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Le mille Europe: la paga base di un autista è 2.000 euro in Belgio, 1.600 in Italia, 200 in Bulgaria

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Paese che vai, costo del lavoro che trovi. Poteva essere questo il sottotitolo dell’incontro che si è svolto lo scorso 7 ottobre a Roma tra i rappresentanti delle associazioni delle piccole e medie imprese dell’autotrasporto riunite nell’UETR, l’associazione europea al quale partecipano le italiane Assotir, Confartigianato Trasporti e CNA-Fita. Molto interessante una ricerca presentata nel corso dell’incontro dal Comité National Routier (CNR), un organismo ministeriale francese che ha analizzato in dettaglio le nette differenze che emergono nello spazio comunitario relativamente al costo del lavoro all’interno del settore dell’autotrasporto e alle dinamiche interne al mercato.

Rispetto ai costi, la prima cosa da notare riguarda l’estrema differenza rispetto ai salari base in vigore nei singoli paesi, perché sulla base di questi salari poi sono calcolate le percentuali di carico per gli oneri sociali imposti ai datori di lavoro. Così, si parte da un salario base di 200 euro di un autista bulgaro, per salire agli oltre 1.600 euro di un autista italiano, superato comunque da un autista belga che con i 2.000 euro vanta la palma della più alta paga base europea. Ma non si tratta dell’unica differenza. Perché a essere strutturate in modo diverso sono anche le altre voci della busta paga di un autista. È il caso per esempio delle tante parti variabili, che differiscono completamente da paese a paese e in qualche caso, addirittura, assumono una forma molto vicina al cottimo, seppure mascherato da premio di produttività.

Ma non è tutto. Perché malgrado rispetto al tempo di guida e di lavoro i conducenti europei dovrebbero fare riferimento tutti alla medesima normativa (quella che emerge dal Regolamento 561 e dalla direttiva 2002-15-CE) in realtà, secondo quanto analizzato dall’istituto francese, in ogni paese esistono tempi di impiego estremamente diversi. Di conseguenza anche le percorrenze medie che si riescono a percorrere variano in maniera sostanziale, di modo che quando alla fine si va a calcolare il costo chilometrico e il costo orario di ogni singolo autista ci si accorge che due figure professionali con un percorso assolutamente parallelo e che magari svolgono il medesimo lavoro in realtà esprimono un costi decisamente differenti.

Senza considerare che quella forma di protezione a cui molti paesi della vecchia Europa stanno ricorrendo, quello cioè di chiedere un’applicazione del salario minimo anche ai lavoratori stranieri che caricano o scaricano (ma in qualche caso anche soltanto in transito), è un qualcosa di completamente sconosciuto in molti paesi appartenenti all’ex blocco sovietico, dove il contratto collettivo nazionale rappresenta un’espressione vuota e priva di senso.

Scontata la conclusione finale: tra il paese europeo in cui il costo di autista è più basso e quello in cui lo stesso costo risulta più alto ci sono differenze percentuali superiori al 400%. Eppure le imprese che assumono questi autisti sono impegnate nello stesso identico mercato.

Chi si avvantaggia da tutto questo? Molti di voi staranno magari pensando ai rumeni o piuttosto ai bulgari. Invece no. Dalla ricerca del CNR emerge invece che in questa fase le imprese europee più aggressive, quelle che cioè riescono più frequentemente a occupare gli spazi di mercato che fino a ieri erano presidiati da imprese dell’Europa occidentale, sono soprattutto le imprese polacche e quelle lituane.

Per l’Italia a partecipare all’incontro c’erano la predidente di Assotir Anna Maria Manigrasso, il presidente di Confartigianato Trasporto Amedeo Genedani e il coordinatore nazionale di CNA-Fita Mauro Concezzi. Sicuramente avranno fatto tesoro di questi dati interessanti.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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