero sistema Paese,
Stefano Zunarelli, ordinario di diritto dei trasporti dell’Università di Bologna, ha invece giudicato l’aggregazione come «lo strumento più idoneo per giungere alla massima utilizzazione possibile dei veicoli e quindi per competere in maniera vincente anche con quelle imprese che rincorrono forme di contenimento dei costi di esercizio in alcuni casi spregiudicate, al punto da tagliare costi legalmente non tagliabili (come quelli contributivi o fiscali)». Un’opera di ottimizzazione dell’offerta di trasporto che secondo il docente bolognese deve procedere di pari passo con la conclusione di accordi di settore, luogo deputato per ristabilire un dialogo proficuo con la committenza e soprattutto per tentare di fornire al settore un’opera di razionalizzazione necessaria», che parte proprio dalla capacità di segmentare il mercato e di analizzare specificità ed esigenze di ogni singolo settore.Parallelo a questo percorso di razionalizzazione c’è il percorso dell’internazionalizzazione, che passa anche attraverso la capacità delle imprese italiane di autotrasporto di ragionare con una logica europea.
Anche Marco Spinedi, consulente dell’Istituto Trasporti e Logistica,  partendo dalla considerazione che le esportazioni sono il principale se non l’unico motore del PIL, ha indicato «la necessità per le imprese di trasporto di raccogliere la sfida dell’export accanto alle imprese manifatturiere, puntando su un processo di internazionalizzazione rispetto al quale sono sempre state in ritardo». E le aree a cui maggiormente guardare per attuare questo processo sono quella del Mediterraneo e del Nord Africa, quella dei Balcani e quella del Vicino e Medio Oriente, anche perché crescono a ritmi 3-4 volte superiori a quelli italiani e anche europei,
Ma a sostenere la necessità per l’autotrasporto di internazionalizzarsi è stata pure Debora Serracchiani, parlamentare europeo e membro della commissione Trasporti, che dopo aver ricordato le tante anomalie legislative del nostro paese, create per trovare quel punto di equilibrio sempre precario tra le esigenze della committenza e quelle dei vettori («siamo gli unici ad aver sentito l’esigenza di fare una legge sui tempi di carico e scarico, per regolamentare i pallet o per definire i costi minimi dell’autotrasporto»), ha sottolineato come i finanziamenti che lo Stato destinati al settore sarebbero molto più utili se fossero funzionali ad attivare aggregazioni reali o reti di impresa anche di livello europeo.
Un’impostazione che ha trovato concorde il presidente Pietrelli, che ha espresso la necessità per le imprese di autotrasporto nazionali di emanciparsi dai contributi pubblici e, sfruttando i diversi strumenti normativi esistenti, di riuscire a camminare con le proprie gambe per dimostrare il ruolo essenziale del settore all’interno del sistema economico.
L’ex sottosegretario Bartolomeo Giachino ha tenuto però a precisare che, a prescindere da quanto avverrà in futuro, «i finanziamenti all’autotrasporto – peraltro aumentati negli ultimi tre anni di circa 900 milioni – sono stati lo strumento essenziale, in questa fase estremamente critica, per evitare di costringere alla chiusura un numero elevatissimo di imprese». Ma un domani – ha aggiunto l’attuale presidente della Consulta – «un sostegno concreto al settore arriverà dal Piano nazionale della Logistica, concepito come uno strumento da utilizzare per intercettare quei traffici di merci che al momento attuale, seppure diretti in Italia, sono gestiti da operatori di altri paesi, ma anche per rimuovere quelle inefficienze di sistema e far sì, quindi, che l’autotrasporto accresca la sua competitività», aumentando la velocità commerciale, contenendo le attese al carico e allo scarico, accedendo in maniera più rapida nei porti, organizzando una più efficiente distribuzione in aree urbane.
Rispetto ai costi minimi di sicurezza, invece, Giachino ha espresso l’opportunità sia di riscrivere l’art. 83 bis (frutto di sovrapposizioni stratificatesi nel tempo) così da garantirne l’applicazione, sia di correggere il prossimo 15 dicembre i dati espressi a novembre dall’Osservatorio.
Sui finanziamenti alle imprese del settore sono intervenuti anche alcuni rappresentanti delle organizzazioni di categoria presenti. E se Alberto Armuzzi per l’Alleanza delle Cooperative, ha definito il sostegno pubblico al settore una maniera per ingessarlo, per limitargli l’immaginazione e la capacità di pensare più in grande, Silvio Faggi, parlando a nome di Unatras, ha invitato tutti a fare un esame di coscienza almeno per il passato, quando cioè chiunque si attendeva dalle associazioni una politica poggiata sui finanziamenti e tutte le associazioni non si tiravano indietro nel portarla avanti.
Faggi ha anche sottolineato come una probabile spinta alle aggregazioni possa giungere dal regolamento per l’accesso alla professione, che ai tre requisiti storici ne aggiunte un quarto, quello di stabilimento, che indurrà molte piccole imprese a unirsi in consorzi e cooperative per potersi dotare – come richiesto dalla normativa europea – di una vera e propria sede e di un luogo in cui ricoverare i veicoli e amministrare l’azienda.
Cinzia Franchini, presidente di CNA-Fita, si è concentrata sulla necessità di lavorare non soltanto sui costi minimi ma pure su quelli massimi, alludendo in particolare all’incremento delle accise, a quello prossimo dei pedaggi autostradali, ma anche a quei soldi già versati per servizi mai ottenuti (come nel caso del Sistri).
Un aiuto nell’opera del contenimento dei costi di esercizio è giunta invece da Mercedes-Benz Italia, che in questi giorni sta iniziando la commercializzazione del nuovo Actros: «in una fase segnata dall’incremento del costo del gasolio – ha sottolineato Paolo Lanzoni, responsabile comunicazione della casa tedesca – che da solo assorbe oltre il 30% delle uscite di un’azienda di autotrasporto, riuscire a contenere anche di qualche punto percentuale tale spesa significa produrre economie importanti. E il camion dell’anno 2012 – titolo conferito di recente all’Actros – riesce a tagliare i consumi, con la versione equipaggiata con motori euro 5, fino al 6-7%. Che a conti fatti, per un’azienda che percorre 130.000 km l’anno, equivale a un risparmio di più di 15.000 euro. Con la versione euro 6 i consumi sono di poco superiori, ma in compenso la spesa per l’AdBlue viene ridotta di circa il 50%. Altre consistenti economie, pari a un ulteriore taglio dei costi di quasi il 10% – ha concluso Lanzoni – possono provenire dall’ottimizzazione della gestione della flotta. E a questo scopo l’Actros tende un’altra grande mano, in quanto fornisce di serie l’hardware del sistema FleetBoard».
A cornice dell’evento è stata allestita la mostra fotografica «Mezzi con un fine», dieci scatti a sintetizzare il cammino di un’impresa resa grande dai tanti piccoli che la compongono, dieci scatti tratti dall’archivio fotografico di Uomini e Trasporti ed elaborati dal fotografo Alfonso Santolero.

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Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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