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21 febbraio: ecco come cambia il cabotaggio

Il pacchetto mobilità impone a chi ha già effettuato i tre viaggi di cabotaggio in una settimana di uscire dallo Stato ospitante per almeno quattro giorni prima di potervi rientrare. Inoltre, prevede nuovi modi per provare con documenti elettronici (come la e-CMR) gli spostamenti effettuati. Infine, contempla la possibilità per gli Stati membri di considerare come cabotaggio la parte stradale iniziale e finale di un trasporto combinato. Cosa che suona come un paradosso, perché penalizzerebbe l'intermodalità, su cui invece si punta per contenere le emissioni

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Il pacchetto mobilità raffredda il cabotaggio. Tra le tante norme del pacchetto mobilità che entreranno in vigore nel corso del mese di febbraio, infatti, ci sono anche quelle, contenute nel comma 2 all’articolo 8 del regolamento 1072 con cui, a partire dal 21 febbraio, si rende più onerosa la procedura con cui è possibile effettuare un trasporto di cabotaggio. Vale a dire quei viaggi nazionali, svolti all’interno di un paese europeo, da un veicolo proveniente da altro paese e giustificato da un riposizionamento sul territorio. 

Cosa vuol dire? Vuole dire che se un camion effettua un trasporto internazionale da Varsavia a Milano e poi, per trovare indietro, trova un viaggio da Firenze e Varsavia, l’Unione europea gli consente di spostare il veicolo da Milano a Firenze e in questa tratta eseguire un trasporto nazionale. Tale possibilità però è vincolata in due modi: i viaggi di cabotaggio possono essere al massimo tre e debbono essere eseguiti tutti in un arco temporale definito: nell’arco di una settimana dallo scarico del trasporto internazionale in entrata nel paese ospitante. 

Fin qui tutto noto. Dal 21 febbraio, invece, si aggiunge un ulteriore onere che, per l’appunto, viene definito come periodo di raffreddamento. In pratica il camion che ha già effettuato i tre trasporti di cabotaggio consentiti deve a quel punto uscire dallo Stato, ma prima di poterci fare ritorno dovrà attendere almeno quattro giorni. 

Come si giustifica questo aggravio? Pensate a un camion che dal Belgio entra in Francia o dalla Slovenia in Italia per fare un trasporto internazionale. Fatti i tre viaggi di cabotaggio nell’arco di una settimana è obbligato a uscire dal paese ospitante. Al momento attuale, però, nulla gli vieta di assolvere tale obbligo in pochi minuti, quelli necessari a tornare in Belgio (dalla Francia) o in Slovenia (dall’Italia) per poi tornare indietro e ricominciare a fare trasporti di cabotaggio. E in questo modo potrebbe andare avanti a lungo, aggirando quindi il limite temporale di una settimana. Dal 21 febbraio, invece, una volta uscito da un Paese terzo sarà costretto ad attendere almeno quattro giorni prima per potervi accedere nuovamente.

Ma come si fa a provare la regolarità di un trasporto di cabotaggio?

La risposta alla domanda è articolata. Innanzi tutto, dal 2 febbraio diventa obbligatorio per l’autista di un camion equipaggiato con tachigrafo digitale (per quelli analogici l’obbligo esisteva già dall’agosto scorso) aggiornare manualmente il simbolo del Paese in cui si accede alla prima sosta possibile dopo il passaggio di frontiera. Dal 2023, però, quando i tachigrafi intelligenti di seconda generazione provvederanno in automatico a tale registrazione, l’obbligo sarà assolto senza comportamenti attivi.

Ma non basta. Perché sempre dal 21 febbraio entrano in vigore le disposizioni relative ai documenti che il vettore deve usare per dimostrare la correttezza e la regolarità dei trasporti di cabotaggio eseguiti. Inoltre, nel caso in cui il veicolo sia stato nel territorio dello Stato membro ospitante nel corso dei quattro giorni precedenti il trasporto internazionale, «il trasportatore deve produrre prove che attestino chiaramente tutti i trasporti effettuati nel corso di detto periodo». In che modo, lo dice il paragrafo successivo della normativa in cui si chiarisce che le prove possono essere esibite o trasmesse per via elettronica mediante un formato strutturato modificabile che può essere utilizzato direttamente per l’im­magazzinamento e il trattamento. tramite computer, come la lettera di vettura elettronica o e-CMR. Anche se l’autista può comunque contattare il suo datore di lavoro durante il controllo su strada per fornire la prova richiesta.
L’e-CMR, in effetti, è adottabile in formato elettronico invece che cartaceo già da una decina di anni (dal 2011), anche se in Italia non è stata ancora regolamentata. Almeno per ora, perché nel PNRR nella parte dedicata alle «Infrastrutture per una mobilità sostenibile» si legge – a proposito di Intermodalità e logistica integrata – che «la digitalizzazione dei documenti di trasporto è un elemento chiave della strategia Ue per la mobilità delle merci in tutte le modalità di trasporto» e richiama in proposito i recenti Regolamenti europei finalizzati «a prevedere l’utilizzo della Convention relative au contrat de transport international de marchandises par route elettronica (eCMR) come parte dei controlli sulle operazioni di cabotaggio stradale».

