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“Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”. L’asso della collaborazione per la buona logistica

Donatella Rampinelli, una lunga carriera come responsabile della logistica di grandi brand internazionali, si inserisce nel dibattito sul futuro del settore aperto sulla nostra testata da Massimo Marciani nei giorni scorsi. “L’Italia è un paese particolare – dice la manager che oggi si occupa di formazione – ma il punto di forza sta nella collaborazione”. E non nella commiserazione: “Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso”. Chi non vuole, investa in nuove competenze e in qualità

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Ho letto il dibattito tra autorevoli rappresentanti di associazioni di categoria e mi aggiungo all’elenco di chi vuol far sentire la propria voce per cercare una strada che possa dare un futuro al sistema logistico nel nostro paese (qui l’articolo di MarcianiMoriPeronDonatiSpiritoRuggerone). Premetto che la mia esperienza nasce dall’essere entrata in questo mondo nella metà degli anni Ottanta senza alcuna formazione tecnica, ma con un percorso professionale nella gestione della qualità in un contesto produttivo a ciclo continuo di un grande gruppo farmaceutico americano. Non avendo esperienza, ho speso e spendo ancora una gran parte del mio tempo per formarmi e formare giovani che in questo settore hanno individuato la loro strada.

Donatella Rampinelli

Intermediazione e allungamento della filiera

Cosa ho capito da subito: l’Italia è un paese molto diverso dagli altri paesi europei. Complicato geograficamente e con una forte dispersione dei centri di produzione e di quelli di consegna delle merci, fortemente sbilanciato nei flussi tra nord e sud. Quindi, difficile da gestire con un network semplice come può essere fattibile in altri paesi e dove i modelli classici (un unico operatore per più paesi) fallivano nel portare qualità al servizio. Logistica e trasporto sono attori che devono sempre giocare insieme, ma spesso, purtroppo, in Italia chi fa bene il trasporto non fa altrettanto bene la logistica e viceversaQuesto disaccoppiamento ha creato il primo elemento di debolezza del sistema, perché ha generato il presupposto per portare de facto all’intermediazione e all’allungamento della filiera.

Il punto debole dell’ex works

Aggiungiamo a ciò il fatto che chi vende in Italia si occupa anche del trasporto al cliente finale, ma non lo fa se esporta (ex works è il nostro incoterm più usato) e, conseguentemente, noi abbiamo trasportatori che finiscono spesso per lavorare in prossimità e, quindi, muoversi in confini definiti a livello regionale, se non addirittura provinciale, che difficilmente possono allargarsi e creare dal nulla nuove opportunità.

Il punto di forza: collaborare

Come mi sono comportata per cercare qualità anche in questo ambito? Lavorando sulla possibilità di attuare soluzioni di logistica collaborativa. Poiché i costi delle attività diminuiscono se aumentano i volumi, cercavo di aumentare i volumi sfruttando le consegne in diretta e condividendo i magazzini con altri produttori che sviluppavano volumi nel mio stesso canale. Ho cercato con grande determinazione di portare anche i miei operatori logistici a collaborare, creando società di rete (Beverete nasce da una mia idea di quindici anni fa), ma non è stato semplice. Perché ognuno vuol fare da solo e non si fida degli altri.

Il gioco al massacro dei tender

Ci serve cultura, perché dobbiamo capire come affrontare il futuro; ci serve più dialogo tra cliente e fornitore, ma il dialogo c’è se ci si mette nei panni dell’altro, conoscendolo e facendo esperienza diretta. Vieni a casa mia e guarda come lavoro. Se mi capisci, forse troveremo il modo per migliorare insieme. Invece, ci si vede solo se ci sono problemi o per negoziare, spesso senza nemmeno la presenza del responsabile di logistica, ma solo con l’ufficio acquisti. I tender, spesso e soprattutto se gestiti da consulenti (anche qui per mancanza di cultura), diventano un gioco al massacro.

Nuove competenze

Ma tutto parte sempre dalla formazione. Io sto cercando di costruire professionisti di alto profilo con i master, ma difficilmente trovo tra i partecipanti i professionisti di società di trasporto o logistica che vogliono accrescere le proprie competenze, mentre sono numerose le aziende di produzione, anche piccole, che iscrivono i propri dipendenti più brillanti. Ho cercato di andare più in profondità, insegnando negli ITS di Logistica regionali. Qui le soddisfazioni sono ancora maggiori, perché mi accorgo che i ragazzi si appassionano ai temi della logistica se gli insegnanti sono in grado di ispirarli. Li vedo crescere giorno dopo giorno nei due anni del percorso parauniversitario. La delusione arriva dopo la fine del percorso: questi nuovi professionisti finiscono per non venire confermati dalle aziende di logistica o trasporto dopo i mesi di tirocinio pratico “gratuito”.

Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso

Allora mi chiedo: che senso ha continuare a spendere tempo e risorse se il settore non ha interesse ad investire nel miglioramento delle competenze, ma pensa solo a come si possa strappare il lavoro alla concorrenza giocando sui prezzi o assumendo il responsabile commerciale dell’azienda “avversaria”? Allora io sto con Peron tutta la vita, perché, come dice un detto popolare ripreso da Dante: chi è causa del suo mal pianga sé stesso. Quello che mi piace ripetere ai miei ragazzi è ciò che il direttore commerciale di Reckitt, costretto a vendere con profitto detersivi come Ava o Sole con la concorrenza che poteva vantare Dash o Dixan, diceva alla forza vendita, parafrasando John Belushi: “When the going gets tough… the tough get going!” (Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare).

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