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Bruxelles bacchetta l’Italia perché è in ritardo nell’adozione del telepedaggio europeo

La Commissione europea mette in mora l’Italia perché non ha recepito una importante direttiva che interessa anche l’autotrasporto. È quella che serve a dare l’opportunità a chi viaggia lungo le strade europee di pagare il pedaggio con un’unica unità di bordo, di relazionarsi con una sola società e di sottoscrivere un unico contratto. Doveva trovare posto nell’ordinamento italiano entro il 19 ottobre 2021, ma per adesso latita…

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Doppio cartellino giallo dell’Europa all’Italia. La Commissione europea, infatti, ha inviato nelle scorse settimane due lettere di messa in mora al nostro paese (e non solo, a dire il vero) perché non si è adeguato nei tempi prescritti ad altrettante normative comunitarie.

Il primo richiamo, che interessa oltre all’Italia anche Finlandia e Germania, riguarda il servizio europeo di telepedaggio (SET) e in particolare il recepimento nell’ordinamento del nostro paese delle disposizioni contenute nella direttiva UE 2019/520. Con tale normativa Bruxelles mira a consentire a tutti gli utenti della strada, autotrasportatori compresi, di viaggiare all’interno dello spazio dell’Unione Europea senza dover disporre di una pletora di unità di bordo e di apparecchi tale da coprire l’intero parabrezza. Non solo, secondo il diritto europeo chi viaggia sulle strade del continente deve poter sottoscrivere un unico contratto, interfacciarsi con un unico fornitore di servizi e disporre di un’unica unità di bordo funzionante in tutti gli Stati membri. Ciò che serve e, quindi, ciò a cui Bruxelles punta è di garantire l’interoperabilità tra i sistemi di pedaggio stradale elettronico e, quindi, di facilitare lo scambio transfrontaliero di informazioni in caso di mancato pagamento dei pedaggi stradali. 

Tutto ciò sarebbe dovuto diventare legge dello Stato italiano entro il 19 ottobre 2021. E invece così non è stato o per lo meno non è avvenuto in maniera esaustiva. Di conseguenza, come sempre avviene per tutte le procedure analoghe, Italia, Germania e Finlandia hanno due mesi per rispondere e per colmare eventualmente le lacune riscontrate dalla Commissione. In mancanza la stessa istituzione comunitaria porta avanti la procedura di infrazione esprimendo un parere e diffidando lo Stato ad adeguarsi entro un dato termine. Superato questo termine la Commissione può portare lo Stato membro davanti alla Corte di Giustizia che nei casi più gravi può condannarlo a pagare una sanzione da moltiplicare per ogni giorno di ritardo nel recepimento.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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