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L’accordo sul software per i chilometraggi. La lunga strada del Distanziere

Il vecchio strumento non comprendeva le variazioni di percorso causate da infrastrutture fragili, percorsi preclusi ai tir, itinerari urbani e tutti i cambiamenti degli ultimi anni. L’accordo è stato comunicato al ministero dei Trasporti dal tavolo container. Dal quale però si è sfilata Fedespedi

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Se diciassette anni vi sembrano pochi… Fu nel 2005 che la filiera dei container decise di dotarsi – dopo decenni di cartaceo – di un software unico per calcolare le distanze dei viaggi. Un grande passo avanti per definire rapporti e tariffe del trasporto dei cassoni. Solo che nel frattempo quelle distanze sono cambiate: ponti crollati, cautele dei sindaci, strade chiuse, lavori interminabili hanno costretto spesso gli autotrasportatori a cambiare itinerario e a percorrere più strada. Ma dato che il Distanziere non considerava quegli allungamenti (né è mai partito il comitato che avrebbe dovuto comunicare le variazioni dei percorsi) e il vettore è pagato a chilometro, per tutti questi anni ci hanno rimesso soldi.

Percorsi più lunghi

17 anni dopo quel 2025, lo scorso 23 aprile committenti e trasportatori hanno inviato al ministero dei Trasporti, un nuovo Distanziere, su cui si erano già accordati due anni fa, quando fu siglato il nuovo accordo container. Il software si chiama RTO ORES 2020 iCloud, e considera, oltre che il percorso, il traffico, le novità infrastrutturali e i divieti di circolazione. E quindi tutti i contratti scritti del trasporto container dovranno definire chilometraggi e tariffe in base a questo Distanziere.

Per molti autotrasportatori è la fine di un incubo. Ne sanno qualcosa quelli che in tutti questi anni hanno lavorato fra i porti liguri e il Veneto, itinerari su cui il vecchio Distanziere «rubava» 80 chilometri a tratta, 160 tra andata e ritorno; o quelli che si muovono a Sud di Roma, dove non si può più percorrere la Pontina e, per arrivare alla zona industriale di Santa Palomba, bisogna dirottare sull’Ardeatina; o quelli che per superare il blocco per i camion di Civitavecchia sono costretti a percorrere 32 chilometri di strada in più. Non riconosciuta dal vecchio software.

In realtà, proprio a causa dell’ineficcienza dell’accordo del 2005, ogni committente aveva finito per scegliere un proprio software di riferimento. Ma le compagnie marittime, che vendono il nolo comprensivo della tratta stradale, avevano continuato ad applicare il vecchio Distanziere senza che il vettore stradale potesse chiedere la correzione.

Non che il nuovo Distanziere non possa generare contestazioni, ma in tale eventualità è stato previsto che la Commissione Distanziere Nazionale, composta da rappresentanti dell’autotrasporto, della Società Res Data e della committenza, continuerà a operare per risolvere eventuali divergenze interpretative e questioni sollevate dagli utenti.

Fedespedi si è sfilata

E qualche contestazione è possibile che ci sia, dal momento che non tutti i committenti hanno firmato l’accordo del 2021 da cui scaturisce il nuovo Distanziere. Al tavolo dei container, che ha cominciato a lavorare nel 2019 per trovare un accordo capace di risistemare il settore, si erano sedute dodici associazioni dell’autotrasporto (Anita, Assotir, Cna-Fita, Confartigianato Trasporti, Confcooperative, Fai, Fedit, Fiap, Legacoop, Trasportounito e Unitai) e cinque della committenza: Assoarmatori, Assologistica, Confitarma, Federagenti e Fedespedi. Ma quest’ultima – che rappresenta il mondo degli spedizionieri, uno dei più attivi nel trasporto container – si è sfilata dopo pochi mesi ritenendo «imprescindibile dialogare con tutti gli interlocutori coinvolti nella gestione della supply chain, anche istituzionali». Come a dire di non voler riconoscere le conclusioni di un tavolo tra privati, non santificato dalla presenza e dalla mediazione del governo.

È l’ennesimo segno della difficoltà a trovare soluzione ai mille problemi del trasporto container e della connessa portualità. La cui filiera del resto è la più variegata e composita, per numero di soggetti, di enti e di interessi, di tutto il comparto trasporti. «Se la portualità italiana», osserva Patrizio Loffarelli, responsabile container di Assotir, «continua a ragionare con la logica di scaricare le merci in banchina e basta, senza guardare a tutta la filiera, noi avremo sempre una logistica portuale di serie B. Se, invece, riuscissimo a capire che la filiera portuale finisce nel momento in cui la merce scaricata in banchina arriva a destino, faremo quel salto di qualità di cui abbiamo bisogno». Insomma, la strada è ancora lunga e lì non basta un Distanziere aggiornato a indicare quale percorrere.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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