Quanto può guidare un autista di un veicolo pesante? La risposta puntuale la forniamo all’interno del nostro blog dedicato al tachigrafo. In questa sede, però, possiamo aggiungere che quando non guida un autista deve rispettare pause e riposi. Il problema sorge quando queste pause e questi riposi non vengono goduti completamente. A sostenerlo è la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 25260/2015 in cui ha dichiarato il diritto di due autisti a essere risarciti per non aver consumato pause e riposi. In particolare l’azienda per cui lavoravano è stata condannata a risarcirli sulla base del lavoro in eccesso svolto per ogni ora o frazione di ora di riposo giornaliero e/o settimanale non goduto nei termini stabiliti dal Regolamento CEE n. 3228/85, richiamato dall’art. 174 del D.Lgs. n. 285/92 (Codice della Strada) e sostituito dal Regolamento CEE n. 561/2006.
Il caso in questione riguardava in realtà una ditta di autotrasporto persone, ma bisogna tener presente che il regolamento comunitario che regola le ore di guida di un autista di un autobus è praticamente lo stesso di quello applicato agli autisti di camion.
La Cassazione ha confermato la decisione della Corte di Appello di Lecce che considerava legittima la liquidazione equitativa del danno psicofisico frutto della mancata fruizione dei riposi effettuata in base alla valutazione di quanto fosse gravoso proseguire l’attività lavorativa oltre il limite normativo. Più precisamente il danno che deriva dal mancato riconoscimento delle soste obbligatorie nella guida è stato considerato “da stress” o da usura psicofisica. Un tipo di danno che rientra nella categoria dei danni non patrimoniali, provocati da inadempimento contrattuale e resi risarcibili sulla base del pregiudizio concreto. Nel caso in questione, per esempio, la Cassazione ha giudicato che la liquidazione equitativa del danno fatta dal primo giudice fosse corretta in quanto fondata sulla circostanza della provata mancata fruizione dei riposi e, quindi, dal fatto che continuando l’attività lavorativa oltre i tempi previsti dalle normative derivava una più gravosa prestazione lavorativa che quindi diventava causa di danno psico-fisico per i lavoratori.
Ricordiamo che il criterio adottato per liquidare il danno era stato quello di rapportarlo alla retribuzione prevista contrattualmente per il lavoro straordinario.