Il suo vantaggio è di monitorare in tempo reale le consegne, a ridurre i documenti cartacei da compilare e archiviare, di consentire a tutti gli attori della filiera di controllare una spedizione. In pratica, essendo integrabile con il computer di bordo, l’azienda che ha redatto una e-CMR può inviarla a tale computer tramite un sistema gestionale, il conducente che la riceve può apporvi una firma digitale e aggiornarla in tempo reale man mano che procede nella missione e, una volta terminata, può condividerla con tutti coloro che sono coinvolti nella missione. Per gli organi di controllo, quindi, diventa molto facile controllare in che modo e dove ha operato quel camion.

Nel trasporto combinato la parte stradale iniziale e finale è cabotaggio?

Rimane un ultimo aspetto, quello con cui si rimette alla scelta dei singoli Stati l’applicazione delle regole del cabotaggio anche alla parte stradale di un trasporto combinato. In particolare, specifica la normativa, per quanto riguarda i tragitti su strada iniziali e finali di un trasporto combinato gli Stati membri possono stabilire precise regole nazionali dandone comunque notifica alla Commissione e, in particolare, decidere di concedere un periodo più lungo di sette giorni durante i quali possono essere effettuati le tre operazioni di cabotaggio, nonché di richiedere un periodo di raffreddamento più lungo dei quattro giorni.

La questione è innovativa perché fino ad oggi se se trasporto su strada fa parte di un trasporto combinato non soggiace all’applicazione delle norme sul cabotaggio. Con il pacchetto mobilità, invece, il trasporto multimodale o combinato incappa nell’applicazione delle regole sul cabotaggio quando una parte della missione è stradare e il resto si svolge su rotaia, navigazione interna o mare

Con questa differenza: se si tratta di una rotta marittima, la rotta stradale deve essere più lunga di 100 km in linea d’aria o se la parte di trasporto nazionale effettuato su strada in un altro Stato membro non superi i 150 km in linea d’aria, dal porto di carico o scarico; se si tratta invece di trasporto ferroviario si distingue tra tratta strada iniziale e quella finale. Perché nel trasporto iniziale è consentita la circolazione tra il luogo di carico e la stazione di carico idonea più vicina, mentre nel trasporto finale la stessa possibilità è consentita tra la stazione di scarico più vicina e il luogo di scarico della merce. 
La questione è talmente delicata che la stessa Commissione ha ritenuto opportuno affidare uno studio a una società esterna, giunta alla conclusione che, in effetti, il trasporto combinato strada-rotaia sarebbe penalizzato rispetto alle altre modalità dall’introduzione delle nuove norme. Ecco perché la Commissione, dopo aver consultato gli stakeholder fino allo scorso autunno, sta ora studiando una nuova proposta da presentare al Parlamento e al Consilgio d’Europa per il terzo trimestre 2022. Nello studio, in particolare, si valutano gli impatti delle restrizioni al cabotaggio sulle tratte stradali del trasporto combinato e si dimostra che un’applicazione diffusa della deroga di cui all’articolo 4 secondo il regolamento 2020/1055 porterebbe a un aumento delle emissioni e a un impatto negativo a medio e lungo termine sul trasporto ferroviario e intermodale. E in più la prospettiva di dover qualificare come cabotaggio le tratte stradali iniziali e finali di un trasporto combinato porterebbe sempre meno imprese a optare per tale tipologia di trasporto, che invece l’Unione europea vorrebbe favorire per i suoi benefici in termini di sostenibilità. In particolare, a suscitare preoccupazioni all’organo di governo dell’Unione è soprattutto il fatto che il trasporto merci su rotaia è attestato attualmente al 18,7% e, nell’ambito di una transizione climatica, dovrebbe crescere di almeno il doppio. Cosa che diventa però complessa se si adottassero normative che in qualche modo la contrastano. Insomma, il rischio è che ciò che si propone con la mano destra (ridurre l’inquinamento con una ripartizione modale), viene poi reso difficile dalla sinistra (che applica il cabotaggio anche alla fase iniziale e terminale di un trasporto combinato).

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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