A partire da domani, le società quotate incluse nell’indice FTSE MIB della Borsa Italiana – quindi identificate ai fini IVA – saranno escluse dallo split payment, ovvero dal meccanismo Iva che «divide» il pagamento del corrispettivo da quello dell’imposta.
Il perché della modifica normativa
Questo cambiamento – precisato in una Faq pubblicata nella sezione «Enti e PA – Pagamenti delle imposte» del sito internet dell’Agenzia delle Entrate – deriva dall’abrogazione della lettera d) del comma 1-bis dell’art. 17-ter del DPR 633/1972, disposta dall’art. 10 del DL 17 giugno 2025, n. 84. Una modifica dovuta all’attuazione della Decisione di esecuzione (UE) 2023/1552 del Consiglio, che ha autorizzato l’Italia a prorogare l’applicazione dello split payment fino al 30 giugno 2026, escludendo però, a decorrere dal 1° luglio 2025, le operazioni effettuate nei confronti delle società quotate.
Cosa cambia per committente e fornitori
A decorrere da domani, dunque, i fornitori delle società FTSE MIB dovranno adeguare le modalità di fatturazione, applicando l’IVA secondo le regole ordinarie, salvo i casi in cui trovi applicazione il meccanismo del reverse charge o altre fattispecie di esenzione o non imponibilità IVA.
Questo significa che:
- nella fattura elettronica non dovrà più essere indicato il valore “S” (scissione dei pagamenti) nel campo “esigibilità IVA”;
- l’IVA addebitata dovrà essere inclusa nella liquidazione periodica del fornitore;
- il committente verserà l’imposta al fornitore, unitamente al corrispettivo, e poi potrà esercitare il diritto alla detrazione secondo le regole generali.
Applicazione errata di split payment e inerzia del fornitore
Nel caso in cui il cedente o il prestatore applichi erroneamente il meccanismo dello split payment a un’operazione effettuata verso una società quotata, risulta possibile regolarizzare la situazione con una nota di credito a storno della fattura e la successiva emissione del documento corretto.
In caso di inerzia del fornitore, invece, il cessionario o il committente dovrà comunicare l’irregolarità all’Agenzia delle Entrate entro 90 giorni da quando è stata emessa la fattura non regolare. In caso contrario incorrerà nella violazione prevista dall’art. 6 comma 8 del DLgs. 471/97, punita con la sanzione amministrativa pari al 70% dell’imposta, con un minimo di 250 euro. La comunicazione avviene inviando un file XML con codice “TD29” al Sistema di Interscambio.
Necessari chiarimenti interpretativi
Probabilmente sarà comunque necessario un chiarimento ulteriore dal punto di vista applicativo. L’art. 10 del Decreto-Legge 17 giugno 2025, n. 84, infatti, stabilisce che la nuova disciplina si applica alle operazioni per le quali la fattura è emessa a partire dal 1° luglio 2025. Ma è possibile che la data di emissione della fattura, quella di effettuazione dell’operazione e quella di esigibilità dell’imposta non coincidano. E in tale eventualità, cosa si deve considerare per l’applicazione della nuova norma? Anche perché un precedente orientamento espresso nella circolare n. 9/E del 2018 subordinava appunto l’applicazione della nuova disciplina sia all’emissione della fattura sia all’esigibilità dell’imposta.
Prendiamo per esempio il caso di una fattura emessa entro il 30 giugno 2025, ma scartata dal Sistema di Interscambio per uno dei tanti motivi previsti. In questo caso, sorgerebbe il dubbio sull’esatta modalità di applicazione dell’IVA all’operazione (split payment o rivalsa ordinaria), laddove il documento corretto fosse inviato nei successivi cinque giorni. In tal caso la prassi amministrativa in materia di superbonus potrebbe far propendere per il mantenimento della scissione dei pagamenti, ma sarebbe fondamentale un’indicazione più precisa al riguardo.